Usando una metafora più appartenente al repertorio latino-amatriciano di Claudio Lotito che a un colto esponente dell'alta borghesia catalana, Joan Laporta definì la situazione del suo Barcellona.
"Se lo scorso anno eravamo in uno stato terminale dal punto di vista economico, nel tempo siamo passati in terapia intensiva e adesso stiamo uscendo dall'ospedale con nuove leve finanziarie".
Ma quali sono queste leve finanziare citate da Laporta? Nel 2021 vengono messi in vendita i futuri guadagni del club per ottenere liquidità immediata ed evitare il default di bilancio.
Vengono ipotecati per 25 anni il 25% dei diritti televisivi, ceduti alla Sixth Street per 320 milioni di euro e il 49% dei Barça Studios per altri 200.
In più, viene siglato un accordo di sponsorizzazione con Spotify, che mette accosta il proprio nome a quello del Camp Nou e lo imprime sul front della maglia blaugrana fino al 2029, garantendo liquidità per ulteriori 250 milioni.
Infine una ristrutturazione del debito, con un finanziamento bancario per 600 milioni di euro.
Operazioni che garantiscono un budget decisamente corposo da investire sul mercato, suscitando le perplessità delle altre big europee.
Arrivano Raphina, Lewandowski e Kounde per un totale di 158 milioni, più gli ingaggi di Kessié e Christensen svincolati ma dallo stipendio piuttosto oneroso.
Le magie dell'alta finanza. Manovre che Laporta rivendica con orgoglio e non solo limitandosi a difendersi dagli attacchi, ma andando allo scontro frontale.
"Competeremo contro i club di stato. Risolveremo i nostri problemi da soli, perché siamo diversi".
Il riferimento è chiaro e diretto alla proprietà qatariota del PSG che nell'ultimo decennio ha messo a repentaglio, almeno sul piano economico, l'egemonia delle grandi nobili del calcio europeo.
Ma tra due investitori forti e che continuano a spingere sull'acceleratore anche quando vede il crepaccio materializzarsi di fronte a sé e farsi metro dopo metro sempre più vicino, c'è poi così tanta differenza?
Inoltre nemmeno il più accanito tifoso del Barça crede che i problemi economici del "més que un club" siano definitivamente risolti.
Alla fine della stagione ci sarà un bilancio da tornare a far quadrare ma i conti ancora una volta non torneranno e per questo c'è il serio rischio di un nuovo ridimensionamento.
Si parla già di dismissioni dei calciatori con maggiore impatto sui conti. Con un triplo problema, oltre a trovare acquirenti in grado di soddisfare le richieste dei calciatori, bisognerà trovare anche il modo di non svenderne il prezzo del cartellino.
Tutto questo, andando a investire per mantenere un livello di competitività che permetta di replicare e possibilmente incrementare i successi di questa annata di risorgimento.
Un'impresa difficilissima per chiunque, ma con el señor Laporta uno spiraglio resta sempre socchiuso.