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Ipotecare il domani per vincere oggi: Laporta e Xavi riportano la Liga a Barcellona

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iPor fin! Il Barcellona, battendo 4-2 nel derby l'Espanyol, torna a mettere le mani sulla Liga a quattro anni di distanza dall'ultima volta nella quale è riuscita a centrare il traguardo.

La firma a piè di pagina sul trionfo è quella di Xavi Hernandez, al secondo titolo da quando è tornato in Catalogna, stavolta a guidare dalla panchina e non in mediana il suo Barcellona.

Più di qualcuno storce la bocca di fronte all'araba fenice blaugrana, risorta dalle proprie ceneri quando sembrava per essere spazzata via da una crisi economica sostanzialmente irreversibile.

Ma nel Paradox Game, il sistema che governa il calcio del terzo millennio, e contro ogni vincolo imposto dal Fair Play Finanziario, può succedere anche che una squadra tecnicamente fallita riesca a spendere 200 milioni di euro sul mercato per mettersi alle spalle tutte le rivali più abbienti e/o oculate.

Pazienza dunque per chi ha provato a rientrare nei percorsi più virtuosi. Il Barcellona è il glitch nel Matrix del calcio sempre più simile all'alta finanza (o viceversa). Con buona pace delle antagoniste dentro e fuori i confini nazionali.

  • Joan Laporta, Champions League GFXGoal / Getty

    L'UOMO DELLA RINASCITA

    A proposito di paradossi, il processo di rifondazione del Barcellona porta un nome e un cognome: Joan Laporta.

    Il presidente del primo storico Triplete, quello che porta impresso le iniziali di Pep Guardiola.

    Fu lui nel 2021 a scalzare dalla poltrona di socio più prestigioso del consorzio blaugrana Josep Maria Bartomeu, presidente del secondo triplete ma allo stesso tempo artefice - per più di qualcuno - del default economico a braccetto con la crisi pandemica del 2020.

    Per Laporta, allo stesso tempo europeista ma con un forte afflato indipendentista dal regno spagnolo, tutte le strade portano al suo quasi omonimo Cruyff. Niente austerity, anzi.

    Recuperare la strada degli investimenti, vivendo il presente senza pensare troppo al domani. Anzi, ipotecando il domani per un oggi di immediata resa.

    Con un buco di oltre un miliardo di euro, il presidentissimo deve ipotecare non solo gli asset del club, ma anche una bella fetta di reputazione.

    Lionel Messi viene messo alla porta costretto a impacchettare scatoloni come un dipendente qualunque della Lehman Brothers il 14 settembre 2008.

    Doloroso, ma necessario per evitare un ulteriore dissanguamento dei conti. A seguire, la ristrutturazione del debito.

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  • DAL FUNERALE ALLA TERAPIA INTENSIVA

    Usando una metafora più appartenente al repertorio latino-amatriciano di Claudio Lotito che a un colto esponente dell'alta borghesia catalana, Joan Laporta definì la situazione del suo Barcellona.

    "Se lo scorso anno eravamo in uno stato terminale dal punto di vista economico, nel tempo siamo passati in terapia intensiva e adesso stiamo uscendo dall'ospedale con nuove leve finanziarie".

    Ma quali sono queste leve finanziare citate da Laporta? Nel 2021 vengono messi in vendita i futuri guadagni del club per ottenere liquidità immediata ed evitare il default di bilancio.

    Vengono ipotecati per 25 anni il 25% dei diritti televisivi, ceduti alla Sixth Street per 320 milioni di euro e il 49% dei Barça Studios per altri 200.

    In più, viene siglato un accordo di sponsorizzazione con Spotify, che mette accosta il proprio nome a quello del Camp Nou e lo imprime sul front della maglia blaugrana fino al 2029, garantendo liquidità per ulteriori 250 milioni.

    Infine una ristrutturazione del debito, con un finanziamento bancario per 600 milioni di euro.

    Operazioni che garantiscono un budget decisamente corposo da investire sul mercato, suscitando le perplessità delle altre big europee.

    Arrivano Raphina, Lewandowski e Kounde per un totale di 158 milioni, più gli ingaggi di Kessié e Christensen svincolati ma dallo stipendio piuttosto oneroso.

    Le magie dell'alta finanza. Manovre che Laporta rivendica con orgoglio e non solo limitandosi a difendersi dagli attacchi, ma andando allo scontro frontale.

    "Competeremo contro i club di stato. Risolveremo i nostri problemi da soli, perché siamo diversi".

    Il riferimento è chiaro e diretto alla proprietà qatariota del PSG che nell'ultimo decennio ha messo a repentaglio, almeno sul piano economico, l'egemonia delle grandi nobili del calcio europeo.

    Ma tra due investitori forti e che continuano a spingere sull'acceleratore anche quando vede il crepaccio materializzarsi di fronte a sé e farsi metro dopo metro sempre più vicino, c'è poi così tanta differenza?

    Inoltre nemmeno il più accanito tifoso del Barça crede che i problemi economici del "més que un club" siano definitivamente risolti.

    Alla fine della stagione ci sarà un bilancio da tornare a far quadrare ma i conti ancora una volta non torneranno e per questo c'è il serio rischio di un nuovo ridimensionamento.

    Si parla già di dismissioni dei calciatori con maggiore impatto sui conti. Con un triplo problema, oltre a trovare acquirenti in grado di soddisfare le richieste dei calciatori, bisognerà trovare anche il modo di non svenderne il prezzo del cartellino.

    Tutto questo, andando a investire per mantenere un livello di competitività che permetta di replicare e possibilmente incrementare i successi di questa annata di risorgimento.

    Un'impresa difficilissima per chiunque, ma con el señor Laporta uno spiraglio resta sempre socchiuso.

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  • xavi guardiola(C)Getty Images

    GUARDIOLISTA? MICA TANTO

    Ma lo sguardo all'indietro viene volto non soltanto sul piano societario. Riportate Xavi al Camp Nou punta a ristabilire un calcio di Governo di guardioliana memoria, seppur non riproducibile al 100% per mancanza di quegli straordinari interpreti.

    Con l'ex centrocampista dei blaugrana campioni di tutto, che in vita sua ha conosciuto solamente il modello di gioco catalano, il Barcellona annuncia di voler tornare ad affidarsi al collettivo e alla forza del gioco, proponendo un calcio dove l'individualismo viene inglobato dal contesto circostante.

    Ma in realtà del calcio portato all'apoteosi da Guardiola c'è ben poco. I numeri restituiscono un Barcellona decisamente più mourinhano.

    Dal segnare un goal in più, i blaugrana hanno scoperto che si può vincere anche prendendone uno in meno.

    Xavi ha eguagliato e superato il record del Chelsea di Mourinho, con 25 partite chiuse senza subire reti. Sono solo 11 le volte in cui gli avversari sono riusciti a bucare un Ter Stegen tornato impenetrabile come ai vecchi tempi.

    Meno possesso palla, meno passaggi ma di maggior qualità, calcio verticale e una linea di pressin molto alta (questa sì veramente guardiolista) a sostegno di un centravanti di razza purissima.

    Di contro, e si fa fatica anche solo a pensarlo, ma il Barcellona se resta a secco Lewandowski fa grandissima difficoltà a segnare.

    In 33 partite ha segnato 60 goal in 33 partite in Liga. Nel 2019 furono 90. Difficile che in 5 partite riescano a segnarne i trenta mancanti per eguagliare i predecessori.

    Anche il modulo si annuncia nelle intenzioni in una maniera e si rivela essere tutt'altro. Il 4-3-3 marchio di fabbrica dai tempi di Cruyff, con Xavi diventa 3-4-3 o addirittura un 4-4-2 mascherato a seconda delle possibilità, con una sola costante: il rombo di centrocampo. Una scelta che permette a Xavi di costruire intorno alla sua asse portante composta da Ter Stegen, Busquets e la prima punta al centro.

    Il resto dei calciatori non compre ruoli fissi, ma lo schieramento si modifica in maniera fluida e dinamica. Kessié e De Jong in questo scacchiera sono i due alfieri perfetti per andare a capitalizzare le verticalizzazioni e i movimenti del resto dei compagni di squadra.

    Una scelta motivata dal fatto di avere una rosa lontana anni luce per qualità da quella che fu messa a disposizione di Ernesto Valverde.

    Sia chiaro, il Barcellona è una squadra forte. Molto forte. Ma non c'è confronto con chi portò la Liga numero 26 nella bacheca della Ciutat Esportiva.

    Xavi non può contare su Lionel Messi, Suarez, Iniesta, Rakitic e Piqué. Oltre che su sé stesso, che pure nel 2018 aveva già lasciato il Camp Nou.

    Un contesto che esalta ancora di più il lavoro dell'allenatore, in grado di strappare il predominio quinquennale madrileno sulla Liga.

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  • CONFRONTO TRA ROSE

    Nel 2019 il miglior marcatore stagionale fu Lionel Messi (ma va?) con 51 reti complessive, di cui 36 nella Liga. Dietro di lui, Suarez con 23 (19 in Liga).

    Più del 50% dei goal in campionato segnato da soli due calciatori. Senza considerare l'apporto decisivo degli altri calciatori di movimento in rosa.

    Il Barcellona di Xavi ha invece in Lewandowski l'uomo più prolifico della sua campagna nazionale, con "soli" 19 sigilli. Praticamente come Suarez, ma a distanze siderali da Messi.

    Per capire la differenza con i predecessori, basti pensare che il secondo calciatore con più goal segnati nella Liga 2022/2023 è Rafinha a quota 7.

    Le uniche costanti di quel Barcellona rispetto a quello attuale sono Ter Stegen e Sergio Busquets. Del primo abbiamo già parlato in ottica di rendimento, del secondo ormai prossimo all'addio possiamo dire che è forse l'unico elemento in comune tra la rosa di Valverde e quella di Xavi.

    Il passare del tempo ha ridotto l'endurance atletica del centrocampista spagnolo, che ha giocato qualche partita in meno quest'anno rispetto al solito.

    Il suo rendimento è stato pressoché invariato e anzi, la maggiore centralità nella mediana blaugrana si riflette nell'incremento di alcuni numeri cruciali per un calciatore con le sue caratteristiche.

    Se nel 2019 i passaggi chiave erano stati 0.4, quest'anno sono più che raddoppiati arrivando a 0.9. Meglio anche i duelli aerei: incrementati (da 2 a 3.5) e vinti in maggiore quantità (1.9 a 1.5).

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  • L'EUROPA RESTA TABU'

    Risistemate le cose in patria (guai a chiamarla così presso le ramblas), adesso la sfida di Xavi è restituire prestigio al Barcellona anche in ambito europeo.

    Proprio nel 2018, anno precedente all'ultima Liga vinta fino a quella di questa stagione, il terreno sotto ai piedi dei catalani si aprì facendoli ruzzolare una malabolgia dopo l'altra sempre più in prossimità dell'Inferno.

    Alla rimonta subita a Roma nei quarti di finale, con il 3-0 leggendario dell'Olimpico dopo il 4-1 dell'andata, è seguita quella ancora più clamorosa per mano del Liverpool in semifinale.

    Nell'anno del calcio post pandemico, si passa dallo smacco all'umiliazione: il Bayern futuro campione d'Europa trita i catalani per 8-2 nei quarti. Male anche nel 2021, fuori agli ottavi.

    Poi la Champions League diventa addirittura un ricordo. Due retrocessioni in Europa League, con i crismi dei favoriti e una caterva di ferite da leccarsi dopo gli incroci con eliminazione nel 2022 con l'Eintracht e nel 2023 con il Manchester United.

    Vedremo dunque se la dirigenza blaugrana darà fondo a tutte le sue fantasie finanziarie per allestire una squadra che possa finalmente tornare a imporsi anche in ambito internazionale. La testa all'Europa e il cuore in Catalogna. E' l'obiettivo del Joan Laporta 2.0. Intanto, può tornare imbracciare il trofeo della Liga.

    E i conti? Domani è un altro giorno, arriverà.

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