“Io voglio giocare!”.
La mano colpisce il petto, il volto si contrae in un'espressione corrucciata. Cheick Diabaté proprio non capisce perché mai debba lasciare il campo. Si sente in forma, capisce di poter lasciare un segno. Eppure, da quando indossa la maglia del Benevento, ha trovato pochissimo spazio. Un paio di partite in tribuna, un altro paio in panchina, qualche spezzone di partita qua e là. Ed ecco che, dopo aver finalmente cominciato a puntare su di lui, Roberto De Zerbi vuole nuovamente toglierlo dal campo.
Inaudito, almeno dal punto di vista del centravanti maliano, uno dei tanti rinforzi esotici pescati dal Benevento nel gennaio del 2018. Il 4 aprile di quell'anno, con i giallorossi in vantaggio sul Verona, Diabaté non riesce a trattenere la propria irritazione. Il problema è che De Zerbi pare deciso a far valere la propria autorità:
“L'allenatore sono io”.
Alla fine, come per magia, tutto si ricompone. De Zerbi cambia idea e Diabaté riceve l'ok per rimanere in campo per tutta la partita. E, proprio come aveva sperato, lascia il segno: il Benevento travolge per 3-0 il Verona e la doppietta che chiude i conti, dopo il vantaggio di Letizia nel primo tempo, è proprio sua. Dirà RDZ dopo la gara che “vorrei che tutti i giocatori avessero questa personalità”. Una qualità che al centravantone di Bamako non è mai mancata.




