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Zé LoveGetty Images

L'ascesa e la caduta di Zé Love: dal provino rifiutato con il Milan alla depressione

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Il 23 agosto del 2012, nel suo piccolo, è un giorno che ha una valenza simbolica non indifferente nella storia recente del Milan. Una sorta di sinistra profezia, se vogliamo, di quel che riserveranno gli anni a venire. Qualche ora prima Alexandre Pato, il talento di cristallo, è stato risucchiato nell'infernale loop dei propri guai fisici. Di nuovo. Un problema muscolare, ancora una volta, un guaio agli adduttori che lo terrà lontano dai campi per un mese e mezzo. E così, a pochi giorni dalla chiusura di quel mercato, Max Allegri e la propria dirigenza si ritrovano con le spalle al muro.

Serve un sostituto, si dicono. Ma trovare un rimpiazzo di rilievo, per un club sofferente che ha appena perso in un colpo solo l'intera spina dorsale (Thiago Silva e Ibrahimovic, Nesta e Gattuso, Seedorf e Inzaghi), è un'impresa quasi disperata. E così, Adriano Galliani alza il telefono e chiama Enrico Preziosi. L'asse Milan-Genoa, ancora una volta, dà i propri frutti. Anche se non esattamente di prima qualità. Perché il prescelto è taleJosé Eduardo Bischofe de Almeida, 25 anni da compiere, anche se tutti lo conoscono come Zé Eduardo o, meglio ancora, come Zé Love.

Piutost' che nient' l'è mej piutost, come dicono a Milano. Il sostituito di Pato sarà lui. Anche se nella sua prima e unica stagione italiana è sembrato palesemente inadatto e fuori contesto. Anche se a Genova è sceso in campo appena nove volte senza trovare neppure lo straccio di una rete, condizionato anche da un serio infortunio a una caviglia che lo ha costretto a perdersi tutta la prima parte dell'annata. Anche se, insomma, Pato è tutta un'altra cosa. Ma il colpo di scena è dietro l'angolo. Al termine di una giornata convulsa, le parti si salutano con una stretta di mano ma senza firme. Zé Eduardo al Milan non ci va. Ed è un mancato trasferimento destinato a entrare nella storia.

  • "IO NON VADO IN PROVA"

    Una volta compreso l'esito negativo della trattativa tra Milan e Genoa, le voci iniziano a rincorrersi impazzite. Ariedo Braida esce dalla sede rossonera e parla di intesa mancata tra i due club. Ma c'è chi pensa concretamente che dietro a tutto ci sia la mano di Allegri. Che il Max, in sostanza, abbia posto il veto sull'arrivo a Milano di Zé Eduardo, non considerandolo evidentemente adatto per i propri pensieri calcistici.

    Fuochino. Quasi acqua. La realtà è un'altra. Ed è particolarmente insolita. Le parti in causa un accordo lo avrebbero pure trovato, solo che il Milan ha deciso di agire in maniera non convenzionale: prima di firmare con noi, ha spiegato a Zé Eduardo, Allegri vuole che tu ti sottoponga a un provino. Una condizione che il brasiliano, sdegnato, ha rifiutato senza pensarci su due volte. Preferendo trasferirsi al Siena proprio agli sgoccioli di quel mercato invernale

    “Io non vado in prova – dirà il giocatore qualche giorno dopo, intervistato da 'Sky Sport' – perché l'anno scorso ho avuto troppi infortuni, ma prima ero stato in una squadra come il Santos, oggi la miglior squadra in Brasile. Ho fatto bene, ho vinto, ho segnato tanto. Con tutto il rispetto per il Milan che è una delle squadre più belle del mondo, io ho una dignità. Non volevo farlo. Ero felice, avevo fatto un bel ritiro col Genoa. La vita è così”.

    La sera successiva al no al Milan, il presidente genoano Enrico Preziosi è ospite a Primocanale. E, pur nel contesto di un potenziale affare sfumato per entrambi i club, commenta con soddisfazione il nulla di fatto.

    “A volte ci sono dei ripensamenti da parte di qualcuno. Certamente non della dirigenza ma dell'allenatore, che voleva sottoporre Zé Eduardo a degli esami sulle capacità tecniche e di adattamento al loro schema. Per cui giustamente Zé Eduardo non ha voluto andare in prova. E ha fatto anche bene. Perché o uno ci crede o non ci crede. Il problema è di caratteristiche, perché Zé Eduardo è un ottimo giocatore”.
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  • DA NEYMAR A TWITTER

    Sì, Zé Eduardo ha giocato nel Santos. Il Santos di Neymar, di Paulo Henrique Ganso e per un breve periodo pure di Robinho, quello che tra il 2010 e il 2011 ha incantato il Brasile. Col Peixe ha trionfato per due volte nel Paulistão, ha vinto la Copa do Brasil, ma soprattutto la Copa Libertadores del 2011, con tanto di titolarità in entrambe le finali contro il Peñarol. Quell'apelido, “Zé Love”, gli è stato però affibbiato al Palmeiras, la sua prima squadra, perché durante i ritiri era compagno di stanza di Vágner Love.

    “Quando lui fu ceduto al CSKA di Mosca – ha spiegato a 'Repubblica' il giorno della presentazione col Genoa – i tifosi decisero che da quel momento sarei stato io il loro amore e così diventai Zé Love”.

    Al Santos Zé Eduardo riempie il curriculum di trofei, ma non segna tantissimo. Non quanto l'amico Neymar, almeno. Nel 2010 raggiunge comunque la doppia cifra, con tanto di tripletta in casa del Fluminense poi campione. Il Genoa decide comunque di puntare su di lui, sborsando poco più di cinque milioni nel gennaio del 2011 e posticipando il suo arrivo in Italia di qualche mese, all'estate successiva, per permettergli di ottenere il doppio passaporto.

    Che Zé Eduardo – o Zé Love – sia un personaggio ambizioso, è certificato dalla prima richiesta fatta al Genoa: la maglia numero 10. Il problema è che il brasiliano non è l'unico a volerla: in corsa ci sono anche Valter Birsa e Kevin Constant (sì). Alla fine si arriva a indire un'asta tra i tre calciatori, con ricavato devoluto in beneficenza: ad aggiudicarsi il premio è lo sloveno. Mentre Zé deve accontentarsi della 9.

    Nell'unica annata al Genoa, in pratica, non funziona nulla. Zé Eduardo arriva in Italia con problemi a una caviglia, poi a ottobre deve essere operato d'urgenza di appendicite. Il contesto, poi, è sportivamente drammatico: il club cambia quattro allenatori, iniziando con Alberto Malesani, sostituendolo in corsa con Pasquale Marino, richiamando Malesani per un paio di giornate e chiudendo un'annata disgraziata con Gigi De Canio. Giusto per contestualizzare ulteriormente: è il campionato di Genoa-Siena 1-4, il celebre pomeriggio in cui i calciatori rossoblù vengono costretti dai tifosi a consegnare le proprie maglie.

    Alla fine sono 9 le presenze di Zé Eduardo in Serie A. Senza mai segnare, senza mai convincere. Il suo percorso si conclude a febbraio, a Parma, escludendo una ventina di minuti contro il Bologna a fine aprile. A complicare ulteriormente il rapporto con la gente, poi, è una certa attrazione per i social network. Zé ha un account Twitter ancor oggi, ma già ai tempi è attivissimo. Una volta svela al pubblico l'auto nuova appena acquistata, un'altra invia un messaggio di incoraggiamento al Santos prima di una partita importante. Un comportamento che irrita il tifo genoano, che arriva ironicamente a soprannominarlo “Zé Twitter”.

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  • Zé Love SienaGetty Images

    "UN GIOCATORE DI MERDA"

    È con queste credenziali che il Milan arriva a tanto così dal metterlo sotto contratto. Ed è con queste credenziali che Zé Eduardo si volta dalla parte opposta: alla fine di agosto 2012 accetta l'offerta del Siena, che lo richiede e ottiene in prestito dal Genoa. Senza provini, stavolta. Si sfoga contro il Milan, promette massimo impegno ai toscani, giura di “aver sentito subito la fiducia dell'ambiente nei miei confronti”. Ha voglia di una rivincita dopo l'anno buio di Genova.

    Il problema è che il copione non si discosta poi molto dalla stagione precedente. Zé Eduardo parte pure benino e alla seconda giornata va a segno su rigore in un 2-2 contro l'Udinese, firmando quella che rimarrà l'unica rete nel nostro campionato. Poi si blocca, nonostante la fiducia di Serse Cosmi. E il resto lo fanno un paio di problemi muscolari che, di fatto, decretano la fine. Perché dall'inizio del 2013 il brasiliano che doveva spaccare il mondo non si vede più. Né a Siena, né in Italia.

    “Sono tornato in Brasile per stare un po’ con mio padre che non sta tanto bene – dice a fine marzo 2013 al 'Secolo XIX' – E anche per trovare una squadra che mi dia la possibilità di giocare. Perché quando giocavo in Brasile ero un campione, da quando sono andato al Genoa sono diventato un giocatore di merda. A dicembre avevo già un accordo con il Vasco per andare da loro. Era tutto fatto ma poi il Genoa ha voluto un milione per il prestito. La trattativa è saltata, sono tornato a Siena dove però avevano già comprato altri due attaccanti. Per tre mesi ho fatto solo preparazione atletica, niente pallone. La stagione sta finendo, ho chiesto il permesso al presidente di venire qui per stare con la mia famiglia. Certo, sono triste e deluso”.
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  • METE ESOTICHE E DEPRESSIONE

    La carriera di Zé Love, in pratica, si conclude lì. Una volta lasciata l'Italia, l'ex genoano inizia a vagare senza meta: Brasile, Emirati Arabi, Arabia Saudita, Malesia. Sempre più giù, sempre più in basso, sempre più lontano dalla gloria dei giorni migliori. Nel novembre del 2021, mentre gioca nel Brasiliense, viene inizialmente squalificato per più di un anno – pena poi ridotta a quattro mesi – per aver sputato verso uno degli arbitri durante una partita contro la Ferroviária, nella Serie D brasiliana.

    Ma quel che accade in campo è nulla in confronto a quel che Zé Love inizia ad avvertire fuori. Dopo la squalifica, per tre volte in due mesi l'ex rossoblù viene ricoverato in ospedale. Contrae il Covid e gli viene diagnosticata l'ipocaliemia, ovvero una ridotta concentrazione di potassio nel sangue. Un giorno è in casa con la moglie Luciana e perde il controllo della muscolatura, tanto da “non riuscire neppure a raggiungere il bagno”, come ha raccontato nel 2022 in una lunga confessione a 'UOL'.

    “È stato allora che ho cominciato a riconoscere i primi sintomi della depressione. Il giorno del ritorno al Brasiliense sono entrato nello spogliatoio. Mi sono cambiato e, per la prima volta nella mia vita, sono rimasto paralizzato. Non riuscivo ad andare in campo. Non mi sentivo un giocatore di calcio. Dopo tre ricoveri in due mesi, era come se il mio corpo avesse dimenticato come si gioca a calcio.
    Il calcio è ciò che più amo nella mia vita. Ma ho dovuto smettere di assistere alle partite, perché mi sento triste. Mi sento male, perché non posso giocare. Un giorno sono andato allo stadio, invitato da un amico. Un giornalista mi ha avvicinato in tribuna e mi ha detto che sentiva la mancanza di vedermi in campo. Ma se ancora non sono tornato in campo, è perché non ci riesco. E non riuscire a giocare è molto difficile da accettare.
    Ho iniziato a non alzarmi più dal letto. Quando ci riuscivo, con molta fatica, andavo al campo, mi facevo la doccia e me ne andavo. Non riuscivo ad allenarmi. Ci andavo solo per dire che ero stato davvero lì. Tornavo a casa, mi stendevo nuovamente sul letto e non volevo vedere nessuno. Nemmeno mia moglie. Passavo la giornata al cellulare, distraendomi con qualsiasi cavolata. Ho deciso di chiedere aiuto quando ho pensato di togliermi la vita. Avevo paura di rimanere da solo, paura di non riuscire a controllare il desiderio di porre fine al dolore”.

    Alla fine Zé Eduardo riesce a uscirne. Con l'aiuto di Luciana, dei pochi amici rimasti al suo fianco e di uno specialista. Nel 2023 viene messo sotto contratto dal piccolo Cianorte, a gennaio torna in campo dopo quasi un anno e mezzo e segna la rete decisiva contro il São Joseense, con tanto di lacrime liberatorie. Da qualche tempo indossa la maglia dell'Iguatu, altro club minore brasiliano. Con la consapevolezza che i tempi in cui sognava di sfondare in Europa sono lontani, ma la certezza di aver superato la prova più dura a cui la vita lo abbia sottoposto.

    “Preferisco pensare a tutto questo come a una tempesta – diceva ancora a 'UOL' nel 2022 – Sono certo che non durerà per sempre. Che in qualche modo la sofferenza finirà. Forse la porterà via il vento. Forse l'amore curerà tutto. Alla fine, io sono Zé Love. Il minimo che posso fare è aggrapparmi al mio nome”.
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