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Kovacic Chelsea Real Madrid Champions GFXGOAL

Lo strano caso di Kovacic: quattro Champions vinte giocando 10' nelle finali

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Ah la Champions League, la competizione più prestigiosa per eccellenza, dove l’élite del calcio si incontra per offrire lo spettacolo migliore ai milioni di appassionati, ma anche il metro di paragone più ‘scomodo’ tra le carriere di campioni che, spesso e volentieri, non vantano nel loro sterminato palmares proprio questo trofeo.

Basti pensare a Gianluigi Buffon o a Zlatan Ibrahimovic, mostri sacri del calcio mondiale che non hanno mai avuto modo di festeggiare un trionfo soltanto sfiorato, nel caso del portierone emiliano in tre circostanze con altrettante finali perse.

C’è poi chi, nonostante un’aura certamente minore, potrebbe addirittura permettersi di cederne qualcuna ai più ‘sfortunati’: Mateo Kovacic rientra in questa ristretta lista di giocatori diventati campioni d’Europa quasi ‘per caso’, baciati senza un motivo apparente da un qualsivoglia Dio del calcio.

Il croato ha un rapporto più che speciale con la coppa dalle grandi orecchie, merito soprattutto del triennio vissuto al Real Madrid: con i ‘Blancos’, seppur da comprimario, ne ha vinte tre di fila, per poi togliersi un’ulteriore soddisfazione con la maglia del Chelsea.

La particolarità? Sono appena dieci i minuti disputati nelle quattro finali in questione, tutti nel 2021 con i ‘Blues’; sempre assente, invece, nelle precedenti tre partite che lo hanno comunque iscritto nell’elenco dei vincitori più assidui di un torneo che per molti rappresenta un’assillante ossessione.

  • Kovacic Modric Real Madrid 2016 Champions League finalGetty

    LA PRIMA CHAMPIONS COL REAL MADRID: NON CONVOCATO PER LA FINALE

    Il solo essere un giocatore del Real Madrid è sinonimo di successo o, quantomeno, di lotta assicurata per giungere alla gloria: così Kovacic, al momento dello sbarco in Spagna nell’estate 2015, sa già che di possibilità per entrare nella storia del calcio dal lato giusto ce ne sarebbero state. Eccome.

    L’Inter lo cede per 29 milioni di euro più bonus e, a dimostrazione della fiducia nutrita dal club madrileno, Kovacic firma un contratto della durata di sei anni. L’idea è quella di crescere all’ombra rassicurante del connazionale Modric, il maestro migliore che possa esserci per non scottarsi già alla prima stagione.

    Purtroppo per Kovacic questo salto di qualità tanto atteso non avviene, complice anche un avvio di stagione al di sotto delle aspettative: Rafa Benitez viene esonerato e, al suo posto, è promosso dal Castilla Zinedine Zidane, le cui rotazioni non prevedono un impiego costante dell’ex Inter.

    Kovacic è a tutti gli effetti una riserva, tanto che l’unica gioia personale in Champions League resta il goal realizzato nell’8-0 rifilato al malcapitato Malmoe al ‘Bernabeu’ durante la fase a gironi, con Benitez ancora in panchina.

    Appena 32 minuti spalmati nelle due partite degli ottavi contro la Roma, non convocato per i quarti e la miseria di due minuti nella semifinale di ritorno col Manchester City, a cui si somma la panchina dell’andata.

    Kovacic è un corpo quasi del tutto estraneo all’undici titolare di Zidane, che lo spedisce in tribuna nella finalissima di San Siro contro i rivali cittadini dell’Atletico: proprio nel suo vecchio stadio, dove ha incantato i tifosi dell’Inter e convinto il Real ad investire pesantemente su di lui.

    I ‘Blancos’ trionfano ai calci di rigore dopo l’1-1 dei tempi regolamentari e supplementari, ma il futuro di Kovacic è minacciato dall’ipotesi di un addio a fine stagione. Ad alimentare i dubbi ci pensa nel pre-gara il dirigente Emilio Butragueño, ai microfoni di ‘Premium Sport’.

    “Kovacic? Oggi pensiamo soltanto alla finale. E’ una giornata di festa, per noi la serata più importante. Poi si vedrà”.

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  • IL SECONDO TRIONFO: ZERO MINUTI CONTRO LA JUVENTUS A CARDIFF

    Le sirene di un divorzio sembrano insistenti, ma alla fine per Kovacic si profila l’esito della permanenza alla ‘Casa Blanca’ con cui a dicembre si laurea anche campione del mondo, giocando un quarto d’ora nella finale vinta ai supplementari sui giapponesi del Kashima Antlers.

    In Champions però la storia non cambia di molto, anzi: quattro gettoni nel girone e un goal nel pirotecnico 3-3 sul campo del Legia Varsavia, prima di un calo drastico di un impiego già non soddisfacente di suo.

    Kovacic guarda da spettatore gli ottavi contro il Napoli, mentre nel turno successivo al cospetto del Bayern Monaco il suo ‘contributo’ è limitato alla miseria di sei minuti tra andata e ritorno. E’ addirittura nullo nelle due semifinali contro l’Atletico, con la panchina a fargli tristemente compagnia.

    Un ‘miglioramento’, seppur lieve, rispetto alla stagione precedente però c’è: Kovacic viene convocato per l’ultimo atto di Cardiff contro la Juventus, squadra a cui un anno prima era stato accostato con forza alla luce del malumore vigente in Spagna.

    In campo, soprattutto nella ripresa, il Real domina e asfalta i bianconeri con un pesante 1-4: Zidane opera i tre cambi a disposizione nel finale, inserendo Bale, Asensio (autore del quarto goal) e Morata. Di Kovacic, ancora una volta, non c’è traccia nella partita più importante.

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  • LA TERZA GIOIA: UN COPIA E INCOLLA DEL 2017

    Nel frattempo laureatosi campione di Spagna, Kovacic fa in tempo a salire nuovamente sul tetto del mondo grazie al successo in finale sul Gremio, battuto senza il suo apporto in campo.

    La prima parte della stagione 2017/18 è però condizionata dalla lesione parziale del tendine rotuleo che lo tiene ai box tra settembre e novembre, facendogli saltare quattro delle sei gare del girone di Champions.

    Rispetto alle precedenti edizioni, una volta rientrato dall’infortunio, Kovacic trova modo di accumulare un minutaggio maggiore nella fase ad eliminazione diretta: nel ritorno degli ottavi è uno dei titolari (in coppia con Casemiro) al ‘Parco dei Principi’ di Parigi, dove il PSG deve arrendersi di nuovo e dire addio ai sogni di gloria.

    Dopo qualche minuto racimolato nei due quarti contro la Juventus, Kovacic torna nell’undici titolare di Zidane per il ritorno della semifinale che sancisce l’eliminazione del Bayern e permette ai ‘Blancos’ di volare all’ultimo atto per la terza volta consecutiva.

    Stavolta la location è Kiev, la capitale ucraina, dove va in scena il ‘suicidio’ calcistico di Karius che condanna il Liverpool e spalanca al Real le porte della ‘decimatercera’: per Kovacic altra vittoria vissuta in panchina e zero minuti all’attivo, gli stessi delle altre due finali.

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  • Kovacic Chelsea 2021 Champions League finalGetty

    LA QUARTA CHAMPIONS COL CHELSEA: 10’ DI GLORIA

    La separazione dal Real Madrid si concretizza nell’agosto 2018 col passaggio in prestito (in seguito sarebbe arrivato l’acquisto a titolo definitivo) al Chelsea, con cui Kovacic vince l’Europa League al primo tentativo: 76 minuti nel 4-1 inflitto all’Arsenal in finale e primo trofeo europeo per Maurizio Sarri, condottiero dei londinesi dopo aver sfiorato lo Scudetto col Napoli.

    Ma Kovacic ha un conto in sospeso da saldare al più presto con l’ultimo atto della Champions che, a sorpresa, si ripresenta in tutto il suo splendore il 29 maggio 2021: a sfidare la squadra di Tuchel (subentrato a Lampard) ci sono Pep Guardiola e il Manchester City, in uno scontro tutto inglese in quel di Porto.

    Kovacic arriva all’appuntamento non nelle migliori condizioni: un infortunio muscolare lo ha reso indisponibile nelle settimane precedenti alla finale, ragion per cui la scelta di Tuchel è quella di farlo partire dalla panchina. Ancora.

    Una panchina che stavolta ha un sapore diverso, più ‘ragionato’ e meno ‘crudele’: lo stesso Kovacic, ai nostri microfoni, commenta con un pizzico di amarezza quelle tre finali ammirate tra tribuna e panchina, nonostante una condizione fisica ottimale che aumenta i rimpianti per non aver disputato nemmeno un minuto.

    “Se per me vincere avrebbe un significato superiore? Sì, certo. Anche se questo è uno sport di squadra. Siamo 25 giocatori e ognuno fa la propria parte. È stato fantastico far parte di quel Real Madrid, vincendo tre titoli di fila, ma anche deludente non aver giocato nemmeno un minuto in finale. Pensavo di meritare di giocare, perché ho dato molto a quella squadra. Molti giocatori avevano una possibilità, io no. Ma questo è il calcio. È la vita. Si impara anche dalle delusioni. Ora voglio dimostrare che posso farcela di nuovo”.

    I recenti acciacchi, insomma, aiutano il croato ad accettare con estrema serenità l’ennesima panchina nella gara più importante, ma non gli impediscono di scendere finalmente in campo, seppur per poco tempo: Tuchel lo getta nella mischia negli ultimi dieci minuti, quando c’è da difendere il goal del vantaggio realizzato da Havertz.

    Kovacic risponde presente e questa volta, al triplice fischio, può finalmente esplodere di gioia da una prospettiva diversa: non più dall’esterno ma dall’interno del rettangolo verde, assieme ai compagni con cui ha lottato fianco a fianco per respingere l’assalto dei ‘Citizens’.

    La quarta affermazione in sei stagioni, probabilmente quella più bella a livello personale: poiché è pur vero che tutte le vittorie sono importanti, ma alcune sono semplicemente più sentite rispetto ad altre. Merito, in questo caso, di dieci minuti che fanno tutta la differenza del mondo e consentono di poter dire ‘Io c’ero’. Per davvero.

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