Essere padroni di casa o ospiti fa tutta la differenza del mondo. Soprattutto se si ragiona in ambito calcistico e se la tua casa è una delle più belle e ammirate al mondo. Il Barcellona, per la prima volta dal 24 settembre 1957, ovvero per la prima volta dopo sessantasei anni, si riscopre costretto a traslocare e a prendere confidenza con uno stadio che non è il suo.
Un trasloco solo temporaneo, resosi necessario dai lavori di ristrutturazione di un Camp Nou che resta sì uno degli impianti più affascinanti e ricchi di storia del pianeta, ma che ha iniziato a mostrare in maniera fin troppo evidente i segni del tempo. Un trasloco non banale soprattutto se si considera che i blaugrana, almeno fino al novembre del 2024 (se tutto andrà secondo i piani), si trasferirà in quella che per dodici anni è stata la casa degli acerrimi rivali dell’Espanyol: l’Estadio Olímpico Lluís Companys, per molti semplicemente lo stadio del Montjuic.
La cosa si tradurrà inevitabilmente in meno tifosi sugli spalti (si passerà da una capienza di 98000 spettatori ad una di 47000), meno ricavi (e nel mondo del calcio hanno un certo peso), tanta scomodità a livello logistico (in termini di spostamenti e di parcheggi lo stadio del Montjuic non è il massimo) ed il dover fare intrecciare, seppur per un breve periodo, la propria storia con quella di un club che, città a parte, non si ha nulla in comune.
Un presente sacrificato insomma sull’altare del futuro e della modernità. Un sacrificio che costerà tanto in tutti i termini, ma necessario.





