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Montjuic StadiumGetty

Il Barcellona al Montjuic: i Blaugrana e la vecchia casa degli arcirivali dell’Espanyol

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Essere padroni di casa o ospiti fa tutta la differenza del mondo. Soprattutto se si ragiona in ambito calcistico e se la tua casa è una delle più belle e ammirate al mondo. Il Barcellona, per la prima volta dal 24 settembre 1957, ovvero per la prima volta dopo sessantasei anni, si riscopre costretto a traslocare e a prendere confidenza con uno stadio che non è il suo.

Un trasloco solo temporaneo, resosi necessario dai lavori di ristrutturazione di un Camp Nou che resta sì uno degli impianti più affascinanti e ricchi di storia del pianeta, ma che ha iniziato a mostrare in maniera fin troppo evidente i segni del tempo. Un trasloco non banale soprattutto se si considera che i blaugrana, almeno fino al novembre del 2024 (se tutto andrà secondo i piani), si trasferirà in quella che per dodici anni è stata la casa degli acerrimi rivali dell’Espanyol: l’Estadio Olímpico Lluís Companys, per molti semplicemente lo stadio del Montjuic.

La cosa si tradurrà inevitabilmente in meno tifosi sugli spalti (si passerà da una capienza di 98000 spettatori ad una di 47000), meno ricavi (e nel mondo del calcio hanno un certo peso), tanta scomodità a livello logistico (in termini di spostamenti e di parcheggi lo stadio del Montjuic non è il massimo) ed il dover fare intrecciare, seppur per un breve periodo, la propria storia con quella di un club che, città a parte, non si ha nulla in comune.

Un presente sacrificato insomma sull’altare del futuro e della modernità. Un sacrificio che costerà tanto in tutti i termini, ma necessario.

  • Barcelona Espanyol LaLiga 2022-23Getty Images

    LA RIVALITÀ TRA BARCELLONA ED ESPANYOL

    Quando si pensa alle grandi rivalità del calcio spagnolo la mente corre veloce al Clasico e a quella tra Barcellona e Real Madrid. Questione di prestigio, grandezza ed obiettivi comuni. Ma anche quella tra Barça ed Espanyol non è da meno e qui il discorso si sposta, per forza di cose, anche su un piano territoriale. Ma non è solo a questo che ci si deve fermare.

    Il Derbi Barceloní (in catalano) è uno dei più sentiti in Europa e questo perché il club dei Culés e quello dei Periquitos sono da sempre divisi da divergenze insormontabili. Differenze che affontano le loro radici all’inizio del ‘900 (le due squadre si sono affrontate per la prima volta il 23 dicembre del 1900) e che da allora si sono acuite. Alla base di tutto non ci sono solo ragioni prettamente calcistiche (l’Espanyol è sempre stato visto come la seconda squadra di Barcellona), ma anche e soprattutto culturali e politiche.

    Se il Barcellona è la squadra dell’identità e dell’orgoglio catalano, quella spinta anche dalle bandiere della Catalogna sventolate allo stadio, l’Espanyol è sempre stato etichettato come un club centralista. Da una parte quindi il desiderio di indipendenza, dall’altro l’impegno per una ‘Spagna unita’.

    Se il Barça è stato fondato nel 1899 da Hans Gamper, uno svizzero, e fin dalla sua nascita ha sempre puntato su calciatori stranieri, l’Espanyol è nato un anno dopo con l’idea di dare spazio solo (o soprattutto) a giocatori spagnoli e la cosa è certificata anche dal suo nome (in realtà in origine si chiamava Sociedad Española de Football).

    Barça ed Espanyol rappresentano ed hanno sempre rappresentato i due volti diversi della stessa città, e non è dunque un caso che i primi confronti tra le due squadre si siano vissuti in un clima di tensione e siano spesso conclusi con episodi di violenza e sospensioni delle partite.

    Il resto lo ha fatto la storia. Sì perché se il Barcellona nel corso dei decenni si è trasformato in una superpotenza capace di attirare i più grandi campioni del pianeta e di mietere trionfi, l’Espanyol non solo quel salto non l’ha mai fatto, ma ha anche dovuto fare i conti con problemi societari e amare retrocessioni (l’ultima tra l’altro proprio al termine di questa stagione).

    Una sorta di Davide contro Golia, due binari paralleli destinati a non incontrarsi mai, una rivalità così forte che ha portato l’ex presidente dell’Espanyol Daniel Sánchez Llibre a decidere di non mettere mai più piede al Camp Nou (il Barcellona gli aveva promesso Saviola nel 2005 ma poi lo cedette al Siviglia) e all’ex presidente del Barcellona Joan Gaspart ad essere considerato persona ‘non gradita’ nello stadio dei Periquitos.

    Una netta contrapposizione che il 29 settembre 2008, nell’ultima sfida in assoluto giocata tra le due squadre proprio allo stadio del Montjuic, è sfociata in quella che in Spagna è da molti ricordato come ‘El derbi de la verguenza’ a causa degli scontri che si sono verificati tra le due tifoserie.

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  • Raul Tamudo Barcelona EspanyolGetty

    'EL TAMUDAZO' ED UNA RAFFORZATA OSTILITÀ

    E’ il 9 giugno 2007 e un Espanyol che non ha più nulla da chiedere al campionato, scende in campo al Camp Nou per sfidare un Barcellona che ha viceversa bisogno di vincere per tenere vive le speranze di vincere il titolo.

    Quando mancano infatti 180’ al termine del torneo, i Blaugrana sono appaiati al Real Madrid in classifica e in caso di arrivo a pari punti a trionfare sarebbero i Blancos di Fabio Capello (protagonisti di una rimonta strepitosa) in virtù dei migliori risultati ottenuti negli scontri diretti.

    Sulla carta è il Barça ad avere il compito più semplice e questo perché il Real è contemporaneamente impegnato sul campo del forte Real Saragozza trascinato dai fratelli Milito, ma al 29’ accade l’imprevedibile: l’Espanyol si porta avanti grazie ad una rete di Raul Tamudo.

    Il Barcellona, guidato in panchina da Rijkaard, fatica a rimettersi in carreggiata, ma grazie ad un giovanissimo Leo Messi tra la fine del primo tempo ed il minuto 57’ riesce a ribaltare la situazione e a portarsi sul 2-1 (la seconda rete sarà contestatissima). I tifosi blaugrana possono tirare un sospiro di sollievo.

    Nello stesso istante il Real Madrid pareggia a Saragozza con Van Nistelrooy, ma pochi minuti più tardi va ancora sotto quando Diego Milito (secondo miglior cannoniere di quel campionato) mette a segno il goal che vale la doppietta personale ed il momentaneo 2-1.

    Il Barcellona si ritrova spianata la strada che porta al titolo ma, incredibilmente, nel giro di soli diciassette secondi, il mondo si ribalta. All’89’ infatti, prima Raul Tamudo segna la rete del 2-2 al Camp Nou e poi Van Nistelrooy fa la stessa cosa a La Romareda. Si passa insomma da Barcellona 75 e Real Madrid 72 a 90’ dal termine del campionato, a 73 pari.

    Sul Camp Nou cala il gelo, mentre gli oltre 12000 tifosi dell’Espanyol presenti sugli spalti si lasciano andare alla più sfrenata delle esultanze.

    Tamudo consegnerà al Real Madrid la Liga nella maniera più folle possibile, condannando il Barcellona alla più atroce tra le beffe.

    Quel goal, passato alla storia come ‘El Tamudazo’, contribuirà a fare dell’attaccante una delle più grandi leggende della storia dell’Espanyol. Per una volta Davide ha battuto Golia e a vincere, pur pareggiando, è stato l’orgoglio dei Periquitos.

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  • Espanyol 2006Getty

    IL MONTJUIC PER L’ESPANYOL

    Costruito nel 1927 per ospitare delle Olimpiadi che poi saranno in realtà assegnate ad Amsterdam (Barcellona dovrà attendere 1992 per avere i ‘suoi’ Giochi Olimpici), lo stadio Lluís Companys è stato dal 1997 al 2009 la casa dell’Espanyol.

    In realtà i Periquitos non hanno mai sentito loro l’impianto, anzi sarebbe meglio dire che non l’hanno amato. Quei dodici anni sono stati definiti una ‘traversìa por el desierto’ (una traversata del deserto) e questo per una serie di motivi. Essendo situato sulla collina del Montjuic, è sempre stato visto come uno stadio scomodo da raggiungere, isolato da Barcellona, lontano da attrattive come bar, cinema, centri commerciali e dalla vita urbana e, come se ciò non bastasse, a tutto questo va aggiunto un altro difetto non da poco: a causa della pista di atletica le partite si vedevano male.

    Per i tifosi dell’Espanyol il vero stadio di casa è sempre stato quello di Sarriá (impianto nel quale si è giocato Italia-Brasile al Mundial del 1982), ma a settantaquattro anni dalla sua inaugurazione, problemi finanziari hanno costretto il club a vederlo e la cosa nel 1997 si è tradotta in una inevitabile demolizione.

    Lì dove c’era la vera casa dell’Espanyol oggi ci sono edifici residenziali ed un parco nel quale si può trovare targa che ricorda come lì ci sia stato per decenni uno degli impianti sportivi più importanti dell’intera storia della Spagna.

    Un rapporto dunque freddo quello tra l’Espanyol ed il Lluís Companys, ma paradossalmente all’impianto nel quale traslocherà il Barcellona, sono anche legati alcuni dei momenti più importanti dell’intera storia del club Blanquiazules. Nel corso di quei dodici anni infatti, l’Espanyol ha vinto due Coppe del Re, ha ottenuto sulla collina del Montjuic due sofferte salvezze all’ultima giornata e proprio in quello stadio ha celebrato il centenario dalla sua fondazione.

    Una convivenza scandita da amore ed odio che sarebbe potuta durare anche molto di più se il club avesse deciso di accettare la proposta dell’allora sindaco di Barcellona, Joan Clos, di restare al Montjuic per i successivi novantanove anni in cambio di un euro a stagione e della ristrutturazione dell’impianto.

    Un’offerta allettante ma rispedita al mittente, perché intanto l’Espanyol aveva già deciso di costruirsi una casa nuova: il Cornellà-El Prat che verrà inaugurato nel 2009.

    La storia ora è destinata a ripetersi, ma i protagonisti cambieranno. Questa volta a spostarsi in collina saranno i rivali del Barcellona che per rinnovare il Camp Nou e tutta l’area circostante di milioni ne spenderanno oltre 900.

    In futuro torneranno ad avere uno degli impianti più belli del mondo, nel frattempo dovranno accontentarsi di quella che è stata la casa dell’Espanyol.

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