Vivere un Mondiale da comparsa, accumulando panchine su panchine e nessun minuto in campo, salvo poi scoprire che nel momento che più conta, nel frangente più importante dell’intera storia del calcio del tuo Paese, tocca proprio a te.
Il compito che ti viene affidato è tra quelli più gravosi in assoluto. Ti viene chiesto di entrare in campo nel corso dei tempi supplementari con il risultato inchiodato sullo 0-0, di presidiare la fascia sulla quale il tuo avversario sta spingendo più forte e di sostituire il tuo capitano che, stremato, alla sua ultima partita da calciatore ha l’occasione di regalarsi la più bella delle istantanee per chiudere la sua gloriosa carriera: quella con la Coppa del Mondo tra le mani sollevata al cielo.
E’ questa la situazione che si è ritrovato a vivere Edson Braafheid l’11 luglio 2010. Roba da far tremare le gambe, soprattutto se sei uno di quei calciatori che, come ammesso molti anni dopo, faticano a reggere la pressione.
A Johannesburg si sta giocando la finale dei Campionati del Mondo e in campo, a sfidarsi da oltre un’ora e mezza, ci sono Olanda e Spagna, le due squadre che più in assoluto hanno meritato di contendersi il più importante trofeo al quale si possa ambire in ambito calcistico.
Al minuto 105’ Giovanni van Bronckhorst non ha più un briciolo di energia in corpo, gli fa male il ginocchio e dalle sue parti c’è Jesus Navas che, essendo tra l’altro molto più fresco, spinge come un forsennato.
Bert van Marwijk si volta verso la panchina e decide che è arrivato il momento di gettare nella mischia Braafheid, un terzino puro e dall’indole più difensiva rispetto al suo capitano. Non è mai entrato nelle rotazioni nel corso del torneo, è reduce da una stagione complicata, ma è anche un giocatore che è arrivato a guadagnarsi la maglia del Bayern Monaco, e questo vuol dire che è uno sul quale si può fare affidamento.
“Stavo per giocare la partita più importante che ci sia e mentre il 90% della popolazione mondiale la stava guardando alla tv. Ero super nervoso e super eccitato allo stesso tempo. Mai, nemmeno in un milione di anni, avrei immaginato di essere protagonista su un palco così grande”.






