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Francesco CocoGetty Images

Coco senza filtri: "Ho giocato da ubriaco, Berlusconi mi tagliò la frangia"

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Francesco Coco è uno dei classici esempi di calciatori che ce l'hanno fatta solo in parte. Anche se per buona parte della propria carriera ha indossato la maglia del Milan. Anche se nel curriculum spuntano pure esperienze con il Barcellona e l'Inter, oltre alla Nazionale.

Coco era il 'nuovo Maldini', ma ha finito per ritirarsi a 30 anni. Anche a causa di un comportamento non sempre professionale, come da lui stesso ammesso in più di un'occasione. Nel suo dopo-pallone ci sono state varie esperienze: l'Isola dei Famosi, una scuola calcio vicino a Napoli. Niente seconda vita da allenatore o da dirigente.

A 46 anni, Coco si è raccontato a 'So Foot'. Con quell'ironia tipica di chi può permettersi di guardare al passato con altri occhi. E il suo passato ne ha, di aneddoti da raccontare.

  • "COCO, CHE CAZZO FAI?"

    "Ricordo uno dei miei primi allenamenti con la prima squadra.Pioveva, avevo 15 anni, e Capello mi fece venire ad allenarmi con loro.Anche lui era giovane, ma già tosto, mamma mia... A fine seduta, partitella: i titolari contro le riserve e i giovani.Gioco nel mio ruolo, terzino sinistro.All'improvviso c'è un pallone lungo.Corro veloce e faccio un contrasto in scivolata che fa volare l'attaccante.Ma prendo la palla!Lì Capello fischia e comincia a gridare: "Coco, che cazzo fai?". Ero un ragazzino, mi rimandò negli spogliatoi a farmi la doccia.Direttamente.Nel duello con me c'era Jean-Pierre Papin.Nella mia testa, però, ero convinto di aver fatto una cosa buona.A quel tempo ero il ragazzo più pulito del mondo.Perché?Non riuscivo mai a finire un allenamento, Capello mi mandava sempre sotto la doccia prima di chiunque altro(ride, ndr)".

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    IL RAPPORTO CON CAPELLO

    "Con Capello c'era un rapporto di amore e odio. Un giorno mi prese da parte e mi disse guardandomi dritto negli occhi: “Se diventi un professionista, mi taglio le palle". Però, un anno dopo, è stato lui a lanciarmi in prima squadra e a farmi diventare professionista. Era un modo per spingermi oltre".

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  • QUANDO GIOCÒ DA UBRIACO

    "Non ero pazzo perché facevo cose “particolari”, ma perché semplicemente ero sicuro delle mie doti calcistiche e fisiche nella vita di tutti i giorni. Quindi mi prendevo il diritto di non essere sempre molto professionale. Sono state tante le partite in cui non ho dormito la notte prima... Due giorni prima di questa partita (Barcellona-Milan 0-2 del 26 settembre 2000, ndr) sono uscito fino alle 7, sono tornato a casa, ho preso la borsa, mi sono lavato i denti e sono partito per Spagna. Ero ancora ubriaco. Eppure ho giocato una delle partite più belle della mia carriera. Ci sono stati moltissimi momenti del genere. Ma d’altro canto ho sempre rispettato i miei compagni, il mio ruolo, i miei dirigenti. Semplicemente non ero un grande professionista, perché spesso mi dicevo: dai, adesso mi diverto.

    C’è tantissima pressione in queste partite e ognuno la affronta in base a com'è fatto.Per i più emotivi e stressati è meglio non pensare alla partita, altrimenti la pressione li consumerà.Ad esempio, quando ero a casa nel mio letto prima di una partita, non riuscivo a dormire per tutta la notte: ci pensavo troppo, mi svegliavo continuamente... E alla fine quel giorno arrivavo stanco. La maggior parte delle mie migliori partite le ho giocate senza dormire il giorno prima, sono uscito con gli amici, ho bevuto.Sono arrivato il giorno della partita con la mente leggera, non ci ho pensato fino a quel momento, perché, appunto, mi conoscevo.Ero libero nella mia testa: alla fine è lo stress che ti taglia fuori.Lo stress è una delle peggiori malattie del mondo".

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    IL PASSAGGIO DAL MILAN ALL'INTER

    "Ancelotti mi chiama e mi dice di restare. Gli dico: solo se viene Galliani e me lo chiede in ginocchio. Ovviamente non l'ha fatto. Accetto l'Inter. Moratti e Oriali mi avevano chiamato per un anno per convincermi. Volevo tornare al Milan (dal Barcellona, ndr), perché il campionato italiano a quel tempo era ancora il migliore e mi mancava. Sono arrivato all'Inter che aveva appena preso Cannavaro, Crespo, un ottimo mercato. Nella mia testa pensavo: “Vado all'Inter, vinco e lo metto in culo a Galliani". Arriva la prima partita di campionato: Inter-Torino. Prima partita a San Siro, sento un enorme: “Milanista di merda” dai miei stessi tifosi. L'ho sentito forte e chiaro, un po' come quando senti arrivare la metropolitana. Ahi, ahi, ahi... Ecco, lì sai che hai fatto davvero una stupidaggine a firmare.

    Nella storia tanti giocatori hanno giocato sia nel Milan che nell'Inter, ma non avevano davvero un'identità, non erano legati né all'uno né all'altra. Io ero come Costacurta, Maldini, un milanista cresciuto a Milanello. Per cui è stato complicato, non mi hanno mai perdonato nulla. Ma era comprensibile, anzi lo preferisco: sostenere una squadra è questo. Questo è ciò che rende il calcio diverso. L'atmosfera che si respira in uno stadio, la passione, la rivalità popolare. Un giorno sono andato a vedere la NBA… Beh, posso dirti che il rischio di addormentarsi durante la partita è concreto".

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  • "QUANDO BERLUSCONI MI TAGLIÒ LA FRANGIA"

    "Se potrei fare lo stesso percorso nel calcio di oggi? Se oggi avessi 22 anni, avrei 10 milioni di follower senza problemi. Per quanto riguarda lo stile di vita, forse avrei vissuto meglio. Nel corso della mia carriera sono sempre stato eccentrico, mi piaceva dire le cose senza filtri. Ma c’era una mentalità diversa. Ti faccio un esempio: ho sempre avuto i capelli lunghi e dall'alto mi hanno sempre rotto le palle per questo. Un giorno, Berlusconi in persona mi tagliò la frangia! Oggi si vedono i giocatori arrivare con la borsa a tracolla all'allenamento. Prima non esisteva. Sì, allora potevi farlo, ma eri un ribelle, un alieno".

  • LA DISCOTECA DI COCO

    "Si chiamava Blue, sembrava un'astronave. Avevo 19 anni quando l'ho aperta. Ho acquistato un terreno a Lodi dove ho fatto costruire la discoteca, mettendo i soldi per la gestione e come cauzione. Risultato? Beh, ovviamente, tutti i soldi del contratto sono spariti e avevo già dei debiti (ride, ndr). Se non avesse funzionato, sarei stato nei guai. Mia madre voleva uccidermi quando l'ha scoperto. Mi ha detto: “Una persona normale compra una casa, non una discoteca, stupido!". Non ci andavo molto perché ero un calciatore, e andare nella tua discoteca è un po' strano... Ma ricordo che un giorno abbiamo fatto una festa grandiosa, iniziata alle tre del pomeriggio e finita alle sei del mattino. Ma se dovessi dare un consiglio a qualcuno che vorrebbe aprire una discoteca, gli direi innanzitutto di non farlo".

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