Nell'estate 2010 l'Inter cede Natalino in prestito secco al Verona, che milita in Serie B e lo inserisce nella lista degli Under 23, privandolo in questo modo per un errore della possibilità di scendere in campo, dato che per le regole del torneo cadetto un giocatore in prestito non può figurare in lista come Under 23.
Fino a gennaio, dunque, il difensore classe 1992 non va mai in campo in Serie B, ma con gli scaligeri può esordire anche in Coppa Italia il 29 novembre 2011 nella vittoria al Tardini con il Parma (0-2) che vale al Verona il passaggio agli ottavi di finale.
Poi nel mercato invernale, il 30 gennaio 2012, torna, sempre con la formula del prestito secco, al Crotone, il club con il quale era cresciuto. Anche i calabresi militano in Serie B e Natalino, allenato da Massimo Drago, allenatore che lo aveva avuto nelle Giovanili, disputa una sola partita, l'11 febbraio 2012 allo Scida con il Grosseto (2-2), gara in cui è sostituito dopo il primo tempo. Lui in quel momento non può saperlo. ma sarà anche l'ultima che disputerà da calciatore professionista.
"Nell'estate 2010 l’Inter mi gira in prestito secco al Verona: con questa formula errata non posso giocare in campionato, ma solo in Coppa Italia. A gennaio preferisco andare a Crotone, in B: l’allenatore è Drago, mi ha lanciato nelle Giovanili. Gioco una gara: sostituito alla fine del primo tempo. Poi finisco sempre in tribuna, senza spiegazioni. Tutto strano, a posteriori mia madre dirà che qualcuno mi ha protetto dall’alto".
"In aprile muore Morosini e i medici diventano molto più prudenti. Un mese dopo sono a Roma: sta per scadermi l’idoneità, l’Inter mi ha inserito nella lista per la tournée estiva e sollecita gli esami clinici. Li faccio, tranquillo. Poi arriva il dottore: 'Qualcosa non va al cuore. Hai battiti irregolari. Ti dobbiamo fermare e fare degli approfondimenti'. Il giorno dopo salgo a Milano, ripeto i test. Lo specialista dell’Inter mi spiega: 'Non ho trovato nulla, ma il referto di ieri è preoccupante'. Passo l’estate ad allenarmi di nascosto, continuo a passare di ospedale in ospedale".
Finché non arriva la doccia gelata.
"Alla fine mi danno il responso definitivo: soffro di cardiomiopatia aritmogena, quella che aveva ucciso Morosini. I medici mi spiegano che il mio cuore può impazzire, specie sotto sforzo, e che se accade vado incontro alla morte. In Italia non posso giocare, ci sarebbe la possibilità di farlo all’estero sotto mia responsabilità. Ne discuto con papà, pensiamo ai tanti sacrifici fatti, ma mamma ci implora di finirla".
Poi i momenti drammatici, la crisi improvvisa, la corsa contro il tempo per salvargli la vita.
"Un giorno del febbraio 2013, mentre sono coi alcuni miei amici, mi sento male. Capisco che sta per arrivare l’attacco. Per fortuna ne sono consapevole e vado al Pronto soccorso di Catanzaro, ma non riescono a tenere sotto controllo i battiti. Ho una crisi cardiaca".
"Con un aereo militare mi trasportano a Milano e vengo trasferito d’urgenza al San Raffaele mentre il cuore sta per cedere. Mi prendono per i capelli dopo un’operazione di ore, in cui mi viene impiantato un defibrillatore. Durante la degenza mi spiegano che sono stato fortunato: se il problema mi fosse capitato durante una gara, non sarei qui a parlare. Forse aveva ragione mamma: qualcuno da su mi ha impedito di giocare per un anno".
Natalino effettua ulteriori controlli privati, perché con un nulla osta agonistico, come accadrà anni dopo per Eriksen, potrebbe tornare a giocare. I medici, tuttavia, danno parere negativo e gli sconsigliano di tornare in campo perché i rischi sono troppo alti. Natalino riflette e alla fine dà ascolto a sua madre: il 30 ottobre 2013 posta su Twitter una foto di allenamento con Samuel Eto'o e a soli 21 anni annuncia il ritiro definitivo dal calcio giocato.
"Purtroppo il destino ha voluto diversamente - scrive Natalino sul suo account - Ma rimarrà per sempre per me l'onore di aver giocato con Dei come lui".
Colui che era stato una grande promessa del Settore giovanile nerazzurro, dopo aver bruciato le tappe, sceglieva la vita, lasciando il calcio ad un'età in cui tanti suoi colleghi si affacciano solitamente in Prima squadra.