“Siete venuti a pigliarci per il c***?!”: esclama indispettito, sotto la curva, uno dei giocatori del Lebowski dopo una secca sconfitta per 3-0. “No, noi da oggi siamo i vostri ultras e vi seguiremo dappertutto”. Tutto, in quel momento, ha assunto un non so che di "cinematografico". Sarà stato per il nome, forse: un richiamo a "Il grande Lebowski" che ha portato alla formazione dell'AC, una squadra composta da "scarti della terza categoria" toscana. Reietti alla ricerca della redenzione.
Duccio Turbanti e gli altri rimangono di sasso quando, una mattina del 2004, leggendo "Calciopiù" alla biblioteca delle Oblate si imbattono in una delle realtà più strane dell'intera dimensione calcistica italiana: perché questo era, l'AC Lebowski. Una formazione destinata a perdere gara dopo gara con risultati pesanti, ma con una filosofia di fondo inconfondibile.
"Risultato tennistico: CS Toscana-AC Lebowski 8-1. Ci mettiamo a leggere questo articolo che comincia con 'Il grandissimo Lebowski...'. No, aspetta un attimo: ha preso otto goal e ne ha fatto uno. [...] L'articolo si concludeva in maniera epica perché diceva: 'Goal dell'8-1 segnato dall'ex del Lebowski Montelatici che segna, ma non esulta, in segno di rispetto perché lui sa che il Lebowski si spezza, ma non si piega'. Capiamo che forse in quella squadra c'era qualcosa".
Il racconto di Duccio è sintetico, ma forte: è la prima testimonianza delle tante che aiutano a comprendere meglio cosa sia il Centro Storico Lebowski, una delle storie più iconiche d'Italia, descritta alla perfezione ne "Gli Ultimi RImasti", il docufilm (visibile su You Tube) prodotto da DIECI in collaborazione con Cronache di Spogliatoio.



