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Dario HubnerGetty

Dario Hübner, 'Il Bisonte' del goal: "Senza grappa e sigarette il più forte di tutti"

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"In questo mondo che è pieno di lacrime, io certe volte dovrei fare come Dario Hübner, e non lasciarti a casa mai a consumare le unghie" - Calcutta nella canzone 'Hübner' (settima traccia dell'album Evergreen, 2018)

Nel 2001 dirà "no" alla Premier League per amore, rinunciando, per rimanere vicino alla famiglia e a sua moglie Rosa a Crema, ad un ricco contratto, quello che rappresentava un sogno per chi aveva iniziato da ragazzo facendo il fabbro e montando finestre di alluminio. Così si guadagnerà l'immortalità eterna con una canzone a lui dedicata dal cantautore Calcutta nel 2018.

Madre natura aveva dotato Dario Hübner di un grande fisico, seppure sgraziato: un metro e 84 centimetri per 78 chilogrammi di peso forma, con le lunghe leveche lo rendevano quasi inarrestabile sul lanciato per i difensori e ideale per il gioco all'italiana e le rapide ripartenze e gli faranno guadagnare l'iconico soprannome di 'Bisonte', da lui tradotto in'Tatanka', ovvero bisonte in lingua Sioux, dopo aver visto il film 'Balla coi lupi'.

A questo aggiungeva un gran destro, il suo piede naturale,con cui piegava spesso le mani dei portieri avversari (ma se la cavava anche col piede debole), un discreto stacco di testa, buone capacità acrobatiche e un notevole fiuto del goal. Un mix perfetto per chi di mestiere era chiamato a far goal, e che gli permetterà di stabilire un record non battibile: essere l'unico giocatore capace di far goal in Italia dalla Prima Categoria alla Serie A.

  • OPERAIO E CALCIATORE

    Dario Hübner nasce a Muggia, in provincia di Trieste, il 28 aprile 1967. Nonno tedesco di Francoforte, trasferitosi in Friuli-Venezia Giulia, papà operaio e mamma istriana, che fa la casalinga, lascia presto la scuola dopo la licenza media per mettersi a lavorare dall'età di 14 anni.

    "Lo dissi subito ai professori, il giorno dell’esame: comunque vada, io da domani vado a lavorare- racconterà -. Che senso avrebbe avuto studiare altri cinque anni per poi mollare tutto? Meglio cercare subito la strada giusta".

    Così inizia facendo il garzone di panetteria, poi, da adolescente, il fabbro in una fabbrica di infissi di alluminio per la quale va poi a montare porte e finestre nelle case. Ed è in quel momento che Dario, per puro divertimento, comincia a giocare a calcio.

    Senza dubbio in ritardo, rispetto ai suoi coetanei, ma questa sarà una costanza della sua carriera calcistica e non gli impedirà di affermarsi ad altissimi livelli.

    "A 16 anni facevo il fabbro- dirà in un'intervista a 'gianlucadimarzio.com' -. Quello sì che era un lavoro vero. Poi ho fatto il calciatore ed è stato semplicemente la cosa che mi piaceva fare".

    I primi calci al pallone li tira nella Muggianese, la squadra della sua città.

    "La Muggianese era una squadra di dilettanti veri- ricorderà ai microfoni del 'Corriere della Sera' -, mi allenavo di notte, due volte alla settimana, perché di giorno dovevo fare le mie otto ore in fabbrica, e piazzare porte e finestre. Insegnamenti? Pochi".
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  • LA RAPIDA ASCESA E I TITOLI DI CAPOCANNONIERE

    Il calcio, quello vero, per Hübner arriva all'età di 20 anni. È l'estate del 1987, quando Dario lascia la sua Muggianese per la Pievigina, squadra di Pieve di Soligo, in provincia di Treviso, che milita nel Campionato di Interregionale.

    A notare quell'attaccante potente ma inevitabilmente all'epoca molto sgraziato è Dino D'Alessi, ex calciatore della Fiorentina. Lo propone a Domenico Zambianchi, Ds del Treviso, che decide di mandarlo a giocare in provincia.

    Hübner lo ripaga segnando 10 goal in 25 partite, certamente un bel modo di presentarsi per chi fino a quel momento aveva sempre giocato a calcio per puro divertimento. È l'inizio di una rapida ascesa e di una lunga scalata, che porterà il bomber triestino a suon di goal fino alle vette più alte del calcio italiano.

    Zambianchi nel frattempo approda al Pergocrema, in Serie C2, e decide di portare con sé Dario. L'attaccante friulano segna 6 goal in 28 presenze, poi "accusai un problema al legamento collaterale del ginocchio sinistro".

    Dopo la lunga assenza dai campi, inizia al Pergocrema anche la stagione 1989/90, ma alla sua seconda presenza si fa espellere per eccesso di nervosismo. È un sabato dell'ottobre 1989, e ad Orzinuovi in tribuna per vederlo in azione sono venuti Salvatore Esposito e Loris Servadio, allenatore e D.s. del Fano.

    Quei 10 minuti sono sufficienti. Il Fano lo prende nel calciomercato autunnale e con i suoi 8 goal in 27 partite conquista la promozione in C1. Ma Crema resta nel suo cuore e lì il bomber si stabilirà e creerà la sua famiglia.

    "Quando mi acquistò il Fano, ripassai dal ristorante di Crema dove andavo sempre a mangiare per salutare Rosa, che lavorava lì - racconterà Dario -. Lei non c’era, lasciai il numero di telefono e ci sentimmo qualche giorno dopo. Poi ripassai per portare via le ultime cose e ci incontrammo. Sei mesi dopo eravamo marito e moglie".

    L'anno seguente sulla panchina della squadra si siede un certo Francesco Guidolin, agli esordi della sua carriera da allenatore, che gli trasmette insegnamenti che fino a quel momento gli aveva insegnato. Hübner impara a stare in campo e cresce sotto il profilo tecnico.

    "Ero piuttosto grezzo - ricorderà di se stesso -, stile zero. Fino ad allora non avevo potuto affinare la tecnica, si andava in campo e si inseguiva il pallone".

    Dopo 4 goal in 30 presenze nel 1990/91, una stagione interlocutoria per lui, nel 1991/92 c'è l'esplosione con i 14 centri in 31 gare che gli valgono il titolo di capocannoniere del girone B della Serie C1 e lo lanciano nel grande calcio.

    Fano resta nel suo cuore, ma il Cesena, che ne aveva rilevato metà del cartellino nel 1990, dopo la retrocessione in C2 della squadra, decide che Dario a 25 anni è pronto per la Serie B.

    "A Fano vado ancora in vacanza - rivelerà dopo il ritiro -, e per me è il massimo. C’è il mare che amo, c’è la gente che ha fatto il tifo per me. Ogni volta che torno è una festa".

    In Romagna Hubner si afferma come uno dei bomber più prolifici della Serie B di quegli anni. In 5 stagioni con la maglia bianconera va sempre in doppia cifra, realizza 83 goal in 180 partite e diventa il miglior marcatore della storia del club. I tifosi iniziano a chiamarlo 'Il Bisonte'.

    "Sono stati i tifosi bianconeri i primi a chiamarmi così - dirà a 'gianlucadimarzio.com' -. Penso che sia un soprannome azzeccato, il bisonte è un animale a cui assomigliavo nel modo di correre. Potente e ingobbito".

    Fra i compagni di squadra, al Cesena incrocia i tacchetti anche con un giovanissimo Massimo Ambrosini.

    "Lo cazziavo sempre, perché non era capace di tirare in porta - dirà a 'gianlucadimarzio.com' -. Calciava sempre di piatto, mentre col collo del piede non ci arrivava proprio. Però lo stacco di testa e la corsa erano pazzeschi. E non s’è mai permesso di rispondere".

    Ha la possibilità di essere allenato da tecnici come Gaetano Salvemini,Azeglio Vicini, Bruno Bolchi e Marco Tardelli. I 22 goal segnati nella stagione 1995/96 valgono a Dario il titolo di capocannoniere della Serie B. A conti fatti gli manca soltanto la promozione in Serie A.

    Intanto pensa a lui anche il nuovo presidente dell'Inter Massimo Moratti. Poi però non se ne farà nulla: al suo posto arriveranno in nerazzurro Maurizio Ganz e Marco Branca.

    Poco male perché in Serie A 'Tatanka' ('Bisonte' in lingua Sioux), come lui stesso ha modificato il suo soprannome dopo aver visto 'Balla coi Lupi', ci arriverà lo stesso nel 1997, dopo un'ultima stagione a Cesena con quattro allenatori, culminata con la retrocessione in Serie C1 della squadra nonostante lui segni 15 reti in campionato.

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  • 'IL BISONTE' DEL GOAL: GLI ANNI DA BOMBER AL BRESCIA

    L'occasione che Dario, 'Il Bisonte' del goal, aspetta da una vita, gliela offre il Brescia nell'estate 1997, quando il bomber di Muggia ha già compiuto 30 anni.

    "Già in C erano campionati duri. Ma quello di Serie B era il calcio vero, professionistico in tutti i sensi. Quando mi chiamarono le Rondinelle - spiegherà -, era un'occasione da non perdere".

    L'esordio nel massimo campionato è fissato il 31 agosto 1997 a San Siro contro l'Inter di Gigi Simoni. Ma Dario, come suo solito, stempera la tensione a modo suo.

    "La notte prima della partita, fino alle quattro di mattina ero attaccato al televisore a seguire l’incidente di Lady Diana - racconterà -. Io il calcio l’ho sempre vissuto con tranquillità, qualunque fosse la partita. Quando c’erano i gran premi di Formula 1, altra mia grande passione, se li facevano alle sei di mattina mica me li perdevo".
    "Dormire poco o mangiare tre chili di carne al giorno non è mai stato un problema. In campo davo sempre tutto e quello bastava, a me e ai miei compagni. Quindi quella notte di fine agosto era un ritiro come tutti gli altri. Ero felice e lo sono rimasto fino all’ingresso in campo: 85mila in uno stadio non li avevo mai visti in vita mia. Uno stimolo spettacolare, non una fonte di difficoltà".

    In quella che doveva essere la giornata di Ronaldo 'Il Fenomeno', altro esordiente nel massimo campionato, Hübner prova a prendersi la scena nella 'Scala' del calcio. Al 73' il giovane Pirlo lo pesca in piena area con un lancio dei suoi, 'Tatanka' è girato di spalle e si accorge che il suo marcatore, Galante, è distante.

    Così in una frazione di secondo, spalle alla porta stoppa con la coscia destra, si gira e prima che il centrale nerazzurro possa intervenire ha già calciato il pallone all'incrocio dei pali con il piede mancino.

    Un goal spettacolare, il suo, che ammutolisce San Siro, prima che Recoba con due prodezze da fuoriclasse ribalti il risultato e regali i 3 punti in palio ai milanesi.

    "Poi si è svegliato Recoba e vabbè - dirà -, l’Inter vinse 2-1. Ma la soddisfazione resta, ero contento perché sapevo di aver finalizzato il lavoro dei miei compagni. Devo sempre ringraziare loro se ho segnato così tanti goal".

    Il 13 settembre'Il Bisonte' si supera, rifilando una tripletta alla Sampdoria di Menotti. È sicuramente il trascinatore del Brescia, a fine anno i suoi goal saranno 16, ma non basteranno a salvare la squadra lombarda, che così retrocede in Serie B. Anche in cadetteria Dario continua a segnare caterve di goal, 21 per due anni consecutivi, e nel 1999/00 ottiene la promozione in Serie A sotto la guida di Nedo Sonetti, che di lui dirà:

    "Che peccato averlo lasciato in B per una vita!".

    Hübner torna nel massimo campionato e riparte da dove aveva interrotto: segnando tanti goal. Accanto a Roberto Baggio firma 17 reti in 31 gare nel 2000/01.

    "Pensavamo fosse uno dei soliti scherzi del presidente, invece dopo tre giorni è arrivato Roberto. È stata la seconda volta in cui mi sono emozionato da calciatore, la prima fu quando venne ad allenarci a Cesena Azeglio Vicini, tre anni dopo Italia '90. Baggio aveva 35 anni e molti acciacchi alle spalle. Poteva farti vincere una partita in ogni momento, ma non era più quello di prima".

    Su Pirlo, invece, 'Il Bisonte' assicura:

    "Con Andrea ero duro solo nelle partitelle, perché volevo vincere mentre lui perdeva palla a centrocampo per fare certi giochetti, e beccavamo il goal. Ma era un fenomeno, educatissimo, il più forte con cui abbia mai giocato".

    In Serie A il Brescia di Carlo Mazzone, con Baggio e Hübner in attacco (con l'albanese Igli Tare come punta di scorta), si classifica 8°, miglior piazzamento di sempre della sua storia, e si qualifica per la Coppa Intertoto.

    Inoltre raggiunge i quarti di finale di Coppa Italia, competizione in cui 'Il Bisonte' realizza altri 7 goal (uno in meno del capocannoniere Schwoch), fra cui una spettacolare doppietta a Torino per eliminare la Juventus nel ritorno degli ottavi, gara in cui, dopo lo 0-0 del match di andata, risponde al vantaggio iniziale dei bianconeri con Antonio Conte.

    In totale sono così 24 le reti stagionali di 'Tatanka', che si conferma una volta ancora fra i grandi attaccanti del calcio italiano, tanto da far scomodare anche Fabio Capello, uno che non elargisce facilmente complimenti e che quell'anno, alla guida della Roma, vince uno storico Scudetto.

    "Hubner è tra i primi 3-4 attaccanti d'Italia da 10 anni - afferma il tecnico friulano -, ha la cattiveria del grande goleador, si muove da vero centravanti".

    Con quella stagione monstre si chiude l'esperienza di Hübner al Brescia, un binomio che in quattro anni aveva fruttato alla punta triestina 85 goal in 145 partite fra Serie A, Serie B e Coppa Italia.

  • I VIZI: LE SIGARETTE E I GRAPPINI

    "Senza grappa e sigarette Hübner sarebbe il più forte di tutti", dichiara il presidente del Brescia Gino Corioni in quell'annata magica 2000/01. Una frase destinata a passare alla storia.

    "Ma no dai, non credo che il fumo mi abbia condizionato - replicherà il bomber operaio anni dopo in un'intervista a 'gianlucadimarzio.com' -. Se uno fa sport dalla mattina alla sera, i polmoni fanno presto a liberarsi".

    Fin dai tempi di Cesena si diffondono del resto su Hübner voci e leggende, anche troppe, sui vizi che il bomber operaio si concede nonostante sia diventato un calciatore professionista. Ma Dario, che aveva iniziato con le sigarette a 14 anni assieme alla sorella, a differenza di altri, non si è mai nascosto, ammettendo di essere un fumatore e di concedersi ogni tanto qualche grappino anche quando giocava ed era il pericolo numero uno delle difese avversarie.

    "Quando fumavo era alla luce del sole- dirà in un'intervista al 'Corriere della Sera' -. In ritiro il mio beauty era pieno di accendini dei compagni: li compravano, fumavano dal sabato mattina alla domenica prima della partita e poi basta. Non lo facevano sapere nemmeno alle mogli, volevano salvare la loro immagine. Ma di cosa bisognava vergognarsi?".
    "Io prima di scendere in campo nel sottopassaggio fumavo sempre. Giusto qualche tiro eh, mica tutta la sigaretta. Anche tra primo e secondo tempo, mi stemperava e mi rilassava. Ognuno aveva il suo: chi si faceva i massaggi, chi beveva sali minerali, io andavo in bagno e accendevo. Gli allenatori si lamentavano? No, sapevano che ero fatto così. Anche il grappino mi piace, ma mica arrivavo ubriaco alle partite".
    "Da ragazzo bevevo gli amari- racconterà a 'La Gazzetta dello Sport' -, poi il medico sociale della Pievigina mi ha detto che erano veleno. Allora mi son dato all’acquavite barricata".
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  • Dario HubnerGetty

    IL PIACENZA E IL TITOLO DI CAPOCANNONIERE DELLA A

    Resosi conto che i programmi del Brescia erano cambiati, nell'estate 2001 Hübner, declinata una ricca offerta dal Leeds United, pronto a ricoprirlo di sterline per giocare in Premier League, fa una scelta di vita: per amore di sua moglie Rosa decide di giocare vicino a casa, alla sua Crema, e si trasferisce al Piacenza, squadra in cui Walter Alfredo Novellino è pronto a farne il terminale offensivo della provinciale terribile.

    In un attacco che vede al suo servizio Paolo Poggi e sulle fasce due giocatori offensivi come Eusebio Di Francesco e Carmine Gautieri, 'Il Bisonte' si esalta e realizza 24 goal in 34 presenze, stavolta tutte in campionato, laureandosi a 35 anni il più vecchio capocannoniere di sempre della Serie A a pari merito con il francese David Trezeguet.

    "Ho trovato una squadra che giocava per me, di rimessa. Non mi sentivo a mio agio, di più".

    Il primato di vincitore più anziano del titolo di capocannoniere della Serie A gli sarà tolto soltanto nel 2015 da Luca Toni, lo stesso centravanti che lo aveva rimpiazzato al Brescia, capace di affermarsi all'età di 38 anni con il Verona.

    Le reti di Hübner sono determinanti per la salvezza della squadra emiliana. Il 2002/03 è però meno fortunato: il bomber mette a referto altre 14 reti, diventando con 38 centri personali il miglior bomber di sempre del club in Serie A, ma stavolta non può evitare la retrocessione in Serie B della squadra guidata prima da Agostinelli e poi da Gigi Cagni.

    Sarà anche l'ultima stagione da urlo di 'Tatanka', il re dei bomber di provincia, che continuerà comunque a calcare i campi da calcio militando e segnando fin oltre i 40 anni nelle Serie minori.

  • LA TOURNÉE ESTIVA COL MILAN E GLI ULTIMI ANNI

    Nel maggio del 2002 per Dario, nonostante la retrocessione del Piacenza, arriva la gratificazione di una carriera: lo chiama infatti il Milan, che lo vuole con sé per una tournée negli Stati Uniti.

    "Quando Vanni Pozzuolo, il mio procuratore, mi disse che avrei iniziato la tournée americana col Milan, non stavo più nella pelle - rivelerà in un post su Instagram -. Non credevo alle mie orecchie, fu una sensazione bellissima, tra le migliori della mia vita. Mi allenai prima a Milanello, provando sempre brividi lungo la schiena al solo pensiero di aver calcato lo stesso prato di campioni come Gullit, Van Basten, Maldini e Shevchenko, poi negli USA. Anche se, conclusa l'esperienza, non rimasi in rossonero, quei giorni lì li porto sempre dentro di me".
    "Non capisco come, al giorno d’oggi, ci siano giocatori che hanno la fortuna di giocare in un club glorioso come il Milan, e non se ne rendano sufficientemente conto. Non mi spiegherò mai come si possano accantonare certi valori e passioni a favore di meri interessi personali. Sarà, forse, che il calcio di oggi è tanto diverso dal mio".

    'Il Bisonte' resta per 12 giorni complessivi negli Stati Uniti con la squadra rossonera, disputando le amichevoli contro Ecuador, New York Metrostars e Messico. Ai microfoni di 'gianlucadimarzio.com', smentirà anche la bufala che il motivo della sua mancata conferma nel Milan sia stato l'essere stato sorpreso con sigaretta e birra all'interno dello spogliatoio.

    "Che mi sia bruciato le mie carte perché bevevo birra e fumavo in spogliatoio, quella è un’altra bufala. In prova al Milan, solo un deficiente lo farebbe. La tournée estiva con il Milan per me è stata un sogno. Mi ricordo alla perfezione quei 12 giorni negli Stati Uniti: la mia stanza fumatori in albergo, le uscite con Zauli, Tonetto e Ambrosini, che era con me già a Cesena. E poi lo shopping americano di Costacurta con la Colombari: quanto avevano speso!".

    Dopo la bella soddisfazione, però, anche per il bomber di Muggia inizia il declino. Nel 2003/04 Dario resta in serie A perché l’Ancona conta su di lui per salvarsi, ma questa volta le cose non vanno per il meglio: 9 presenze senza reti, prima di essere dirottato a gennaio al Perugia, altra squadra che lotta per non retrocedere. Realizzerà 3 reti in 13 gare, insufficienti a salvare gli umbri.

    Il 25 aprile 2004 subentrando a Eusebio Di Francesco, gioca i suoi ultimi 10 minuti di serie A, e un paio di settimane prima, l'11 aprile, al Curi aveva segnato quella che sarà la sua ultima rete nel massimo campionato contro l'Inter, nella sconfitta per 2-3 con i nerazzurri.

    La sua carriera continua nelle Serie minori: indossa le maglie di Mantova (7 goal in 23 presenze in Serie C1), Chiari (7 presenze e 9 goal in Serie D) e Rodengo Saiano (18 presenze e 9 reti, sempre in D). Poi scende di categoria, militando in Eccellenza con i lombardi dell'Orsa Corte Franca per tre stagioni in cui realizza complessivamente 68 goal dai 40 ai 43 anni.

    'Il Bisonte' senza età chiude, per entrare nella leggenda, militando anche in Prima Categoria con il Castel Mella (16 goal in 14 gare) e in Promozione col Cavenago (2 reti in 6 partite), per diventare l’unico giocatore nell’intera storia del calcio italiano ad aver segnato in tutte le Serie, dalla Prima Categoria alla Serie A.

    Non solo: assieme a Igor Protti è anche l'unico calciatore ad aver vinto la classifica cannonieri in Serie A, Serie B e Serie C1. Dice basta nel 2011 a 44 anni suonati. Con un unico rimpianto: non aver mai potuto giocare con la Nazionale italiana.

    "Le mie cinque salvezze in Serie A valgono altrettanti Scudetti per me - affermerà - . L’unica cosa che mi è mancata è assaggiare l’Azzurro".
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  • DA ALLENATORE A PROPRIETARIO DI UN BAR

    Dopo il ritiro ufficiale dal calcio giocato, Hübner continuerà a divertirsi giocando a calcio a 7 con gli amatori nel ruolo di portiere.

    "Quando ero al Brescia e al Piacenza in partitella facevo il portiere, è un ruolo che mi è sempre piaciuto", spiegherà.

    Diventato allenatore, la sua esperienza è breve e si conclude con due esoneri in Eccellenza con il Royale Flore e in Serie D con l'Atletico Montichiari.

    Dopo aver eseguito un cameo nel video musicale della rock band salentina Toromeccanica, lui che da giovane amava i Queen diventa il protagonista del brano "Hübner" del cantautore romano Calcutta, che spiegherà così la sua scelta.

    "Mi ritrovai a rileggere la sua storia, con il gran rifiuto alla Premier League per essere più vicino alla moglie che stava a Crema. Questo brano vuole essere il mio personale tributo a una persona di valore e spessore".

    Dario, molto amato in tutta la penisola per l'umiltà che non ha mai perso, simbolo di un calcio romantico ormai scomparso, pubblicherà anche un'autobiografia, "Mi chiamavano Tatanka", scritta a quattro mani assieme al giornalista Tiziano Marino. Sua moglie Rosa gli ha dato due figli, Michela e Marco.

    "Oggi vivo a Passarera, vicino a Crema, in una cascina ristrutturata, sono un felice pensionato e sono direttore tecnico dell’Accademia Lori,una squadra di ragazzi diversamente abili. È un progetto che seguo assieme all’ex presidente del Mantova da circa cinque anni, fino al 2021 ero il loro allenatore. Giochiamo in un campionato dedicato, si chiama Quarta Categoria (oggi Secondo livello, ndc), e giriamo Lombardia e Veneto. Un’esperienza bellissima ed arricchente. Chi gioca lo fa perché gli piace. Mi diverto moltissimo e per ora faccio questo".

    Recentemente ha aperto un bar proprio a Passarera che gestisce con suo cognato e coltiva l'orto. Fra le sue grandi passioni, oltre al calcio, ci sono la pesca nel fiume Adda e le gite nei boschi a raccogliere funghi, come testimoniano le foto che pubblica sul suo profilo Instagram ufficiale.

    L'unica concessione alla modernità che 'Tatanka', 'Il Bisonte' da quasi 350 goal segnati fra professionisti e dilettanti, si concede. Fedele ai valori di un tempo che non c'è più.