Dalla gloria allo stigma e all'emarginazione il passo può essere molto breve per un calciatore, quando si fanno le scelte sbagliate. Così, soprattutto quando si è giovani, può capitare un giorno di giocare in Nazionale ed essere considerati dei veri e propri eroi, il giorno dopo di risultare positivi a un controllo antidoping, subire una pesante squalifica e vedere irrimediabilmente compromessa la propria immagine e reputazione.
Questo è quanto accaduto ad Angelo Pagotto, portiere di grande talento, che dopo essere finito sulle prime pagine dei quotidiani sportivi per aver condotto con le sue parate l'Italia U21 di Cesare Maldini al trionfo europeo del 1996, è acquistato dal Milan e ha l'opportunità di misurarsi con una big. Ma la stagione è negativa, poi iniziano gli errori, le frequentazioni sbagliate e compare un demone, la cocaina. Che porta ad una doppia squalifica (ma lui la prima volta si è sempre professato innocente) e alla fine anticipata di una carriera che avrebbe potuto essere ben diversa.
Se per il calciatore i giochi si chiudono troppo presto, è la vita a fare maturare l'uomo Angelo, che scopre possedere dentro di sé tanta resilienza: deve lavorare per guadagnarsi da vivere, si trasferisce in Germania e fa i mestieri più umili, dal pizzaiolo al lavapiatti e all'operaio. Il calcio sembra averlo dimenticato, ma nel 2018/19 ritorna per qualche mese come preparatore dei portieri della Lucchese. Dalla stagione seguente fino ad oggi viene messo sotto contratto dall'Avellino, club per cui lavora ancora oggi.
