Pubblicità
Pubblicità
Pagotto BuffonGetty/GOAL

Angelo Pagotto, il portiere "meglio di Buffon" che ha fatto anche il pizzaiolo in Germania

Pubblicità

Dalla gloria allo stigma e all'emarginazione il passo può essere molto breve per un calciatore, quando si fanno le scelte sbagliate. Così, soprattutto quando si è giovani, può capitare un giorno di giocare in Nazionale ed essere considerati dei veri e propri eroi, il giorno dopo di risultare positivi a un controllo antidoping, subire una pesante squalifica e vedere irrimediabilmente compromessa la propria immagine e reputazione.

Questo è quanto accaduto ad Angelo Pagotto, portiere di grande talento, che dopo essere finito sulle prime pagine dei quotidiani sportivi per aver condotto con le sue parate l'Italia U21 di Cesare Maldini al trionfo europeo del 1996, è acquistato dal Milan e ha l'opportunità di misurarsi con una big. Ma la stagione è negativa, poi iniziano gli errori, le frequentazioni sbagliate e compare un demone, la cocaina. Che porta ad una doppia squalifica (ma lui la prima volta si è sempre professato innocente) e alla fine anticipata di una carriera che avrebbe potuto essere ben diversa.

Se per il calciatore i giochi si chiudono troppo presto, è la vita a fare maturare l'uomo Angelo, che scopre possedere dentro di sé tanta resilienza: deve lavorare per guadagnarsi da vivere, si trasferisce in Germania e fa i mestieri più umili, dal pizzaiolo al lavapiatti e all'operaio. Il calcio sembra averlo dimenticato, ma nel 2018/19 ritorna per qualche mese come preparatore dei portieri della Lucchese. Dalla stagione seguente fino ad oggi viene messo sotto contratto dall'Avellino, club per cui lavora ancora oggi.

  • IL NAPOLI, IL "NO" ALLA JUVE E LA SAMPDORIA

    Angelo Pagotto nasce a Verbania, in Piemonte, sul Lago Maggiore, il 21 novembre 1973. Si forma calcisticamente come portiere nelle Giovanili della squadra della sua città, il Verbania, e fin da bambino dimostra di avere grande talento fra i pali. Viene così notato da alcuni osservatori del Napoli, che decidono di portarlo nel club partenopeo a fine anni Ottanta.

    In squadra con Fabio Cannavaro e Gaetano De Rosa vince uno Scudetto Allievi nel 1989/90. Nel 1992 è aggregato alla Primavera azzurra e ne diventa presto il titolare. Dopo un anno si ritrova già in Prima squadra, con Marcello Lippi in panchina. Per testarne i mezzi nella stagione 1994/95 è ceduto alla Pistoiese in Serie C1.

    Nella formazione toscana allenata da Roberto Clagluna l'estremo difensore piemontese non solo si dimostra all'altezza della situazione, ma è per rendimento uno dei migliori portieri del torneo. Con le sue parate contribuisce alla promozione in Serie B degli Arancioni.

    Già nell'estate del 1995 il suo nome è sul taccuino di grandi club. Lippi, che nel frattempo è passato alla Juventus e ha aperto un ciclo vincente con i bianconeri, si ricorda del giovane estremo difensore e lo vorrebbe con sé a Torino. 

    "Stavo dormendo - racconterà anni dopo -, sento il telefono e tra sonno e veglia rispondo. 'Sono Moggi'. Io riattacco dicendo: 'Non mi prendete in giro'. Richiama e dice di nuovo di essere lui, ho dovuto credergli. Mi voleva portare alla Juve".

    Arriva la chiamata di Luciano Moggi, ma Pagotto dice di no. È troppo presto, a suo giudizio, per fare un simile passo. In futuro se ne pentirà:

    "Col senno di poi forse sarebbe stato meglio andarci - ammetterà Angelo - . Io e il mio procuratore facemmo varie valutazioni: l’alternativa era la Samp, Zenga era a fine carriera e avrei avuto più spazio, alla Juve mi sarei dovuto sudare il posto. Ma dopo il no a Moggi, si chiusero tutte le porte".

    Il ragazzo si accorda con la Sampdoria e il 28 agosto del 1995 fa il suo esordio in Serie A contro la Roma (1-1). Inizialmente il giovane portiere si alterna fra i pali con Zenga, poi, quando quest'ultimo si fa male, diventa il titolare dei blucerchiati. Per lui è una stagione decisamente positiva, con 24 presenze in campionato, nonostante il ritorno dell'esperto rivale e alcuni errori lo releghino in panchina negli ultimi mesi. Tutti si aspettano che presto Pagotto approdi in una grande squadra.

  • Pubblicità
  • EROE CON L'ITALIA U21: "MEGLIO DI BUFFON"

    Ma il suo meglio, in un'annata per lui magica, Pagotto lo dà in Nazionale: è infatti lui il titolare dell'Italia U21 di Cesare Maldini che a Barcellona il 31 maggio 1996 si gioca il titolo europeo di categoria contro i pari età della Spagna. Come riserva ha un appena diciottenne Gigi Buffon.

    Dopo un girone di qualificazione non semplice, e pur privi di due dei suoi giocatori più rappresentativi Christian Vieri e Pippo Inzaghi, entrambi infortunati, gli Azzurrini riescono ad eliminare il Portogallo ai quarti e la Francia in semifinale (senza anche Fabio Cannavaro e Nesta) con un goal di un certo Francesco Totti che estromette i Bleus del Ct. Domenech, di Vieira, Pires e Wiltord.

    Per la finalissima Maldini ritrova i due pilastri della difesa, e davanti a Pagotto schiera una linea maginot a 5 che si rivelerà invalicabile per le Furie Rosse, composta da Panucci, Galante, Fresi, Cannavaro e Nesta. Gli Azzurrini trovano il vantaggio con un autogoal di autorete di Idiakez su colpo di testa di Totti, ma vengono raggiunti con un calcio di punizione trasformato da Raúl, sul quale il portiere della Sampdoria può far poco.

    Poi il risultato non cambia più fino ai supplementari, ma l'Italia resta in 10 nella ripresa per la discutibile espulsione di Amoruso per doppia ammonizione, e in 9 nei supplementari per un rosso sventolato ad Ametrano. Maldini richiama Totti e lancia Morfeo, disponendo la squadra con un 5-4-0 che, anche grazie alle parate di Pagotto, porta la partita ai calci di rigore.

    Qui il portiere della Sampdoria sale in cattedra e diventa 'l'eroe di Barcellona': dopo l'errore di Panucci, parail penalty di De la Peña, quindi, decide di fatto la sfida neutralizzando in due tempi l'ultimo rigore calciato dalla stella avversaria Raúl.

    "Cercavo di capire chi avevo davanti, - spiega in un'intervista del 2019 a 'gianlucadimarzio.com' - entravo in empatia e facevo i miei ragionamenti psicologici. Sui singoli rigori è più difficile, ma su una serie mi sentivo sempre più sicuro. E andava quasi sempre bene".

    Morfeo non sbaglia, l'Italia U21 va sul tetto d'Europa per la terza volta consecutiva e Pagotto si guadagna tutte le prime pagine dei giornali sportivi. In tanti lo considerano in quel momento, senza esitazioni, "meglio di Buffon".

    "Ancora oggi - rivelerà - faccio fatica a credere di aver vissuto quel momento".
    "In quel periodo Gigi non era ancora quello che è diventato poi - ha ricordato in un’intervista recente a 'La Gazzetta dello Sport' -. Aveva qualche anno in meno, preferirono me. Ma io e lui eravamo i predestinati, i portieri più forti del momento".

    Nonostante la prestazione di Barcellona, Pagotto non è convocato da Maldini per le Olimpiadi di Atlanta, spedizione nella quale gli sono preferiti il fuoriquota Pagliuca e Buffon.

  • Pubblicità
    Pubblicità
  • L'APPRODO AL MILAN E IL GRANDE FLOP

    Per il calciatore piemontese sembra comunque l'inizio di una grande carriera, tant'è che in estate, dopo un matrimonio alle Bahamas con la prima moglie, arriva la chiamata del Milan. I rossoneri lo vogliono per fare il vice Sebastiano Rossi e questa volta Angelo non se la sente di dire di no. La stagione dei rossoneri, sulla cui panchina approda Oscar Washington Tabarez, sarà tuttavia deludente. 

    "In estate mi chiamò il Milan. - racconterà - Avrei dovuto capire che era troppo presto per fare quel passo. L’anno prima avevo avuto la forza di rifiutare la chiamata di Moggi alla Juve, quell’estate invece ascoltai i consigli del mio procuratore. E fu un disastro".
    "Ero acerbo per giocare in una squadra come il Milan,- confermerà ai microfoni di 'Sky Sport' - a Baresi davo del lei".
    "Milano - aggiungerà in un'intervista del 2021 a 'La Gazzetta dello Sport' - era una città fredda e il club era ancora più freddo".
    "Feci panchina per mesi, poi Sacchi, subentrato a Tabarez, mi diede una possibilità viste le incertezze di Rossi. All’inizio andò bene, poi tornai a sedere dopo una sconfitta contro il Parma".

    Il tecnico uruguayano è esonerato il 1° dicembre e il ritorno di Sacchi apre insperate possibilità per Pagotto, che si ritrova titolare dei rossoneri dopo alcuni gravi errori commessi dal veterano Rossi. L'occasione per il classe 1973 è ghiotta per dimostrare il suo valore, ma si ritrova schiacciato da responsabilità probabilmente eccessive.

    "Rossi aveva problemi familiari e iniziò a steccare più di una partita. Mi buttarono dentro e finii per tappargli i buchi - ricorderà il portiere piemontese -. Lo spogliatoio del Milan 1996-97 si riassumeva in un volto: Baresi, comandava dentro e fuori. Io ero più amico dei francesi che degli italiani. C’era anche Maldini con me, ma in quegli anni non era il capitano che hanno conosciuto tutti. Fortissimo tecnicamente, ma caratterialmente acerbo".

    Dopo qualche gara con Rossi di nuovo titolare, Pagotto fa comunque il suo quando entusiasma al torneo di Amsterdam del 27 gennaio 1997 contro Ajax, Liverpool e Glasgow Rangers. È votato miglior portiere, così Sacchi lo ripropone dal 1' in campionato contro la Sampdoria.

    Pagotto potrebbe prendersi il Milan e invece incappa in un pomeriggio no che segna la svolta negativa della sua carriera: prima, pressato da Montella, perde palla nel tentativo di controllarla con i piedi, e viene beffato da Mancini. Poi è mal piazzato su un calcio di punizione dello specialista Mihajlovic. Il Diavolo perde 2-3 a San Siro, il giovane portiere sale sul banco degli imputati e da quel momento vedrà il campo solo in 5 occasioni fino al termine della stagione.

    "Il destino mi punì - dirà a 'gianlucadimarzio.com -. Non ero pronto per quel contesto. Per rendere avevo bisogno di un clima familiare, come quelli di Pistoia e di Genova”.

    Il Milan chiude all'11° posto in quella che rappresenta la peggior stagione dell'era Berlusconi, ben lontano dalla zona europea. Pagotto, che colleziona 11 presenze complessive (9 in Serie A, 2 in Coppa Italia) è bocciato sul piano temperamentale e non viene confermato nella stagione successiva.

  • LA DISCESA, LA COCAINA E I GUAI

    Sulla panchina dei rossoneri torna Fabio Capello e Pagotto è girato in prestito all'Empoli. In Toscana però non brilla e dopo 4 presenze in A è scalzato da Roccati, l'anno precedente riserva al Ravenna in Serie B. Angelo fatica a ritrovarsi e a gennaio è scambiato con il serbo Kocic, finendo al Perugia in serie B.

    In Umbria il portiere piemontese trova la forza di reagire e rispondere ai suoi detrattori, dando un apporto importante alla promozione della squadra di Castagner, subentrato in corsa a Perotti, giunta attraverso uno spareggio con il Torino, vinto ai rigori.

    Nel 1998/99 parte titolare anche in Serie A, ma i guai sono dietro l'angolo. L'esordio è contro la forte Juventus di Lippi, che al Curi si impone con un rocambolesco 3-4. Per il vulcanico patron Gaucci un risultato non limpido.

    "Pioveva a dirotto, sia io che Peruzzi commettemmo degli errori. - ricorda Angelo a 'gianlucadimarzio.com' - Gaucci disse che mi ero venduto la partita. Alessandro Moggi era il mio procuratore, nella sua testa avevo fatto un favore al padre. Mise in mezzo anche Tovalieri. Chiese a Castagner di escluderci. E il mister lo assecondò".

    Pagotto viene così relegato in panchina, con Roccati, che, giunto in Umbria, ne prende nuovamente il posto. Colleziona comunque 7 presenze, prima di essere mandato in prestito alla Reggiana in Serie B. Per Pagotto inizia un'altalena che lo porta a perdere fiducia in se stesso e a commettere errori che pagherà a caro prezzo. 

    Con gli emiliani retrocede in Serie C1, poi fa ritorno al Perugia nella stagione 1999/00. Per lui è l'annus horribilis. Riserva di Mazzantini con Mazzone, è in panchina quando il 20 novembre è sorteggiato per l'antidoping assieme a Nakata. A gennaio l'esito delle analisi lascia tutti sgomenti: positività alla cocaina.

    La vita sportiva e privata del portiere piemontese non sarà più la stessa. Il Perugia lo scarica subito, licenziandolo per giusta causa, e Pagotto è squalificato per 2 anni. Ma sussistono pesanti sospetti di uno scambio di provette.

    "Pensai subito a un errore. Non avevo mai avuto lontanamente a che fare con certe sostanze.- dirà a 'gianlucadimarzio.com' - La magistratura aprì un’indagine. Fu appurato che il controllo era stato fatto senza le dovute norme di sicurezza. Un inquirente mi disse testualmente che aveva capito che era stato commesso un reato ma non c’era la pistola fumante".
    "Fui licenziato dal Perugia per giusta causa. Persi un contratto importante e la reputazione. Io so la verità e questo mi basta. Quando ho sbagliato, l’ho ammesso. Ma quella volta ero innocente e lo ripeterò fino alla morte. Fui analizzato anche nelle settimane precedenti e in quelle successive. Solo quella volta i valori erano sballati".

    Anche la vita privata va a rotoli.La prima moglie, quella sposata alle Bahamas, chiede il divorzio. Subentra un periodo di depressione. Gli resta accanto solo la madre:

    "Tutti spariti - racconterà l'ex portiere a 'La Gazzetta dello Sport' -. Non erano più amici. Ho passato due anni in Liguria con mia madre nell’hotel che avevamo aperto. Lei mi credeva. C’erano giorni in cui non riuscivo ad alzarmi dal letto alternati a serate passate in discoteca. Avevo iniziato una vita sregolata. Quando mi sono reso conto che la situazione mi stava sfuggendo di mano, mi sono guardato allo specchio e mi sono dato una mossa".
  • Pubblicità
    Pubblicità
  • IL RITORNO E LE ACCUSE DI COMBINE

    Nonostante si sia sempre professato innocente, Pagotto deve scontare quasi tutta la squalifica. Terminata la sanzione sportiva, nel 2001 riparte dalla Triestina, in Serie C1. Con gli alabardati torna a giocare ad alti livelli e dà un contributo importante alla promozione della squadra in Serie B dopo 11 anni.

    "Ma su ogni campo me ne dicevano di tutti i colori. - sottolinea a 'Sky' -Ho superato un divorzio, sono stato anche in cura da uno psicologo perché ero a pezzi, e poi con le mie mani ne sono uscito".

    Resta anche in Serie B, quando nuovi sospetti nei suoi confronti portano a una rottura con il club giuliano.

    "Vincemmo il campionato e la stagione successiva chiudemmo primi il girone di andata - racconterà -. Poi iniziammo a perdere e il presidente Berti, tanto per cambiare, dette la colpa a me. Disse che mi vendevo le partite. Avrebbe dovuto guardare più attentamente cosa succedeva in quella squadra, chi tirava indietro e chi dava l’anima. Io lo denunciai. Avevo già un’etichetta che non meritavo, un’altra non potevo sopportarla. Rescissi il contratto, rinunciando ai soldi ma non alla dignità".

    Il calvario sportivo di Pagotto riparte da Arezzo: nuova promozione dalla C1 alla B e un'ulteriore stagione fra i cadetti. Quindi una parentesi al Torino (2 presenze in Coppa Italia) con approdo in Serie A senza mai giocare in campionato e 6 mesi al Grosseto, dove è allenato da Allegri e Cuccureddu e conosce Carolina, che diventerà la sua seconda moglie e gli darà due figli. Poi finisce al Crotone, in Serie B.

  • LA SECONDA SQUALIFICA E LA FINE DEI SOGNI

    Il 28 aprile 2007, dopo la partita persa con lo Spezia, Pagotto è nuovamente sorteggiato per l'antidoping. Per la seconda volta nella sua carriera dalle sue urine emerge la positività alla cocaina. Il mondo crolla addosso al portiere, che tuttavia questa volta ammette di aver sbagliato tutto. Di aver frequentato le persone sbagliate e di aver ceduto.

    "Mentre riempivo quella provetta non pensavo alla cazzata che avevo fatto - farà sapere -. Uscivo con ragazzi che giravano con le pistole e mi facevano sentire uno di famiglia. Sono stato un coglione. Avevo sniffato più di dieci giorni prima, non valutando le conseguenze di quella follia. E pagherò quei secondi tutta la vita".

    La Procura antidoping del CONI chiede la squalifica a vita per recidività, Pagotto confessa le proprie colpe nell'audizione che si tiene il 30 luglio seguente e viene squalificato 8 anni.La sua carriera (in quel momento ha 33 anni) è praticamente finita. Viene aggiunto qualche mese ulteriore perché Angelo è sorpreso allenare in segreto i portieri della Sanremese.

    Ma ancor più gravi sono le conseguenze a livello di vita privata e dei suoi affetti.

    "Ho tradito me stesso e chi credeva in me: mia mamma mi ha creduto sempre. Poi dopo quel maledetto errore del 2007 è stato tutto più difficile anche con lei".
  • Pubblicità
    Pubblicità
  • LA SECONDA VITA IN GERMANIA: PIZZAIOLO, LAVAPIATTI E OPERAIO

    Il mondo del calcio lo emargina e non lo vuole più. Angelo, che deve scontare una pesante squalifica, decide di trasferirsi in Germania, dove si reinventa facendo i lavori più umili: fa il pizzaiolo e il cuoco, e presenta domanda per un concorso da vigile urbano. Rientrato in Italia, fa anche il magazziniere in Toscana.

    "Da quando ho dovuto smettere col calcio, mi sono rimboccato le maniche. Ho fatto il cuoco, il pizzaiolo, sono andato in Germania. Ho lavorato di giorno e di notte, lavando piatti e riprendendo in mano la mia vita. Sono ancora in piedi. Oggi (nel 2019, ndr) faccio 7 ore al giorno come magazziniere di un'azienda di vestiti a Prato".

    La cocaina e le cattive compagnie sono solo un brutto ricordo, Angelo si rifà una vita, trovando anche il tempo per divertirsi in campo.

    "Gioco anche un torneo amatoriale, che si chiama Intersociale. - racconterà a 'gianlucadimarzio.com' nel 2019 - Ho ritrovato qualche vecchio compagno e giovani accaniti. Vado in palestra ogni giorno per farmi trovare pronto. Ci tengo a non fare brutte figure. Non fumo, bevo un bicchiere ogni tanto e curo l’alimentazione".
  • IL RITORNO NEL CALCIO DA PREPARATORE DEI PORTIERI

    Anche il mondo del calcio professionistico, che lo aveva dimenticato e messo da parte dopo la fine della squalifica nel 2015, ritorna la sua quotidianità nel 2019.

    È la Lucchese, vicina al fallimento, che nel mese di marzo lo chiama per fare il preparatore dei portieri in Serie C. Pur non ricevendo alcuna remunerazione, e svolgendo il lavoro gratis, quei pochi mesi sono utili a rilanciarlo nel giro.

    Ad agosto, infatti, l'Avellino gli offre un contratto da preparatore dei portieri. Pagotto dimostra il suo valore e ricopre questo ruolo ancora oggi, in questo caso regolarmente pagato. Dopo una carriera e una vita da film, Angelo con l'impegno e il lavoro su se stesso è riuscito a conseguire il suo obiettivo: tornare in quello che era il suo Mondo.

  • Pubblicità
    Pubblicità
0