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Alberto Piccinini gfxGOAL

Alberto Piccinini, il papà di Sandro che ha vinto 2 Scudetti con la Juventus negli anni Cinquanta

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"Mio padre è stato un grande giocatore della Juventus di Boniperti, campione d’Italia due volte e la Nazionale. Per cui ho iniziato anche io a giocare e sino a quando lui è stato in vita sono rimasto convinto che sarei diventato un calciatore professionista" - Sandro Piccinini

Sandro, suo figlio, è un affermato e apprezzato telecronista calcistico. L'artefice di espressioni entrate nel cuore di ogni tifoso come "Prova la bomba, non va!", "Sciabolata morbida/tesa/disperata/classica", " 'cccezzionale!", "Incredibile!", "Proprio lui", "Mucchio selvaggio" e molte altre.

Non tutti sanno però che Alberto Piccinini, il papà di Sandro, è stato un calciatore di successo che negli anni Cinquanta del secolo scorso ha vinto 2 Scudetti con la maglia della Juventus.

Mediano di grande intelligenza tattica, visione di gioco e palleggio, particolarmente abile nei passaggi, ha composto con Mari e Parola una linea mediana leggendaria in bianconero, e negli anni di maggior successo ha indossato per 5 volte anche la maglia azzurra della Nazionale italiana. È scomparso a soli 49 anni, nel 1972, per un male incurabile.

  • DAGLI ESORDI A UOMO CHIAVE DEL 'VIANEMA'

    Nato a Roma il 25 gennaio 1923, "in mezzo al campo Testaccio", come dirà lui, che frequenterà fin dalla tenera età, Alberto Piccinini inizia il suo percorso calcistico nelle Giovanili giallorosse, e agli inizi degli Anni Quaranta fa esperienza nelle squadre minori della capitale militando nel Littorio e nell'Avia.

    Durante la Seconda Guerra mondiale anche il calcio si ferma, e Alberto passa alla Roma dove colleziona 14 presenze nel Campionato romano di guerra. Il club capitolino però commette l'errore di non credere in lui, e di lasciarlo partire quando, concluso il conflitto mondiale, il pallone riprende a rotolare per la penisola nei Campionati nazionali.

    Alberto scende di categoria, in Serie B, venendo ingaggiato dalla Salernitana per 200 mila Lire. Con i campani resta tre stagioni, le prime due da comprimario, la terza, dopo la promozione in Serie A dei granata, da grande protagonista. Decisivo per la sua carriera calcistica si rivela infatti l'incontro con un giovane allenatore italiano, Gipo Viani. Con una squadra che ha come obiettivo la salvezza, Viani inventa un modulo tattico originario, una revisione del Sistema, proprio approfittando delle caratteristiche di Piccinini.

    Mandato in campo con il numero 9, con grande sorpresa degli avversari, in un'epoca in cui i numeri identificano chiaramente il ruolo, Alberto non agisce da centravanti come tutti si aspetterebbero, ma fa da raccordo fra attacco e difesa e dalla mediana, quando gli avversari attaccano, segue in marcatura l'attaccante avversario, permettendo allo stopper Buzzegoli, di agire da "libero", ovvero di spazzare l'area esente da compiti di marcatura e in fase di possesso di avviare l'azione per la propria squadra.

    È il cosiddetto 'Vianema', il sistema di gioco da cui nascerà 'il catenaccio all'italiana'.Nonostante l'accorgimento tattico, e l'abilità di Piccinini, la Salernitana non ottiene la salvezza per un solo punto e al termine della stagione 1947/48 retrocede in Serie B.

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  • IL PALERMO E I SUCCESSI CON LA JUVENTUS

    Nonostante la retrocessione di un soffio della Salernitana, Piccinini si merita la chiamata del Palermo e approda nel 1948/49 in Sicilia, dove è allenato da Varglien II, ex protagonista dei cinque Scudetti consecutivi della Juventus negli anni Trenta.

    Con lui Alberto si conferma fra i migliori giocatori italiani nel ruolo di mediano, collezionando 36 presenze in Serie A con i rosanero, che a fine stagione ottengono un buon piazzamento all'11° posto nell'anno che sconvolge il calcio italiano con la Tragedia di Superga che segna la drammatica fine del Grande Torino, la squadra che aveva dominato un'epoca.

    In quello che rappresenterà l'anno zero per il calcio italiano, il 1949, Piccinini si guadagna la grande occasione, il salto in una grande squadra, la Juventus del presidente Gianni Agnelli, desiderosa di tornare al successo dopo i fasti degli anni Trenta. A consigliarlo alla Vecchia Signora è proprio Varglien e Alberto non deluderà le attese.

    Piccinini si esprime ad alti livelli in una linea mediana che farà la storia, composta, oltre a lui, da Giacomo Mari e Carlo Parola, una vera diga a protezione dell'attacco atomico composto dalle due mezzali, gli stranieri Rinaldo Martino e John Hansen, dal centravanti Giampiero Boniperti e dalle due ali d'attacco, Ermes Muccinelli a destra e Karl Aage Praest a sinistra.

    Ne nasce quella che per molti tifosi juventini e per lo stesso Boniperti è stata "la Juventus più bella di sempre", capace di segnare 100 goalin 38 giornate, di vincere la concorrenza del Milan del Gre-No-Lie di riportare in bianconero lo Scudetto dopo 15 anni (8° titolo della Vecchia Signora).

    Nel gioco a zona di Carver Piccinini è un po' il motore e l'ago della bilancia della potente macchina:se il compagno di linea Mari ha prevalentemente compiti difensivi, di contrasto dell'avversario e di recupero palla, Alberto invece è colui che imposta il gioco, con passaggi calibrati e precisi, e che, pur mettendo in campo grinta e sapienza tattica, ogni tanto può concedersi qualche finezza.

    "Penso di poter essere ricordato per la precisione dei passaggi - diràa 'Hurrà Juventus' nell'aprile 1967 -. Carlin una volta scrisse di me che io ero il giocatore che sbagliava solo tre passaggi in un campionato".

    Nella stagione magica 1949-50 il mediano bianconero colleziona 32 presenze e i suoi primi e unici 2 goal nel massimo campionato. Il primo lo realizza alla 3ª giornata al Comunale nel rotondo 4-0 inferto al Bari, ma è il secondo ad essere particolarmente importante.

    È il 13 novembre 1949, quando, sul punteggio di 2-2, Piccinini decide le sorti del Derby d'Italia al Comunale consegnando ai suoi la vittoria al termine di una epica rimonta.

    La Juventus è in testa al campionato con 4 lunghezze sui rivali nerazzurri (solo terzi a fine stagione) ma quella vittoria sarà quella della consapevolezza della propria forza per la squadra di Carver.

    "Eravamo primi in classifica con quattro punti di vantaggio - ricorderà Piccinini a 'Hurrà Juventus' -. Dopo venti minuti l’Inter vinceva per 2-0. Rimontammo 2-2 e a dieci minuti dalla fine realizzai il goal del 3-2".

    Complessivamente Alberto Piccinini gioca con la Juventus 4 stagioni, fino al 1952/53, disputando anchela prestigiosa Copa Rio 1951 (2° posto per i bianconeri alle spalle del Palmeiras) e la Coppa Latina nel 1951/52, ma, soprattutto, vincendo un secondo Scudetto proprio in quella stagione.

    Dopo l'avvio di stagione affidato al duo Combi-Bertolini, sarà l'ungherese György Sárosi a condurre la pattuglia bianconera al titolo. Piccinini, che totalizza 34 presenze, è ancora il motore di una squadra più elegante e meno fisica di quella di due anni prima, capace di riguadagnare lo scettro di Campione d'Italia due anni dopo la prima volta.

    In 4 anni con la Juventus il mediano romano colleziona 104 presenze e 2 goal in Serie A, 112 partite in tutto se si conteggiano anche le 2 gare giocate in Coppa Latina e le 6 nella Coppa Rio.

    "Quelli alla Juventus sono stati gli anni più belli della mia vita - dirà anni dopo il due volte campione d'Italia - ho giocato in bianconero 104 partite di campionato con 2 Scudetti e solo 9 sconfitte".
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  • L'ESPERIENZA CON LA NAZIONALE ITALIANA

    Le brillanti prestazioni in maglia bianconera consentono a Piccinini di indossare anche la maglia azzurra della Nazionale italiana nel periodo post tragedia di Superga. Alberto fa il suo esordio il 30 novembre 1949contro l'Inghilterra al White Hart Lane di Londra, amichevole persa 2-0 dalla squadra guidata da una commissione tecnica presieduta dal presidente del Torino Ferruccio Novo.

    Poi disputa altre 4 partite, una di Coppa Internazionale, contro l'Austria (sconfitta per 1-0) e 3 amichevoli con Belgio, Inghilterra e Svezia, con un bilancio di 3 sconfitte e 2 pareggi. Successivamente, nel 1953, ormai trentenne, veste anche la maglia della Nazionale B contro la Turchia, gara che sarà ricordata per il debutto di Ghezzi fra i pali e in cui è anche il capitano della rappresentativa italiana. Un paio di mesi dopo, però, un grave infortunio al ginocchio lo costringerà al ritiro anticipato dalle scene.

  • L'ADDIO ALLA JUVENTUS, IL MILAN E IL RITIRO PER INFORTUNIO

    Nel 1953, scaduto il suo contratto con la Juventus, per Piccinini si fa avanti il Milan, che lo convince offrendogli uno stipendio superiore a quello proposto dalla Juventus per l'eventuale rinnovo.

    "Se ne pentirà Alberto", lo aveva ammonito l'Avvocato Agnelli prima di congedarsi da lui.

    E difatti in rossonero Alberto non riuscirà ad esprimersi ai suoi livelli, con la scelta di lasciare i bianconeri che si rivelerà a posteriori sbagliata. Dopo un'unica stagione con 19 presenze lascia il club e fa ritorno in Sicilia, al Palermo, scendendo di categoria, in Serie B, nella stagione 1954/55.

    I rosanero potrebbero rappresentare il suo rilancio all'età di 31 anni, ma la sua carriera professionistica si ferma il 2 gennaio 1955 allo Stadio Amsicora di Cagliari. Il mediano che determinò la nascita del 'Vianema' o 'Mezzo Sistema' si infortuna gravemente al ginocchio.

    Fine dei giochi, almeno ad alti livelli, in un periodo in cui la chirurgia non avevo certo acquisito le competenze dei nostri giorni. Alberto Piccinini gioca comunque altri due anni con i Dilettanti della Forza e Coraggio di Avezzano, prima di appendere definitivamente le scarpette al chiodo.

    "Se rinascessi rifarei il giocatore di calcio - confesserà ad 'Hurrà Juventus' nel 1967 -. Forse non commetterei gli stessi errori… Beh, adesso passo dirlo, la mia vita non era sempre la più ligia ai doveri di un calciatore. Eppure due mesi prima dell’incidente di Cagliari, quando schiacciai il ginocchio contro un palo, ero ancora capitano della Nazionale B e andavo ancora forte".
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  • IMPIEGATO ALLA FIAT, LA FAMIGLIA E LA MORTE PRECOCE

    Ritiratosi dal calcio giocato, Alberto Piccinini prova ad intraprendere la carriera da allenatore. Poi però, visti i bassi guadagni, opterà per fare l'impiegato, tornando a Torino alla FIAT, dove l'Avvocato Agnelli è pronto a riabbracciarlo.

    "Avevo allenato il Palermo e per sei mesi il Cosenza- racconterà -. La squadra mi era stata offerta a metà campionato, quando aveva quattro punti in meno della Reggina di Pugliese. Finii il torneo secondo a tre punti di distacco. Insomma, dal mio punto di vista, avevo vinto il campionato. E poi quel diavolo di Pugliese vinceva sempre. Alla mia prima esperienza me la cavai con onore. Ma quando tornai a casa trovai nella cassetta delle lettere l’offerta della FIAT. A Cosenza tergiversavano per il rinnovo del contratto. Non ci pensai due volte e accettai il posto".

    Sposato con Anna Maria Rubini, ha da lei due figli, il primogenito Stefano e il secondogenito Alessandro, che anni dopo tifosi e appassionati impareranno a conoscere come Sandro: diventerà negli anni Novanta uno dei telecronisti e conduttori più apprezzati, lavorando sulle reti 'Mediaset'. Oggi lavora con 'Amazon Prime Video', attraverso cui racconta le partite di Champions.

    Entrambi i figli di Alberto, da piccoli, inseguivano però il sogno di diventare calciatori professionisti come il papà eSandro dimostra fin da bambino una spiccata propensione a quella che sarebbe diventata la sua professione.

    "Mio figlio Alessandro di nove anni, conosce tutte le Nazionali straniere a memoria. Un fenomeno - racconterà Alberto a 'Hurrà Juventus' nel 1967 -! Mio figlio Stefano, di quindici anni, ha un futuro come calciatore. Un fisicaccio… Mi ricorda Ferrario per la maniera come si piazza al centro dell’area e… Ma lasciamo perdere. Per il momento sono fantasie. Pensi che lui voleva fare il portiere. Ma se è nato stopper in tutto e per tutto!".

    Un male incurabile, tuttavia, si porta via prematuramente Alberto Piccinini all'età di 49 anni, il 24 aprile 1972. E per la sua famiglia sarà un duro colpo.

    "Purtroppo a 14 anni ho perso il papà che era la mia guida - racconterà Sandro -. Ho provato a tenere duro, sono arrivato sino agli Allievi della Lazio però poi ho visto che c’era gente davvero più forte di me, anche fisicamente. Mi innamorai pazzamente di Sivori, papà mi portò a conoscerlo, ho tutte le sue maglie. Idolo assoluto".

    Il calcio Sandro non lo giocherà mai ad alti livelli, ma, anche grazie alle espressioni da lui coniate, dopo qualche decennio diventerà uno dei più bravi a raccontarlo e a farlo vivere ai tifosi e agli appassionati.