Capelli ricci al vento, lo sguardo dolce del bravo ragazzo, grandi capacità di corsa e una tecnica sopraffina: Andrea Fortunato era il futuro della Juventus, che lo considerava l'erede di Antonio Cabrini, e della Nazionale azzurra, in cui aveva appena debuttato. Ma il destino, tragico e crudele, era pronto a tendergli il più terribile degli agguati. Proprio quando arriva ai vertici, infatti, si materializza per lui un male incurabile, che, nonostante gli sforzi fatti dai medici e il coraggio dimostrato dal ragazzo, con i suoi effetti lo porterà alla morte a soli 23 anni dopo un anno di dura battaglia.
DALLE GIOVANILI ALL'ESPLOSIONE NEL COMO
La storia di Andrea Fortunato inizia a Salerno il 26 luglio 1971. Fin da piccolo Andrea sviluppa la passione per lo sport, seguendo le orme del fratello maggiore Candido, e si cimenta con il nuoto e la pallanuoto. Il calcio, inizialmente, è per lui solo un'attività ricreativa. Ma durante un'estate è notato da Alberto Massa, tecnico e talent scout, che lo porta con sé alla Giovane Salerno, club dilettantistico locale.
Andrea, che ancora non ha compiuto 13 anni, inizia a girare l'Italia e a fare provini per squadre come Torino, Cesena, Empoli, Napoli e Como. Proprio i lariani, attraverso il loro Direttore sportivo Sandro Vitali e l'allenatore della Primavera, Angelo Massola, restano colpiti dalle qualità del ragazzo e decidono di ingaggiarlo, convinti che Fortunato possa diventare un grande centravanti.
Il giocatore campano inizia la trafila nelle Giovanili del club lariano, ma negli Allievi il suo allenatore Giorgio Rustignoli gli cambia ruolo e lo trasforma prima in centrocampista di sinistra, poi in terzino sinistro. Il 22 ottobre 1989, a 18 anni, c'è l'esordio in Prima squadra, in Serie B, a Pescara. In quella stagione colleziona 16 presenze e si diploma in Ragioneria. Titolo di studio che costituirà per lui un'enorme soddisfazione.
"I miei genitori, che non mi hanno mai ostacolato nelle scelte, - spiegherà - quando sono partito per Como mi hanno chiesto semplicemente di non trascurare gli studi. Promisi, e, natutalmente, mantenni".
Fortunato continua il suo percorso di crescita e l'anno seguente, nel Como di Eugenio Bersellini, che gioca la Serie C1, è un protagonista assoluto. La squadra lariana manca di un soffio la promozione in Serie B, perdendo lo spareggio promozione con il Venezia, ma ormai Fortunato è un talento in rampa di lancio.
L'ANNO AL PISA E LA CONSACRAZIONE CON IL GENOA
Sull'esterno mancino del Como, che gioca anche con la Rappresentativa Serie C Under 21 di Roberto Boninsegna, ci sono gli occhi di molti club importanti. A spuntarla nell'estate del 1991 è il Genoa di Aldo Spinelli, che per lui versa 4 miliardi di Lire nelle casse del club lombardo. A Genova però trova il posto chiuso da un campione come Branco e un diverbio con Maddè, il braccio destro di Osvaldo Bagnoli, gli costa il prestito al Pisa a novembre.
"Io non so se Bagnoli non credesse in me, - confiderà un giorno il giocatore di Salerno - ma forse ho pagato la nomea di arrogante, di testa calda che qualcuno aveva costruito su di me. Comunque devono mangiarsi sassi prima di scalzarmi, in campo darei l'anima anche per mille Lire".
A Pisa Fortunato trova una certa continuità, pur in Serie B, giocando 25 gare prima di far ritorno sotto la Lanterna. Bagnoli e Maddè sono passati all'Inter e alla guida del Grifone c'è Bruno Giorgi, che gli dà fiducia permettendogli di affermarsi ad alti livelli. Il terzino sinistro di Salerno debutta in Serie A il 6 settembre 1992 ed è protagonista di una grande stagione con il terzino destro Christian Panucci. In una stagione non semplice per i liguri, con 3 allenatori che si susseguono alla guida della squadra, gioca 33 partite e segna 3 reti, la più pesante contro il Milan all'ultima giornata, proprio nei minuti finali, che vale il 2-2 e la matematica salvezza per i rossoblù.
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FORTUNATO ALLA JUVENTUS E L'ESORDIO IN NAZIONALE
La Juventus mette nel mirino i due gioielli del Genoa, Panucci e Andrea Fortunato, e prova a portare a Torino entrambi i giocatori. Spinelli però vorrebbe farne partire solo uno e il nome inizialmente individuato è quello di Panucci. L'ex Como è tuttavia molto determinato ad arrivare ai vertici e, approfittando del bisogno di liquidità della società ligure, alla fine ottiene il via libera dal patron genoano.
"Andrea - gli avrebbe promesso quest'ultimo dopo una trasferta a Pescara - se mi aiuterai a salvare la squadra ti lascerò partire".
Panucci, a sorpresa, sceglie il Milan. Fortunato, invece, ha in testa soltanto la Juve.
"Un giornalista arrivò e mi domandò se mi sarebbe piaciuto giocare nella Juventus. - racconterà - Ed io cosa avrei dovuto rispondergli, che mi avrebbe fatto schifo? Figuriamoci, io da ragazzino per i colori bianconeri stravedevo, e anche se sono diventato un calciatore professionista, certi amori ti restano nel cuore".
Madama non bada a spese e per portare Fortunato all'ombra della Mole versa 10 miliardi al Genoa, andando di fatto a rimpinguare le casse del Grifone. Gli addetti ai lavori gli appiccicano subito l'etichetta pesante di 'Nuovo Cabrini' e come il Bell'Antonio anche Andrea entra nel cuore delle tifose bianconere. Lui però ci tiene a frenare.
" Mi fa arrabbiare questo paragone con Cabrini, lui è stato il più forte terzino del Mondo, vi sembra una cosa logica? A me no, prima di raggiungere i suoi livelli, se mai ci riuscirò, ci vorrà tanto tempo".
Andrea è umile ma già nel precampionato fa vedere al suo allenatore Giovanni Trapattoni e ai compagni di squadra di che pasta è fatto. Il 29 agosto 1993 contro la Cremonese fa il suo esordio in bianconero in campionato, il 22 settembre viene fatto debuttare da Arrigo Sacchi anche nella Nazionale azzurra nel successo per 3-0 sull'Estonia, valido per le qualificazioni ai Mondiali di USA '94.
"Prometto di mettere sempre il massimo impegno per la maglia azzurra. Darò sempre tutto me stesso e alla fine uscirò dal campo a testa alta, per non essermi risparmiato".
Per Andrea sembra aprirsi la prospettiva di una carriera di grande successo. In bianconero diventa titolare fisso, e il 12 dicembre firma la rete della bandiera per la sua squadra nella sconfitta per 3-1 rimediata a Roma contro la Lazio. In Primavera però il suo rendimento peggiora. In molti pensano che il giocatore sia appagato, che abbia perso la modestia e si sia montato la testa.
"È stanco, irriconoscibile in campo - scrivono i giornali - lui che è sempre stato un concentrato esplosivo di energia; fatica a recuperare, è tormentato da una febbriciattola allarmante".
In Coppa UEFA arriva un'eliminazione contro il Cagliari, e i tifosi se la prendono con il terzino salernitano, accusato "di dolce vita, di non correre molto, di non mettercela tutta, di essere un lavativo. Di essere un malato immaginario".
La situazione degenera ulteriormente nel finale di stagione. Andrea viene accolto in campo da fischi e cori di scherno . Al termine di un allenamento, un tifoso juventino gli rifila addirittura uno schiaffo. Nessuno si è davvero reso conto di cosa stia accadendo al ragazzo.
EspecialLA DIAGNOSI E LA LOTTA ALLA MALATTIA
Il 20 maggio 1994 Fortunato, dopo aver giocato un solo tempo, è sostituito da Trapattoni. Si sente letteralmente sfinito, a pezzi. Ha la solita febbriciattola che non gli dà pace. Il dottor Agricola, medico sociale dei bianconeri, si rende conto che c'è qualcosa che non quadra e gli prescrive degli accertamenti.
Fortunato è ricoverato in isolamento presso la Divisione Universitaria di Ematologia delle Molinette di Torino. Si sottopone a svariati esami, e la diagnosi dei medici lascia tutti senza parole: "leucemia acuta linfoide". Andrea è assistito dalla fidanzata, Lara, da mamma Lucia e da papà Giuseppe, cardiologo dell'ospedale di Salerno. Mentre si cerca un donatore di midollo osseo compatibile, il calciatore è sottoposto a forti cure chemioterapiche e resta tre settimane in terapia intensiva.
Fra i medici, visto che il calciatore ha soli 23 anni, prevale l'ottimismo.
"Può farcela - affermano - Andrea è giovane e la sua tempra robusta lo aiuterà".
A livello clinico si registra un netto miglioramento, i valori vanno verso la normalità. C'è la convinzione che possa esserci una remissione completa della malattia.
"Voglio farcela, voglio vincere questa guerra terribile", fa sapere il terzino.
La battaglia tuttavia si rivela più lunga del preventivato. Purtroppo per Fortunato, infatti, c'è difficoltà a reperire un donatore di midollo compatibile per il trapianto. In tutto il mondo sono tre i potenziali donatori, ma vivono tutti molto lontani. Il 9 luglio 1994 si tenta allora un'altra strada, con il giocatore che viene trasferito al Centro Trapianti di Perugia, diretto dal dottor Andrea Aversa e dal professor Massimo Martelli.
Qui, oltre alle terapie chemioterapiche che continuano, il giorno del suo ventitreesimo compleanno, il 26 luglio, gli vengono trapiantate cellule sane opportunamente trattate, appartenenti alla sorella, cui seguono altri due innesti. Per avere la certezza che il midollo si sia rigenerato ci vorranno alcune settimane.
L'11 agosto Andrea è trasferito in un reparto pre-sterile e prosegue la sua lotta. Intanto non è solo: può parlare al telefono con i suoi compagni di squadra, vedere la Juventus alla tv e leggere qualche giornale opportunamente sterilizzato. E questo lo aiuta a non mollare, nonostante non sia semplice.
Qualche giorno più tardi, passato Ferragosto, arriva per lui il primo crollo: il suo corpo ha infatti una crisi di rigetto, rifiuta le cellule della sorella Paola e il ragazzo ripiomba nel dramma più terribile. Ma i medici non mollano, e ci riprovano con un altro trapianto cellulare, stavolta con le cellule prelevate da papà Giuseppe. Andrea inizialmente nemmeno lo sa, con lui restano sul generico e parlano di altre terapie per non farlo cadere in disperazione.
Anche se il calciatore continua ad avere la febbre, la nuova infusione cellulare sembra aver esito positivo. Il suo fisico reagisce sorprendentemente bene e si dimostra molto forte. Dopo un po' di tempo Fortunato può così lasciare la terapia intensiva e iniziare addirittura una riabilitazione in palestra. In questa fase la vicinanza dei suoi compagni di squadra, su tutti Gianluca Vialli, Fabrizio Ravanelli e Roberto Baggio, che sente quasi ogni giorno, è determinante.
"Ti aspettiamo", il messaggio che mandano ad Andrea.
Subentra un grande ottimismo, anche perché il 14 ottobre 1994 Fortunato lascia la camera di ospedale e tutto lascia pensare a un'evoluzione positiva della malattia dopo una dura battaglia.
IL TESTAMENTO SPIRITUALE E LA MORTE
La situazione continua a progredire e in autunno Fortunato riprende addirittura gli allenamenti sul campo, grazie all'ospitalità che gli dà il Perugia. Ricongiuntosi ai compagni della Juventus, il 26 febbraio 1995, li segue in trasferta a Genova nella gara contro la Sampdoria.
Sul suo volto si legge la felicità di un bambino, la speranza che la vittoria sul terribile male sia vicina. A fine marzo, dopo quella esperienza, rilascia una bella intervista, quelle che purtroppo saranno le sue ultime parole.
"Undici mesi di malattia è una cosa lunga, infinita. Ma di tremendo, a parte i periodi di grande crisi fisica, ci sono stati solamente i primissimi momenti; dopo ho combattuto - sottolinea - Invece, all’inizio è stato diverso; il giorno prima stavi fra i sani, il giorno dopo passi fra i quasi incurabili. Non si può descrivere che cosa si prova".
"Ti senti perduto e, nello stesso tempo, diventi curioso; è una sensazione strana. Vuoi sapere ogni cosa della tua malattia, ti interroghi sui sintomi, sulle cause, sulle possibili conseguenze. Sai che non ti diranno tutto, provi a indovinare le bugie, ma poi fingi di crederci, ti convinci che è meglio, altrimenti impazzisci. Quando un medico ti spiega quali sono i sintomi della leucemia ti senti sprofondare; e più parla, più tu capisci che tutto corrisponde, che è davvero il tuo caso. In quel momento il male ti prende in ostaggio; ma tu devi impedirgli di ammazzarti".
"Ci riesci con l’aiuto di Dio e dei medici, ma anche con un pensiero fisso: ce la devo fare. Me lo ripetevo ogni giorno e me lo ripeto ancora; neppure per un istante ho pensato che avrei perso la partita. Lo chiamano atteggiamento positivo, pare sia una mezza medicina".
"In questa situazione cambia tutto, ti costruisci una scala di valori nuova; dai importanza alle cose che valgono davvero e non te la prendi più per le sciocchezze. E capisci che l’amicizia è la prima cosa; io, per esempio, ho un fratello in più, Fabrizio Ravanelli. È stato incredibile, mi ha messo a disposizione una parte della sua vita, non solo la sua famiglia e la sua casa di Perugia; non si può descrivere con le parole. Il giorno più bello, in questi mesi di malattia, l’ho vissuto quando lui ha segnato cinque goal al CSKA, in Coppa Uefa; quella sera ho capito davvero che cosa è la felicità; ed è stato altrettanto bello, vedere Fabrizio esordire in Nazionale, proprio a Salerno, la mia città. La costante presenza dei compagni e della società è stata per me fondamentale; un’altra famiglia, davvero. Se sono vivo lo devo anche a loro, al loro affetto".
Il grande sogno, mai sopito, è quello di riuscire a tornare ad essere un calciatore.
" Il pensiero di riprendere a fare il calciatore non mi ha mai abbandonato. - rivela - Mi sono sentito un atleta anche nei giorni più difficili, quando ero più di là che di qua. Ho lottato con spirito sportivo, si può dire che non mi sono mai tolto la maglia di dosso. Rimetterla davvero, ma non solo; ho chiesto, mi sono informato, mi hanno spiegato che tanti atleti sono tornati all’attività dopo la leucemia. Credo, spero di riuscirci. La leucemia mi ha fatto capire che è inutile fare progetti a lunga e media scadenza. Bisogna vivere alla giornata, che non è una sconfitta, semmai un modo per apprezzare davvero la vita in ogni attimo, in ogni sfumatura. È quello che farò".
Arriva quindi il suo testamento spiriturale.
"La malattia insegna che nella vita c’è di peggio di uno stiramento che ti tiene fuori dal campo per due settimane. Che ogni giorno muoiono bambini leucemici senza che nessuno lo sappia e senza che si possa fare nulla. Che in Italia abbiamo i migliori medici del mondo; a Perugia vengono a imparare le nostre tecniche dall’America, da Israele, dalla Francia. Però, le strutture sono quelle che sono, mancano gli spazi, c’è gente in coda da mesi per un trapianto. Bisogna donare il midollo, senza paura, perché questo salva la vita agli altri e dà senso alla tua ".
Invece il destino, in ossimoro perfetto con il suo cognome, stava per giocargli l'ultimo terribile agguato. A 23 anni, dopo un abbassamento improvviso delle difese immunitarie causato da una polmonite, la malattia se lo porta via per sempre, provocandone la morte il 25 aprile del 1995 e lasciando un vuoto incolmabile
La notizia della morte di Andrea raggiunge la Nazionale italiana a Vilnius, poco prima dell'impegno contro la Lituania. Gli azzurri scendono in campo con il lutto al braccio, in una partita vinta con un goal di Zola. Al funerale, celebrato nella cattedrale di Salerno, presenziano più di cinquemila persone comprese le società di Juventus e Salernitana, oltre a svariate personalità del calcio italiano. I calciatori granata portano in spalla la bara di Andrea mentre, durante la funzione, prima Porrini, erede della sua maglia n. 3, e poi il capitano juventino Vialli hanno il compito di fare il discorso di addio, più volte rotto dal pianto.
" Speriamo che in paradiso ci sia una squadra di calcio, - conclude Vialli fra le lacrime - così che tu possa continuare a essere felice correndo dietro a un pallone. Onore a te, fratello Andrea Fortunato".
L'angelo-campione se n'era andato per sempre. Il suo nome era stato comunque inserito dalla Juventus nella rosa 1994/95, e i successi ottenuti dalla Vecchia Signora in quella stagione, lo Scudetto e la Coppa Italia, benché il calciatore toscano non sia potuto scendere in campo nemmeno un minuto, furono, a tutti gli effetti, anche i suoi. Il modo più bello per onorarne la memoria. Anche l'allenatore del Parma, Nevio Scala, dopo il successo in Coppa UEFA con i bianconeri, ha voluto ricordare Andrea.
Anni dopo la sua morte, alla sua memoria è stato intitolato il Premio Andrea Fortunato, riconoscimento assegnato ogni anno ai più grandi personaggi dello sport italiano, della medicina e del giornalismo. Nel 2012 le Poste hanno emesso uno speciale annullo filatelico a lui dedicato, e nel 2014 a Salerno è stato inaugurato lo 'Juventus Club Andrea Fortunato' , mentre il Comune di Castellabate ha intitolato a lui la biblioteca e museo sul gioco del calcio di Villa Matarazzo. Chi lo ha conosciuto come uomo o soltanto ammirato come calciatore, non ha mai dimenticato il suo sorriso e la sua classe.
In occasione di Salernitana-Juventus, giocata il 30 novembre 2021, i tifosi delle due squadre si sono uniti nel suo ricordo. Al 3’, il numero della sua maglia, sono stati esposti due striscioni con la sua immagine ed è stato intonato un coro in suo onore.
Ruggeri e Chiellini inoltre, i numeri 3 delle rispettive squadre, si sono scambiati le maglie.
Tutto per rendere omaggio non solo al giocatore, ma soprattutto ad un ragazzo strappato via troppo presto alla vita.