
Nella sua ricchissima bacheca, in cui figurano tra le altre cose due Europei, un Mondiale e ben quattro Champions League, non c'è il Pallone d'Oro. Premio che Xavi Hernandez Creus, meglio noto solo come Xavi, avrebbe ampiamente meritato.
Architetto del tiqui taca, perno per anni del Barcellona campione di tutto e mente della Spagna capace finalmente di salire sul tetto del mondo nel 2010, Xavi si è invece dovuto accontentare del podio per tre anni consecutivi dal 2009 al 2011. Sempre alle spalle dei due alieni: l'amico Messi ed il rivale Cristiano Ronaldo.
Una piccola rivincita in tal senso è però arrivata a fine 2020 quando Xavi, oggi allenatore del Barça, è stato inserito da France Football nel Dream Team dei tutti tempi battendo il nostro Pirlo, ma anche il suo ex allenatore Frank Rijkaard. Ovvero l'uomo che ha cambiato la carriera di Xavi.
IL DEBUTTO, VAN GAAL, RIJKAARD E LA SVOLTA DAVIDS
Nato a Terrassa il 25 gennaio 1980, Xavi a dire il vero sembra subito un predestinato: nel settore giovanile del Barcellona dall'età di 11 anni, dal 1997 al 1999 gioca nella squadra B mentre il debutto in Prima squadra (con goal) avviene il 18 agosto 1998, nella gara d'andata della Supercoppa di Spagna contro il Maiorca. Non solo, sempre nel 1999 si laurea campione del mondo Under 20 con la selezione spagnola, mentre l'anno dopo conquista l'argento ai giochi olimpici di Sydney e debutta con la Nazionale maggiore nella sconfitta contro l'Olanda.
Poi però qualcosa si inceppa. Il peso dei paragoni con l'idolo Guardiola rischiano di schiacciare un giovane talento che deve ancora sbocciare del tutto. Van Gaal lo utilizza come regista, ruolo che non si rivela adatto per Xavi. La svolta, come detto, arriverà con l'avvento di Rijkaard sulla panchina blaugrana.
A fine 2003, nel momento più difficile della stagione, il Barcellona acquista Edgar Davids ed il nuovo tecnico decide di passare al 4-3-3 schierando Xavi interior de posesion, ovvero mezzala con minori compiti di copertura ed ampia libertà palla al piede. Da quel momento diventerà il fulcro del Barcellona e della Spagna. Resta in blaugrana 17 anni vincendo qualcosa come 25 trofei. Una storia semplicemente unica e irripetibile che, come raccontato da Xavi durante un'intervista al canale 'La Liga', sarebbe potuta finire nel 2008 quando a tentarlo era stata l'Inter di Moratti.
"Eravamo reduci dall'Europeo vinto e tramite Begiristain venni a sapere che il club voleva cedermi. Andai a parlare con Guardiola e da lì cambiarono le mie intenzioni: non avevo più in mente nè l'Inter, nè il Bayern, nè nessun'altra squadra. Mi disse che non immaginava la squadra senza di me".
ARAGONES E GUARDIOLA: XAVI DIVENTA XAVI
Getty“Non posso prendere palla e dribblarne tre come Messi e Ronaldo”, ricordava spesso Xavi. Ma toglierla dai piedi del ragazzo di Terrassa è praticamente impossibile anche per avversari fisicamente molto più dotati di lui. Durante il lungo e trionfale ciclo targato Guardiola, Xavi è fondamentale per la sua capacità di mantenere altissime percentuali di possesso nella metà campo avversaria, appoggiandosi nei momenti di difficoltà sul mediano di riferimento, solitamente un giocatore meno tecnico ma capace di garantire la necessaria copertura alla difesa. La ricerca continua dello spazio sempre col pallone tra i piedi, questo è il tratto distintivo del suo calcio.
"Guardiola si concentrava su tutti i dettagli. Io non avevo mai lavorato su una rimessa laterale difensiva. Lui ti chiedeva anche questo: quando facevano una rimessa laterale contro di noi, eravamo tutti piazzati. A volte l’avversario diceva: “Cavolo, ma che succede? Non trovo lo spazio per fare la rimessa!”.
Un altro allenatore fondamentale almeno quanto Guardiola nella carriera di Xavi è Luis Aragones, CT della Spagna Campione d'Europa nel 2008 prematuramente scomparso qualche anno fa.
“Non sei giapponese, capisci quello che sto dicendo”. Me lo disse una notte. Mi mancherà molto. Perché a Luis Aragones piacevo molto. E con Luis parlavo molto. Sapevo che non stava bene, però non ho mai pensato che aveva qualcosa di così grave, che se ne sarebbe andato così presto, così velocemente in questo modo. “Sto bene, sto bene”; mi diceva quando glielo chiedevo. Parlavo sempre con lui, perché sempre, fin dal primo giorno che l’ho incontrato, è stato un riferimento assoluto. Suppongo che sia stato l’allenatore con il quale abbia passato più tempo parlando di calcio. Salivo nella sua stanza e parlavamo per ore, a volte come “questa è la chiave, Xavi, sapere a cosa vogliamo giocare”, sempre dell’importanza di alzare il livello in campo e quanto sia importante non temere nessuno e nessuna squadra. “Tu ed io sappiamo che la palla corre più di loro. E noi la giochiamo meglio di loro”, mi disse. Di Luis ho i migliori ricordi delle nostre chiacchierate, in sala riunioni o in sala da pranzo, perché ti lasciava sempre qualcosa. E aveva sempre ragione, sempre… Luis ti affrontava; ti guardava in allenamento, si avvicinava e ti diceva: “Stai facendo la faccia di bronzo, sei venuto ad allenarti e non ti vedo. A me non piacciono! E andava via. A Luis non lo ingannavi mai, ti affrontava. “Tu non giochi perché hai fatto pena questa settimana” “Sei stanco o cosa?” “Oggi sei stato fantastico, questa settimana vai alla perfezione”. Luis è stato fondamentale nella mia carriera e nella storia de “La Roja”.
Busquets, Iniesta, Xavi e Messi sono stati per anni la colonna portante di un Barcellona capace di dominare in lungo e in largo macinando gli avversari con quello che è passato alla storia col nome di 'tiqui taca'. Sono addirittura 4 le Champions League vinte dal Maestro blaugrana, capace come detto di guidare anche la Spagna due volte sul trono d'Europa e per la prima volta sul tetto del mondo. Mentre tanti sono stati i tentativi di imitazione, a dire il vero mai troppo fortunati.Perché, per dirla allo Stoichkov, “ci sarà un prima di Xavi e un dopo di Xavi".
L'ADDIO AL BARCA, IL QATAR E LA NUOVA VITA DA ALLENATORE
Conquistata la quarta Champions nella finale di Berlino contro la Juventus, Xavi annuncia l'addio al Barcellona ma decide di continuare la sua carriera da calciatore dall'altra parte del mondo firmando per l'Al-Sadd, club che oggi guida dalla panchina. L'ultima partita ufficiale Xavi la gioca nel maggio del 2019, esattamente 21 anni dopo il debutto in Supercoppa di Spagna. Quel giorno si chiude un'era del calcio mondiale. Ma si è aperta un'altra storia.
Il Barcellona aveva già pensato a Xavi per programmare il dopo Setien ricevendo un cortese quanto netto rifiuto, che ha indotto i blaugrana a scegliere Koeman per tentare di aprire un nuovo ciclo. L'appuntamento però è stato solo rimandato a novembre 2021, quando il club blaugrana ha deciso di affidargli la panchina della prima squadra. Un cerchio che si chiude.


