GOALDa grandi poteri derivano grandi responsabilità. Pensare sia facile utilizzarli come nulla fosse appare però troppo semplicistico, tanto che gli stessi nel mondo della finzione raggiungono un picco massimo per poi calare. A bassi livelli come lo erano prima, tendenti all'inesistenza. Il super potere dell'iper-velocità, quello del mentalismo. E poi quello della ricchezza sconfinata, per ovviare alla mancanza di strane doti. Dal super poter della Volkswagen, il Wolfsburg ha salvato il mondo dal regno del terrore bavarese. Il gran nemico Bayern abbattuto un'unica volta, quando i pianeti si allinearono.
Provenire da una grande città, avere alle spalle un grande sponsor, generano grandi aspettative, quelle responsabilità di cui sopra. Ma i superpoteri possono essere nulli davanti a chi li ha più forti, sviluppati, esageratamente fuori da ogni logica. Ma nel cammino dell'eroe c'è un punto in cui tutto converge, una riscossa che fa promettere all'avversario la vendetta, futura. Al momento però la Germania è salva, dal monopolio.
Un monopolio del Bayern abbattuto da altri club, che avevano già avuto momenti passati di gloria superoistica, senza però essere sotterrati dalla gravità e dal peso delle responsabilità. Nel 2009 l'allievo si è già tramutato in maestro, allenando il futuro salvatore della Germania. Un primo anno di attesa, prima che tutti i pezzi si incastrassero. Perfettamente bilanciato, il Wolfsburg unicamente Campione della Bundesliga, con Magath a dirigere.
E' arrivato nell'estate del 2008, scelto dal club dopo un 15esimo posto urlante riscatto. Si fa subito sotto con il quinto posto, con i quattro difensori, i tre/quattro centrocampisti e mai più di tre attaccanti su cui costruire il progetto di fare sempre meglio. Senza mai accarezzare sogni troppo a lungo. Efficenza tedesca, derivante solo da ciò che si può vedere e toccare con mano.
Può toccare con mano anche un Campione del Mondo, Magath. E' Andrea Barzagli, ancora ebbro dal po-po-po di tre anni fa proprio lì, in Germania. A Palermo non c'è più posto, le big d'Italia non si fidano e si mangeranno gomiti e caviglie per anni dopo l'arrivo alla Juventus. Altra storia. Il nome, il titolo, il leader c'è, ferreo e insuperabile. Colonna.

Si divide con i suoi freunden e compagni di squadra tra Europa League, Coppa di Germania e Bundesliga. Una Bundesliga come tante, ma qualcosa bolle in pentola. O per meglio dire, scoppia la pentola, perchè il Bayern Monaco affonda e annaspa, in una stagione strana, stranissima. L'Hoffenheim, straordinariamente neopromosso, si prende il titolo d'inverno, il Wolfsburg a fine anno l'unico importante. Mentre il team bavarese solamente le lavate di capo.
Cambia modulo, senza frenare. Accelera, alterna le marce, senza venire fermato per eccesso di velocità. L'andatura giusta per rimanere dietro la vettura in testa, che non sempre è quella pià preziosa. Ha il 4-4-1-1 con cui correre, il 4-3-2-1 e il 4-2-3-1. Ci ragiona, Magath, prima della quadratura. Quattro difensori, quattro centrocampisti, due attaccanti. Una serie di mestieranti, su cui si ergono a mento alto i campioni. Perchè dopo quel 2009 le prime pagine saranno per alcuni di loro, non per tutti. Per pochissimi.
Postilla a caratteri cubitali. Magath non ha un campione del Mondo, ma due azzurri che non possono guardare più in alto di quanto raggiunto. C'è anche Zaccardo con Barzagli, a differenza del compagno alla sua unica stagione tedesca. Fatica maggiormente a trovare spazio da imprescindibile, non è colonna ma autore di due goal. E le rete, in una stagione da titolo, sono tutto.
Zaccardo ha il nome e il titolo, ma è comunque nella lista di quelli a cui girano attorno gli altri. Madlung, Gentner, Riether, Simunek, Pekarik, Hasebe, Dejagah sono come attori a disposizione di un ottimo regista. E da comparse diventano quelli che davanti allo schermo riconosci. Soprattutto sulle fasce della difesa, a completare il centrocampo. Perchè attorno al piccolo mondo di chi completa la storia, c'è chi la storia, in maniera più effervescente, la plasma.
Il segreto di quel Wolfsburg è la spina dorsale. Senza, son dolori. Magath però non deve provarli, perchè saranno al suo fianco in quella grande cavalcata. Di cui simbolo è il 5-1 al Bayern Monaco. Cinque reti ai bavaresi. Servirebbe aggiungere poco altro. Benaglio in porta, sicurezza. Barzagli, già citato. E il dimenticato Josuè, la cui leggenda a Wolfsburg non è andata persa, ma altrove forse sì.
Getty ImagesJosuè vince la Coppa America con il Brasile, la Bundesliga con la Germania, ma vive in anni in cui escludendo Kakà, i verdeoro faticano ad essere costanti. Il Ronaldinho rossonero non è quello di Barcellona, Diego fallisce alla Juventus e così via. Forse è per questo che il suo è uno dei nomi più chiaccherati di quel Wolfsburg, sempre però con quei ma a corredo. In campo però nessun ma, davanti alla difesa, capitano coraggioso.
Coraggioso quanto Magath nel scegliere Misimovic dall'altro lato del quartetto di centrocampo a diamante, uomo ovunque e uomo ombra. Quel tipo di giocatore che sorride dopo un goal e viene abbracciato, ringraziato dopo un assist per il compagno più di quanto venga festeggiato l'autore del goal. Una scheggia impazzita dalla qualità delle dieci reti in quel 2009/2010 e assist qui, assist là, palla recuperata su e giù.
C'è solo il segno in alto senza nessuna freccia in basso invece quando finisce il cerchio, si chiude su di loro. Perchè se segni 54 goal in una stagione, uno e due, diventi oltre la leggenda. Un tutt'uno con l'universo, non solo del Wolfsburg. Ma anche quello parallelo del calcio tedesco. E chi sta sopra, il pallone mondiale.
Uno è bosniaco, l'altro brasiliano. Edin Dzeko, glabro. Grafite, elettrico. Uno non può esistere se non a fianco all'altro. In passato hanno fatto registrare dati altalenanti, poi più che il patto del diavolo fanno quello con Magath e lo spogliatoio. Non vogliono fermarsi, non lo faranno mai. 28 goal il capocannoniere Grafite, 26 Dzeko. Che tra i due è quello deludente, perchè è il secondo goleador di squadra. Sì, come no.
Quel Wolfsburg è come un Big Bang, trasforma le delusioni in sogni, i ragazzi in uomini. L'emblema è Barzagli, in una dichiarazione che riassume come tutto possa cambiare, improvviso ed storico:
"Dopo il Mondiale pensavo che avrei potuto avere di più e andare in una grande squadra. Non me lo meritavo però e quando arrivò l'offerta del Wolfsburg, che per il giocatore che ero, uno dei tanti, era eccessiva, accettai. Lì trovai un allenatore, un certo Felix Magath, che ha stravolto completamente la mia mentalità. Ogni volta che mi lamentavo mi diceva: ‘Sai perché non ti alleni bene? Perché non credi in quello che fai'. Io in effetti in allenamento davo il 70, l'80% e non prendevo mai la palla… Lì è cambiato il mio modo di allenarmi. Da allora do sempre il 100%".
Da un giorno all'altro tutti credono nella leggenda, capiscono di essere nati per il Wolfsburg, dal Wolfsburg. Macinano punti, battono il Bayern, superano le aspettative. Finiscono tra le stelle, anch'essi astri.
