Dalla CN Tower, in condizioni favorevoli, qualcuno ha visto anche la città di Detroit, principale città del Michigan: 371mila chilometri. Uno in più, uno in meno: di sicuro, comunque, un altro Stato. Non è l’unico certamente l’unico dettaglio che salta all’occhio di chi, con sguardo esterrefatto, ammira lo skyline di quello che senza ombra di dubbio può essere considerato il più importante simbolo di Toronto. Secondo, nel 2017, solo a Sebastian Giovinco.
Forse si esagera, forse no: fatto sta che per un anno la “Formica Atomica” è riuscita a fare quel che, seppur in maniera assai diversa, è riuscita a fare la CN Tower con una delle più grandi città del Canada: restituire l’immagine di rivoluzione socio-culturale. Esplosione euforica di un movimento in costante crescita.
Abituati al concetto di “Triplete”, non risulterà incoerente alle nostre funzioni cognitive ricordare e rivalutare quanto riuscito alla formazione di “Greg” Vanney, con Giovinco assoluto protagonista, nel 2017: per farlo, però, contestualizziamo riferendoci ai principi fondamentali della MLS, il principale campionato di calcio a cui partecipano club statunitensi e canadesi.
Prima della modifica al regolamento entrata in vigore nel 2019, la Major League Soccer si divideva sempre in Eastern Conference e Western Conference, ma con 11 squadre per parte che, affrontandosi, davano vita alla regular season. Al termine della stessa le prime 6 squadre si qualificavano ai Playoff per decretare il campione della MLS: è ancora così, solo con 6 squadre in più, quindi 14 per Eastern Conference e 14 per Western Conference, segno di sviluppo.
In ogni caso: al termine della regular season il Toronto si classificò primo, qualificandosi direttamente per le semifinali Conference dei Playoff dove superò i NY Red Bulls, prima affrontare e vincere contro Columbus Crew in finale di Conference e passare alla finale generale, disputata al BMO Field di Toronto col tutto esaurito e con il pubblico di casa in festa per il 2-0 finale contro Seattle. A completare il Triplete il successo in Canadian Championship, la coppa nazionale canadese a cui possono partecipare anche le formazioni (canadesi, s’intende) impegnate in MLS.
GettyToronto, oggi, calcisticamente è tutt’altra cosa rispetto alla città guidata dai goal di Giovinco: c’è ancora la CN Tower a sorvegliare tutti, ma il clima è quello tipico dell’attesa del messia. Che, blasfemia a parte, ha già un nome e un cognome, ma soprattutto un’eredità pesante: Lorenzo Insigne.
Partendo dall’ultimo punto, è chiaro che il ricordo della “Formica atomica” è talmente vivo da creare sul conto dell’ex capitano del Napoli aspettative altissime: non può essere altrimenti, se si considera che prima del suo arrivo il Toronto non aveva mai superato la fase della regular season. Giovinco, e questo non gli è mai stato riconosciuto abbastanza, ha cambiato il calcio da quelle parti, senza esagerare.
Un altro italiano, insomma, non può che stuzzicare la rievocazione del passato e di quel periodo, ma le condizioni che troverà Insigne non sono delle migliori. Al momento della stesura dell’articolo il Toronto ha disputato le prime 14 gare della regular season, vincendo sì contro Chicago, nell’ultima partita, ma dopo un digiuno di 6 match (5 dei quali persi).
I meno giovani, ma comunque nati alle soglie del millennio, ricorderanno la Confederations Cup del 2009 e vinta dal Brasile in finale in rimonta sugli USA grazie ai goal di Luis Fabiano e Lucio: ecco, alla guida della Nazionale statunitense, impossibile da dimenticare tra l’altro, c’era lui: Bob Bradley, padre di uno dei giocatori in panchina, protagonista nelle gare precedenti. L’ex Chievo Verona e Roma, Michael Bradley.
I due avevano lavorato insieme ai NY Red Bulls, quando ancora si chiamavano MetroStars, ma è negli USA che si ritrovano più frequentemente: almeno fino all’inizio del 2022, quando Bob diventa il nuovo allenatore del Toronto, squadra di cui Michael è capitano. Tutto quadra.
GettyI canadesi, però, non hanno mai veramente iniziato questa stagione: alla stesura del pezzo (lo ripetiamo) si trovano dodicesimi, a più uno a DC United e a più tre da Chicago. A meno tre, comunque, dall’Inter Miami, settimo e all’ultimo posto valido per superare la fase della regular season e qualificarsi ai Playoff Conference. Segno che la classifica è, in verità, molto corta.
Bradley fa giocare i suoi con un 4-3-3 offensivo, che lascia però parecchio spazio agli avversari (con 27 goal subiti è la peggiore difesa della Eastern Conference): le chiavi del reparto offensivo sono affidate a Jesus Jimenez, spagnolo arrivato dal Gornik Zabrze (squadra di Podolski) ed ex Alcorcon. Pozuelo, poi, fa il suo: è chiaro, però, che l’arrivo di Insigne stravolgerebbe le gerarchie.
L’ex numero 24 azzurro va a Toronto per fare il titolare indiscusso e dalla sua troverà spazio per agire a suo piacimento: non male, dal punto di vista del supporto alla fase avanzata, Jonathan Osorio, prodotto delle giovanili.
La stagione, comunque, è ancora lunga: a luglio, al momento dell’arrivo di Insigne, i canadesi avranno giocato contro NY Red Bulls, Atlanta e Columbus Crew e la situazione, mentre la prima data utile potrebbe essere quella del 3 luglio, contro i Seattle Sounders. Una partita mica da poco. La perfetta chiusura del cerchio magico partito dalla finale di MLS del 2017, che ha coronato il sogno di Toronto, prima squadra canadese ad aggiudicarsi il titolo, e di una città che dalla CN Tower, grazie a Insigne, vuole tornare a guardare tutti dall’alto.
