
Il calcio si è evoluto. In parte per fuggire ai suoi più tremendi predatori. I capi villaggio di ogni gigantesca o minuscola congrega del pallone hanno creato una comunità in cui gli arcieri sono cannonieri e i cannonieri sono arcieri. Chi era adibito alla sola corsa per procacciare occasioni si è dovuto anche trasformare in combattente. Chi è rimasto fuori dalla vita sociale non è riuscito ad andare oltre il proprio stato. In particolare gli assalitori, cresciuti a pane per dare e prendere calcio in battaglia.
Gli avversari - i nemici - si sono fatti sempre più sguscianti e protetti dal nuovo mondo. Hanno dovuto evolversi anche i predatori, per non rimanere a guardare dominare solo le vecchie prede divenuti capi. E così si è passati ad una nuova specie di capi, in ogni parte del pianeta. Non più cacciatori, ma oratori in TV, parlottanti allenatori di nuove reclute, attori per il popolo. Stessa faccia, impronta nel mondo travolta, balzo in avanti nella specie. Come Vinnie Jones.
Poche possibilità di averci avuto a che fare, se negli anni '90 non eravate ancora nati. Se per voi un film di inizio millennio è storico e una traccia registrata vent'anni fa è roba da vecchi. Non è facile, del resto, conoscere l'evoluzione di Vinnie, il suo passato o il suo presente, anche per i meno giovani. Se pensate di viaggiare tra righe di Champions League, di Palloni d'oro e serate di gala, allora vi sbagliate di grosso. Oddio, le serate di gala ogni tanto si sono rivelate essere casa di Jones, ma solo una volta firmati contratti specifici e clausole di presenza. Vederlo elegante, però non ha mai cozzato con il suo carattere ed il suo aspetto.
Nella premiata serie Ted Lasso, il Ragazzo Prestigio Ned (se avete avuto modo di vederla non servono spiegazioni, altrimenti recuperatela) parla a cuore aperto alla squadra calcistica fittizia protagonista, colpendo duramente anche Roy Kent, mastino del centrocampo con troppi anni stampati nella carta d'identità. Per colpirlo nell'orgoglio del passato, gli ricorda la sua vecchia rabbia, quella che sembrava portarlo quasi a detestare la palla, da fare a pezzi in ogni minuto della gara. Ispirato a Roy Keane, ha in sè anche echi di Vinnie Jones. Qualcuno che è sempre sembrato in procinto di sbranare i muri e bruciare l'erba con lo sguardo. In campo e fuori. Non si giudica un libro dalla copertina, certo, ma la stazza dell'ex centrale britannico, unito ad un volto scolpito in stile Isola di Pasqua, non porterebbe nessuno a considerarlo come un piccolo gattino; da coccolare in un angolo buio della Greater London.
Jones è diventato quello che la gente si aspettava fosse. Un gigante giudicato apertamente calcisticamente - e non solo - cattivo, con un solo barlume di gioia a calmarlo: sua moglie. Un eroe tormentato, vista la terribile e straziante scomparsa dell'amore della sua vita.
INTERVENTI KILLER, STRIZZATINE, GIALLI A 3 SECONDI
Ha spesso descritto la sua carriera calcistica, in ogni suo punto come un giocattolo tra le mani di un bambino. Estasiato dalle squadre in cui militava, dall'atmosfera attorno al tifo. Dalla rabbia che i fans, dopo una settimana di duro lavoro nelle grigie fabbriche d'oltre Manica, sfogavano nei 90' di gioco. Chiedevano di essere il loro braccio armato in campo. Si può dire di tutto nell'ottica della limitazione del personaggio, ma non si può oggettivamente passare sopra allo stile di gioco di Vinnie Jones: realmente troppo duro per il mondo del calcio. Ogni settimana qualche buontempone ci tiene a precisare come questo sport non sia adatto alle femmine. Lo stesso sport che porta ragazze furiose a compiere interventi spesso terribili. Semplicemente uno sport di contatto, punto. Va di per sé che Vinnie lo rese estremo nella sua personale visione di disciplina a metà tra rugby e UFC. Ci credeva così tanto da diventare suggeritore di novelli novizi Jones, maestro degli Hard Men.
Commentava in video gli interventi più terribili, body horror usciti dalla mente di Cronenberg: alla federazione britannica non piacque per nulla. Multa da 25.000 sterline - non poche nel 1992 - ma soprattutto una squalifica di sei mesi. Mister Jones, ben ritrovato. Anche voi. Qualche tempo più tardi, infatti, quando venne superata la soglia dei punti disciplinari stagionali, venne nuovamente convocato negli uffici dell'inflessibile FA. Vinnie, dicevano, screditava il gioco del calcio e per comunicare il proprio disappunto si erano ritrovati pronti con le facce torve, cattive. Volevano ottenere il rispetto e il timore. Non si presentò, confessando di aver sbagliato la data dell'udienza. Che ridere signor Jones. Ok, forse no. Si becca quattro partite di squalifica.
Vinnie se la ride, contrattacca con il fioretto: precisa come colpendo lui, tutti i i problemi dl calcio britannico siano finalmente risolti. Lo saranno, ma non mettendolo all'angolo. Vinnie era il capo di una giungla britannica in cui anche i peggiori carnivori dovevano fare i conti con qualcuno di sempre più feroce. Sopra di lui, nessuno. I modi utilizzati oggi verrebbero utilizzati per i propri scopi. Dai pochi caratteri di Twitter, dalle imitazioni su TikTok. Sarebbe ancor più popolare, capro espiatorio. Criminale, cattivo esempio. Banditelo.
La strizzata dei signori bassi di Paul Gascoigne negli anni '80. Scordatevela oggi con l'occhio di falco, la telecamera sui glutei e lo zoom ultra-angolare. Scordatevi che non sia passata alla storia. I pub di Londra sono ancora tappezzati da quella foto in cui Gazza ha gli occhi da Looney Toons urlante. Stupore e dolore fisico, capibile. Un ghigno attraversa la faccia di Vinnie, la stessa mostrata se intento a colpire a mezz'aria l'avversario. Certo, capitavano gli interventi sul pallone, chirurgici, e quelli sbadatamente maldestri nel cercare di compierli. Ma quelli volontari a trivella erano costanti, arma principale, iniziale e finale. Senza differenza o confini. A volte neanche lui capiva di aver esagerato. Immaginate qualcuno che si fa ammonire dopo 3 secondi dal fischio d'inizio? Chi ha visto Vinnie in azione, sì.
Una serie di episodi misticamente leggendari, tutti capitati durante la sua era al Wimbledon. Un nome pronunciato timidamente sotto la solennità del più grande torneo di tennis. Un tempo, però, anche sinonimo di calcio. Vinnie Jones era il volto più noto, non solo per essere calamita di horrorifico operandi. Insieme a lui colpivano duro anche i soci della Crazy Gang, capace di conquistare la FA Cup contro i mostri del Liverpool. I Reds erano giganti di storia, ma i ragazzi londinesi erano terribili cacciatori e predatori. Univano un passato da operai (lo stesso Jones del resto aveva lavorato in cantiere a inizio carriera) ad un presente da professionisti. Non si poteva scherzare con chi la vita l'aveva vissuta al massimo, consapevoli di come potesse crollare da un momento all'altro.
Poteva solo essere un'illusione. Volevano godersela dopo essersela guadagnata. Nessuna paura, insita solo negli avversari. Essere un membro della Crazy Gang significava due cose: dare tutto in campo, e fare di tutto per reggere gli scherzi dello spogliatoio fuori dal campo. Quali? Letti fuori dalle stanze o in piscina, scarpe inchiodate al pavimento, spogliarelli improvvisati.
"La gente odiava giocare con noi e chi poteva biasimarli? Questa non era solo una squadra di calcio, era un attacco ai sensi. Era la Crazy Gang".
Inglese, ma con un nonno gallese, Jones, che avrà modo si giocare anche con Leeds e Chelsea, verrà convocato nella Nazionale rossoverde per un breve periodo. Apriti cielo, allora ci possono andare veramente tutti no? Una vergogna, si scrisse. Un premio alla cattiveria e contro l'esempio da mostrare ai più giovani sudditi. Per molti, una delle ultime faccende da risolvere per allontanare lo spettro della cultura hooligans. Bloccati i facinorosi da stadio, serviva mettere a freno anche i suoi protagonisti. Chiusa la carriera di Jones a fine anni '90 e di tanti suoi colleghi picchiatori o nobili combattenti a seconda dei punti di vista, anche un altro carattere distintivo della Premier League venne murato e celato alle nuove generazioni di fans.
X-MEN, THE SNATCH, HOLLYWOOD
Chiuderla qui sarebbe forse sufficiente, ma non spiegherebbe l'evoluzione predatoria. Perchè Vinnie Jones è quel tizio lì, quello dei falli. Ma è anche quel tizio lì, quello che faceva quel ruolo lì. Al cinema. Al cinema? Giuro, fratello.
Non tutti sono Marlon Brando. Ma la faccia che sfonda la pellicola può bastare. Vinnie Jones la possiede. Viene scelto per una piccola parte nel remake di Fuori in 60 secondi con una giovane Angelina Jolie e un Nicolas Cage sulla cresta dell'onda. In un film dimenticabile, però, qualcuno vede grande potenziale. Guy Ritchie, regista di abomini cinematografici alternati a cult, lo sceglie per uno di quest'ultimi, Lock & Stock. Strozzini, gangster, spacciatori. La Londra terribile, ma con venature comiche. Vinnie si butta nel progetto con entusiasmo, consapevole però di non essere un attore. Chiede a Ritchie di eliminarlo dalla pellicola se dovesse cominciare ad andare male. Nessun rancore. Il regista - tra gli altri del terrificante Aladdin in live action - ci scommette su e non sbaglia.
Jones diventa un cacciatore di taglie, che si porta dietro un figlio di una decina di anni perfettamente istruito sul mondo della criminalità in cui il padre sguazza. Un successo di pubblico e critica. Jones si esalta, così come i suoi fans. Da qui, l'ascesa.
Ritchie gli assegna un ruolo simile ma più centrale in Snatch, in cui recita al fianco di due futuri premi Oscar come Brad Pitt e Benicio Del Toro. Cacciatore di taglie dai metodi poco ortodossi, tra cani, zingari e battute che ancora riecheggiano sotto l'etichetta di cult. Perde sterline per il suo comportamento in campo, le vince al tavolo da poker con il signor Pitt. Tutto vero, fuori dal set.
"Stavamo giocando a carte a casa di Brad, la notte in cui è nato mio figlio Rocco. È stata una delle prime volte in cui l'ho visto vincere. Avevo un amico gitano con me e gli ho detto 'Vieni, andiamo a giocare a carte a casa di Brad', ed era rigido come una tavola.
La mattina quando si è svegliato aveva con sé i suoi tre bambini piccoli, diceva loro: Ora, quando tornate a scuola, ragazzi, quando vi chiedono cosa avete fatto per le vacanze, direte che siete andati a South End, che pioveva tutti i giorni e restavate nella roulotte, perché se dite che siete andati a Los Angeles e siete rimasti a casa di Vinnie Jones e papà è andato a giocare a carte con Brad Pitt, vi cacceranno da scuola'. Brad è con i piedi per terra, giocavo a carte con lui ed è un grande, grande idiota. Sono rimasto sorpreso che non fosse britannico in realtà, è così cool".
Prende casa a Los Angeles per rimanere ancorato all'industria di Hollywood e il suo nome comincia a circolare. Il torvo ex sportivo viene scelto per ruoli da gangster, sgherro, super-cattivo. Copre le spalle a John Travolta, realizza il sogno di partecipare ad un film con Robert De Niro (Codice Swordish), partecipa a produzioni kazake in cui recita senza mai parlare. Finisce persino in Giappone. E' il protagonista di Mean Machine, remake calcistico del classico con la palla ovale di Burt Reynolds (The Longest Yard, a sua volta in una nuova veste a inizio anni 2000).
Molti se lo ricordano come capo hoolingan in Euro Trip, altri come Fenomeno di X-Men 3 di Bryan Singer. Un mutante con una forza fisica sovrumana - rivisto recentemente in Deadpool 2 con un nuovo interprete - che Jones, però, odierà. La sceneggiatura infatti non rispecchia gli accordi iniziali secondo l'ex Chelsea, lamentandosi apertamente anni dopo con l'esplosione dei villani da fumetti e il Marvel Cinematic Universe.
"Non mi sono trovato bene, ma amavo quel ruolo. In realtà sono stato derubato. Il regista Matthew Vaughn mi fece firmare, era un grande ruolo con un’ottima sceneggiatura. E Fenomeno era un personaggio grandioso. Firmai per tre film, e questo fa capire quanto presi seriamente la cosa. Brett Ratner ha dissolto il mio personaggio. Era nel mio fottuto camper per metà del tempo. È stato uno dei lavori più deludenti che abbia mai fatto. Mi chiedevo sempre ‘Cosa ci faccio io qui?'. Non era lo stesso Fenomeno per cui avevo firmato.
Hanno tagliato la sua storia, hanno stravolto il suo personaggio e tolto i suoi dialoghi. Mi incontrai due volte con Brett per parlarne e mi disse ‘Sì, sì, arriverà il tuo momento. Stanno scrivendo la tua parte mentre parliamo.’ ma non è mai arrivato. È stata una delle più grandi delusioni di sempre. La cosa fastidiosa è che alcuni fan danno la colpa a me! Io non ho nulla a che fare con questo. Non è il ruolo per cui ho firmato. Il Fenomeno che avete visto non era il Fenomeno per cui avevo firmato con Matthew Vaughn. Questa cosa mi ha turbato molto.
So cosa significa per i fan, e penso di essere stato un capro espiatorio considerando che nessuno ha mai raccontato la mia versione dei fatti. Nessuno si è mai opposto per dire ‘Aspetta un attimo, abbiamo completamente sbiancato il personaggio di Vinnie’. Di fatto ero una comparsa. È così che mi sono sentito. Ad essere onesti, mi sono sentito pugnalato alle spalle.”
Era uno script diverso, e poi Brett, per qualche ragione, ha aggiunto tutti questi personaggi che avevano una singola frase nel film. Sembrava uno scherzo. È stata davvero una delusione, sai?"
Con l'arrivo dei mutanti nell'MCU, Vinnie vorrebbe lavorare con la Disney e portare di nuovo un casco sulla testa. Prendendo in prestito il nome del suo personaggio più famoso, Tony 'Schivapallottole' di Snatch, Vinnie Jones nel tempo non ha certo schivato volontariamente la vita hoolywoodiana che gli si è presentata sempre più scarsa. Ha lavorato sul nuovo ruolo da attore, rimanendo limitato nelle sue possibilità, ma si è scontrato con la vita.
LA SCOMPARSA DELLA MOGLIE
Nel 2014 Jones ha perso l'amata moglie per un cancro alla pelle. L'aveva conosciuta a Watford quando entrambi erano adolescenti, per poi sposarla nel 1994. Hanno vissuto tra Inghilterra e California, fino a quando lei non si è spenta. Uomo di poche parole nel rettangolo e di battute preimpostate sul grande schermo, Vinnie ha commosso il Regno Unito quando si e presentato davanti a Piers Morgan, celeberrimo intervistatore. Si è lasciato andare a sentimenti e dolore.
"Ci hanno detto forse giorni, forse settimane, forse mesi. Ero in ginocchio a ululare. Ti ritrovi ad andare al cimitero di Forest Lawn per prendere accordi prima che morisse.
Pensi di essere in un sogno dell'orrore, questo è l'unico modo per descriverlo. Sapevo che il dolore era orribile, sapevo che era ora di fermarsi e ho implorato l'infermiera di farlo. All'improvviso ha esalato il suo ultimo respiro e ho sentito che andava via. Semplicemente non sei lì in tempo reale. Ho sentito tutto che spariva ed era libera. Indolore.
Risposarmi? Impossibile, lei non lo vorrebbe. Non ci sarà un altro matrimonio Piers, te lo posso dire. Era quello perfetto e fatto apposta per me".
A 58 anni vive in un mondo in cui il suo modo di giocare è giudicato pericolosamente preistorico. In cui lui e i suoi due figli devono combattere ogni giorno con la scomparsa della signora Jones. Recita sopra le righe, staccatosi definitivamente da un mondo che lo ha allontanato per il bene della specie.
E' riuscito ad andare avanti, evoluto. Jones ha trovato un'altra via, in mezzo a tutto il resto.
