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Germania speakersGetty/GOAL

Speakers' Corner - Germania e Italia, mondi distanti: i giovani e il loro sviluppo

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Da Cancellieri a Zerbin, da Gaetano a Gatti, passando per Gnonto e Ricci. La Nations League sta facendo scoprire nuovi volti all’Italia calcistica. Giovani talenti in rampa di lancio da cui passa la ricostruzione di un ciclo partendo dalle macerie della doppia mancata qualificazione ai Mondiali, intervallate dalla vittoria di un Europeo che mese dopo mese è apparsa sempre più estemporanea, almeno nella curva di (de)crescita azzurra nell’ultimo decennio.

In questo contesto contraddistinto da tentativi di ricostruzione, senza l’apparenza di un piano, emergono i famigerati ‘modelli’. Quello francese della valorizzazione del talento, quello spagnolo dell’identità e poi quello maggiormente preso in causa, quello tedesco. Che, per rispolverare citazioni d’autore, non è “fisicamente un modello”, ma molto più semplicemente un modo di pensare alla soluzione più efficiente per raggiungere un obiettivo. Che prima, però, bisogna porsi.

Dopo il 2000 e l’eliminazione ai gironi all’Europeo la DFB, la federazione ha aperto i centri federali e iniziato a crescere una generazione che tra il 2008 e il 2016 ha disputato due semifinali e una finale europea, una semifinale mondiale e portato a casa la Coppa del Mondo 2014. La situazione attuale della nazionale tedesca non è poi così dissimile a quella di vent’anni fa, specie dopo i flop a Russia 2018 ed Euro 2020.

Così come allora, quando i giovani da cui ripartire erano Philipp Lahm e Bastian Schweinsteiger - più il rimpianto Deisler - anche oggi la Mannschaft fa affidamento sull’età e punta sul ricambio generazionale, senza farsi problemi a pensionare giocatori non più prestazionali. Con un obiettivo: formare una generazione. Come era vent’anni fa. Tagliando col passato recente.

Nel 2019 Löw aveva deciso di propria indole di far fuori Jérome Boateng, Mats Hummels e Thomas Müller, gli ultimi due tornati poi nei ranghi a ridosso di Euro 2020 per acclamazione popolare più che per una ferrea volontà del Ct o della federazione. 

Hansi Flick, che dopo l’Europeo ha preso il posto di Löw, ha mantenuto nel giro solo Müller, oltre a Neuer, che nessuno ha mai osato mettere in discussione — ragionevolmente. Gli altri ‘senatori’ sono giocatori di 27 anni come Gnabry, Kimmich e Goretzka, o intorno ai 30 come Rüdiger e Gündogan. Gli ultimi due però sono più eccezioni che regole. E non è un caso.

Nell’ultimo anno la Germania calcistica sta infatti rivolgendo gli occhi sulle nuove generazioni, anzi, nuovissime. Non rientra in questa categoria il classe 1999 Nico Schlotterbeck, centrale cresciuto nel Friburgo che da maggio è un giocatore del Borussia Dortmund. Parliamo di giovanissimi che da un anno a questa parte sono degli habitué.

Jamal Musiala, Florian Wirtz e Karim Adeyemi: i primi due 2003, il terzo 2002. Non sono lo straordinario, ma l’ordinario. Non sono apparsi sulla scena popolare dal nulla. Si potrebbe dire che hanno più talento. Si potrebbe, certo, ma sarebbe più consono parlare di sviluppo del talento.

Jamal Musiala DeutschlandGetty Images

Perché Florian Wirtz gioca titolare nel Bayer Leverkusen da due anni, da quando ne aveva 17, in un club che frequenta regolarmente l’Europa. Ora lo ha fermato un grave infortunio, ma Flick lo considerava una parte fondamentale del gruppo verso Qatar 2022. Lo stesso vale per Jamal Musiala, che di spazio ne ha da due anni nel Bayern Monaco, ad un livello addirittura superiore. Mentre Karim Adeyemi ha fatto un percorso diverso, dall’Austria e da Salisburgo, dove la valorizzazione del giovane è la mission primaria. Ha avuto il coraggio di crescere in un campionato all’estero, peraltro di secondo piano.

Quanti, in Italia, hanno saputo prendere questa scelta? Gnonto due anni fa è stato un apripista. E ora si è guadagnato una chiamata. In tempi recenti lo hanno seguito due classe 2005, finiti proprio in Germania: Filippo Mane al Dortmund e il giovane Pisano, dalla Juve al Bayern. Ci ha provato Kelvin Yeboah, sempre in Austria, prima di rientrare in Italia, al Genoa in un momento tutt’altro che facile. 

In più, non sempre la nazionale maggiore italiana si è rivelata attenta alle prestazioni dei propri elementi fuori dai confini: Vincenzo Grifo è stato riconosciuto come uno dei migliori della stagione di Bundesliga, ma è rimasto fuori dal giro dopo l’esclusione dai 26 per l’Europeo. Il buon Gnonto è molto più eccezione che regola. Almeno fino ad oggi. Perché in generale la sensazione diffusa è che senza quell’infausta serata palermitana questa serie di volti nuovi non l’avremmo conosciuta in tempi brevi.

Anche perché, tornando agli under 20 tedeschi, i paragoni con i coetanei della Serie A sono impietosi: solo Miretti ultimamente ha trovato qualche spiraglio di continuità almeno in termini di presenza nella lista della prima squadra. Per il resto, l’esigenza tedesca di aggregare alla prima squadra i migliori profili non è mai stata presa come spunto.

Ecco, se si vuole proprio parlare di ‘modello’, probabilmente questo può essere un buon punto di partenza: non confinare i talenti nei cicli coi pari età, ma provare a metterli in condizione di esprimersi anche al famigerato piano di sopra. Dandogli tempo di sbagliare e senza esaltazione esagerata.

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