Un poker alla Roma, un tris all’Inter. Una striscia aperta di 5 vittorie consecutive, il terzo posto in classifica con un solo punto in meno delle capoliste Atalanta e Napoli, tenendo dietro anche la Juventus e i campioni d’Italia del Milan. Con 16 punti nelle prime 7 giornate, l’Udinese è indubbiamente la squadra rivelazione dell’avvio di Serie A 2022/23.
Si tratta della miglior partenza nella storia del club, record condiviso con la stagione 2000/01. Meglio anche delle annate all’inizio del decennio scorso, quando guidata da Francesco Guidolin la squadra lottava per la Champions League, accarezzata per due stagioni, ma senza essere il grado di superare lo scoglio dei preliminari: la forza dell’Arsenal di Wenger prima (2011), il celebre cucchiaio di Maicosuel nella lotteria dei rigori contro il Braga poi (2012). Ricordi irrequieti per i tifosi friulani, che solo nell’edizione 2005/06 hanno preso parte alla massima competizione europea per club.
Quella di oggi non è più l’Udinese di Alexis Sanchez e Totò Di Natale, di Cuadrado e Asamoah, di Inler, Allan e Handanovic. Non ha una guida esperta come era Guidolin. È però una squadra costruita partendo dagli stessi principi: lo scouting e il coraggio nelle scelte. Senza prendere necessariamente la strada più semplice per la salvezza, puntando su spese importanti e su veterani della categoria. A volte è costata anche il rischio retrocessione: dal 2013/14 in avanti non è mai riuscita ad andare oltre il 12° posto. Quest’anno si raccolgono i frutti del lavoro.
GettyUDINESE, UN PASSATO RECENTE DIFFICILE
Dall’addio di Guidolin nel 2014, sulla panchina friulana si sono avvicendati 11 tecnici diversi in 8 anni. Ad esclusione di Luca Gotti, al volante per più di due anni, il tecnico che è resistito più tempo in assoluto è stato Delneri, 44 partite. 7 cambi in corsa d’annata, progetti ambiziosi naufragati dopo pochi mesi (lo spagnolo Velazquez).
Un’instabilità generale che qualcuno ha identificato in una sorta di snobismo verso l’Udinese da parte della proprietà, che per anni ha avuto nel proprio portafoglio altre due società: il Watford, protagonista di continui su e giù tra la Premier League e la Championship, ed il Granada, che fa la spola tra prima e seconda serie spagnola. L’Udinese invece resiste in Serie A da quasi 30 anni, dalla promozione del 1995 con Zaccheroni in panchina.
Negli ultimi 8 anni il rischio retrocessione si è palesato in più di un’occasione, ma è sempre stato scampato. Per la verità la squadra non ha trascorso tante giornate in zona rossa, solo una decina, e mai nel girone di ritorno. Ha vissuto sull’orlo del precipizio, riuscendo sempre ad evitare di mettere il piede nel posto sbagliato. Di contro, sempre nel girone di ritorno non è mai arrivata ad occupare una delle prime 7 posizioni. Un vivacchiare senza infamia e senza lode. Sopravvivenza e niente di più.
GettyLA FILOSOFIA UDINESE
Anche in questo periodo in cui le soddisfazioni sono state relative, a Udine sono passati giocatori di un discreto calibro. Alex Meret, il portiere titolare del Napoli di Spalletti che sogna lo Scudetto, il suo erede Juan Musso, nel giro della nazionale argentina, dove militano anche Rodrigo De Paul e Nahuel Molina, per i quali l’Atlético Madrid ha sborsato rispettivamente 35 e 20 milioni di euro. Le casse friulane raramente si sono ritrovate vuote.
Il merito è della filosofia che contraddistingue l’Udinese da anni, se non decenni: lo scouting e il coraggio di puntare sui giocatori scovati in giro per il mondo. Ogni anno alla Dacia Arena - stadio di proprietà, uno dei pochi presenti in Italia - arrivano giocatori da ogni parte del mondo, nomi perlopiù sconosciuti al grande pubblico, pescati in campionati di secondo o terzo piano, ma con grandi potenzialità da sviluppare.
I bianconeri sono storicamente una vera e propria ‘multinazionale’. Quest’anno la rosa si compone per circa l’80% di stranieri, una percentuale che non si discosta poi così tanto dal trend degli ultimi anni. La rete di osservatori su cui fa affidamento la società ogni anno porta almeno un paio di giocatori che hanno potenziale importante per poter diventare giocatori di livello e generare profitti importanti. Così i conti del club si mantengono floridi.
L’attenzione a sfruttare le occasioni che propone il mercato domestico fa il resto. Basti pensare a Destiny Udogie, l’esterno mancino classe 2002 che dalla prossima stagione batterà la fascia del Tottenham di Antonio Conte: nel Verona non trovava spazio, a Udine è diventato quasi inamovibile. Sempre dall’Hellas è arrivato l’ex Leeds Marco Silvestri, uno dei migliori portieri dell’ultimo quinquennio di Serie A per continuità.
GettyOgni estate si attua una mini-rivoluzione, tra giocatori che non possono essere trattenuti perché sono riusciti a fare il salto di qualità, tra chi è scontento del minutaggio (la rosa è spesso molto profonda) e tra elementi che invece deludono le aspettative. Capita anche questo, ma è altresì vero che è piuttosto raro vedere qualcuno lasciare l’Udinese ed esplodere altrove.
IL CORAGGIO
La squadra che attualmente è al terzo posto della classifica di Serie A è guidata da Andrea Sottil, che dell’Udinese è stato giocatore tra il 1999 e il 2003. 48 anni, è allenatore dal 2011 e mai prima dii quest’anno aveva allenato in Serie A. Tanta B, tantissima Serie C, un’esperienza anche in Serie D, fino a quando è arrivata la chiamata dell’Udinese in massima divisione.
Rispetto alle scelte tattiche effettuate da molti dei suoi predecessori, Sottil ha immediatamente proposto un calcio offensivo, fatto di coraggio, velocità nelle transizioni, verticalità, ricerca immediata dell’attaccante. Ha messo ancora più al centro del gioco l’ex canterano del Barcellona GerardDeulofeu, che in estate sembrava ad un passo dall’addio dopo la sua miglior stagione sotto il profilo realizzativo (13 goal), invece è rimasto.
GettyIl suo partner d’attacco Beto è stato pescato nella Portimonense, club di media classifica portoghese. In Italia la sua potenza atletica fa la differenza — e anche la sua esultanza alla LeBron James è diventata presto virale. Così come tutti i giocatori che compongono la cerniera di centrocampo: Walace dall’Hannover in Germania, il super talento Samardzic dalla panchina del RB Lipsia, lo sloveno Lovric dal Lugano, Makengo dal Nizza. Scouting, una filosofia.
Ovviamente non mancano i senatori, su tutti l’ex Juve e Watford Roberto Pereyra, tornato due anni fa in Friuli. Un elemento essenziale per spirito di sacrificio, per essere da guida ai giovani, per far da collante in uno spogliatoio che ha ospitato anche 20 nazionalità diverse. Ma che, come raccontato da Samardzic a GOAL, non fa sentir le differenze.
"Questo club è come una famiglia. Tutti si conoscono. È molto facile lavorare qui perché hai davvero tutto a disposizione. Cosa c'è di veramente fantastico? Puoi mangiare quando vuoi, 24 ore su 24 e 7 giorni su 7 - mattina, mezzogiorno, sera. La filosofia è quella di giocare un calcio propositivo. In rosa ci sono top player come Gerard Deulofeu e Roberto Pereyra. Di conseguenza, l'obiettivo è quello di conquistare un posto in una competizione internazionale. Al momento non c'è un traguardo preciso da raggiungere, vedremo durante la stagione".
Una ricetta che ora funziona. Miglior attacco della Serie A, alta classifica. Non sono i tempi di Zico, ma Udine torna a sognare.


