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Scartato da Mourinho, sbocciato al Wolfsburg: quando De Bruyne è diventato una star

Mohamed Salah e Kevin De Bruyne in comune non hanno soltanto il fatto di essere due delle star della Premier League, ma anche un percorso per certi versi simile a livello di carriere. Sono partiti da campionati di medio livello come Svizzera e Belgio, poi sono passati dal Chelsea. Poi entrambi sono stati bocciati dai Blues e alla fine sono esplosi altrove. Uno con la Roma, l’altro col Manchester City. Al Chelsea vengono rimpianti. Il belga, però, un po’ di più. Perché se Momo da un lato è andato via in silenzio, la partenza del belga nel gennaio 2014 ha fatto rumore. Anche perché di mezzo c’era José Mourinho. Un’istituzione del Chelsea. A cui però non è mai stata perdonata fino in fondo la decisione di lasciare andare il belga.

Il Chelsea lo aveva acquistato dal Genk e, come sempre accade con i giovani, lo aveva lasciato andare in prestito prima al suo vecchio club e poi nella stagione 2012/13 al Werder Brema, dove andò in doppia cifra di goal e per poco di assist. Inevitabile il ritorno alla base in estate, con un nuovo allenatore alla guida del club londinese: proprio lo Special One, reduce dal triennio di Madrid. A Stamford Bridge per rinforzare la trequarti arrivarono arrivarono Willian e Schürrle, i quali si aggiunsero nel reparto a Hazard, Oscar e Mata. In sei per tre posti dietro alle punte. Occhio ai numeri.

De Bruyne, a livello di nome, prestigio e charme, partiva più indietro nelle gerarchie. Difficile giocarsela ‘alla pari’ con gente che aveva già dimostrato di valere il livello oppure che era stata pagata intorno ai trenta milioni di euro. Certo dopo il Werder le squadre interessate a lui non mancavano. Una su tutte: il Borussia Dortmund di Jürgen Klopp, alla ricerca di un rinforzo sulla trequarti dopo la cessione di Götze. De Bruyne vacillava, poi arrivò la telefonata di Mourinho: rimani, conto su di te.

“Pensai di essere nei suoi piani. Poi sono finito fuori squadra e non ho più avuto la possibilità di giocare”.

De bruyne chelsea 14072013Getty Images

Le parole del classe 1991 al ‘Players’ Tribune’ riassumono perfettamente i suoi sei mesi in Blue. Giocò titolare due delle prime tre di Premier League, poi soltanto in EFL Cup, insieme ad altre riserve. Da fine settembre, zero presenze e solo quattro convocazioni in campionato. Tre spezzoni in Champions League, quasi un contentino. Schürrle, Oscar, Hazard, Willian e anche Mata - che sarebbe andato via a metà stagione per un rapporto, si dice, non idilliaco col portoghese - avevano le loro occasioni. De Bruyne invece guardava dalla panchina. Più spesso dalla tribuna.

“Ho parlato con Mourinho soltanto due volte. E non ho avuto nemmeno una spiegazione. Poi mi chiamò nel suo ufficio a dicembre. Mi disse: ‘Un assist, zero goal, dieci palloni recuperati'. Non capivo. Poi ha citato gli altri attaccanti. Willian, Oscar, Mata, Schürrle: erano le mie statistiche confrontate alle loro. Ma loro avevano giocato di più. Mi disse: ‘Se Mata parte allora diventerai la quinta scelta invece che la sesta'. Chiesi la cessione”.

Ultima ruota del carro della trequarti e tra i giocatori meno utilizzati. Due occasioni da titolare in Premier, poi solo spezzoni. Bollato come riserva senza ricevere occasioni e soprattutto spiegazioni. Quello che è stato l’ostacolo più grande.

“Io non sono il tipo che parla tanto con l'allenatore, ma naturalmente a volte voglio sapere cosa pensa. È stato forse questo il problema maggiore”.

Alla fine il Chelsea chiuderà la stagione 2013/14 centrando la semifinale di Champions League, il terzo posto in campionato. L’anno successivo sarebbe arrivato alla vittoria della Premier trascinato da Diego Costa. Mourinho non rimpianse De Bruyne e anche negli anni seguenti non ha mai biasimato sé stesso e Il Chelsea per la decisione.

“In quel momento, il club fece bene. Se De Bruyne fosse rimasto, non felice e non motivato, l’avremmo venduto l’anno dopo ottenendo almeno il 50% in meno. Non era pronto a lottare. Mi ha deluso, si allenava molto male”.

Kevin De Bruyne Wolfsburg Supercup 01082015Getty Images

Una ventina di milioni, destinazione Wolfsburg. E sei mesi dimenticati al Chelsea. John Terry, uno che il blue lo conosce bene e conosce altrettanto bene Mourinho, ha dato una spiegazione al flop del belga, tirando in ballo due nomi che nel primo Chelsea dello ‘Special One’, dal 2004 in avanti, sono stati determinanti.

“Se uno si dimostrava inferiore del 10% o del 20% rispetto agli standard fissati da Duff e Robben, che segnavano 20 goal a stagione, non poteva fare parte della prima squadra. Non aveva possibilità”.

Tempismo: rivedibile. Nel gennaio 2014 De Bruyne tornò in Bundesliga e dopo qualche mese di assestamento iniziò a macinare numeri. La stagione 2014/15 a livello statistico rimane ancora la sua migliore. Di goal ne segnò 16 tra tutte le competizioni, scollinando oltre i 20 assist. Ha settato un record per la Bundesliga, superato soltanto quest’anno da Thomas Müller. Le sue giocate trascinarono il Wolfsburg fino al secondo posto dietro al Bayern Monaco di Guardiola, battuto anche per 4-1 a fine gennaio in una partita che è diventata il manifesto di quella stagione per die Wölfe. Una partita segnata anche dalla morte di Junior Malanda, il suo connazionale e compagno nel Wolfsburg, scomparso a soli vent’anni nel gennaio 2015 a causa di un tragico incidente stradale. De Bruyne gli dedicò i due goal, poi la DFB-Pokal vinta a fine stagione.

Forse fu quella sera in cui Pep si innamorò di De Bruyne: nel 2016 i due si sono ritrovati al City. 75 milioni pagati dallo sceicco, un anno con Pellegrini. Poi il resto è storia. Prima di lasciare il Wolfsburg, De Bruyne regalò anche due gioie mai dimenticate dal club: la DFB-Pokal vinta il finale contro il Dortmund e la Supercoppa, battendo ancora una volta il Bayern di Guardiola. Che ora se lo coccola a Manchester, mentre a Londra, sponda Blues, rimane ancora un rimpianto.

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