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Ricardinho Brasil CorinthiansGetty Images/GOAL

Ricardinho, campione del mondo per caso: nel 2002 sostituì Emerson in extremis

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Domenica 2 giugno 2002, Ulsan, Corea del Sud. Il Brasile si sta preparando per l'esordio nella fase finale dei Mondiali asiatici, in programma il giorno successivo. Il clima è positivo, allegro, come in una famiglia. E non a caso è così, família Scolari, che sarà ribattezzato quel gruppo. Nel frattempo, a migliaia di chilometri di distanza, un calciatore di nome Ricardinho, 25 anni, ai Mondiali non sta proprio pensando. È stato escluso dalla lista dei convocati, del resto. E non ha motivo di pensare che vi rientrerà.

Durante la partitella di quella domenica, in porta va un centrocampista comeEmerson. È il capitano di quel Brasile, simbolo della Roma che 12 mesi prima – senza di lui, fuori per tutta la stagione per la lesione del crociato – si è laureata campione d'Italia. È il classico uomo di fiducia di Felipão. Gioca coi guanti per farsi trovare pronti, pensa il ct, nel caso un giocatore di movimento debba andare tra i pali. Il portiere titolare viene espulso o si infortuna, magari, e tutte le sostituzioni sono già state esaurite. Scenario remoto, ma vai a sapere.

Sliding door. Scherzi del destino. Emerson non sa che quella domenica, così come la decisione di andare in porta, cambieranno per sempre la sua carriera. E, a migliaia di chilometri di distanza, nemmeno Ricardinho può immaginarlo. Del resto conta appena quattro presenze con la Seleção, che non lo chiama da più di un anno. Ma a Ulsan accade l'impensabile. Il Puma compie una, due parate. Si sente in forma. Poi vola per respingere anche un tiro di Rivaldo, ma va a schiantarsi contro il palo, cadendo pesantemente a terra sulla spalla destra. L'esito non lascia dubbi: lussazione. Lo staff medico dà parere negativo e Scolari, dolorosamente, decide di tagliare Emerson.

In quegli stessi istanti, il venticinquenne Ricardinho è in ferie a Curitiba. Col Brasileirão fermo per far spazio ai Mondiali, è un tifoso tra i tifosi della Seleção. Apprende dalla stampa che Emerson si è fatto male ed è in dubbio, ma probabilmente non ci dà troppo peso. Anche perché ha caratteristiche tecniche diverse dal giallorosso, è più trequartista che metronomo davanti alla difesa. Così, come se nulla fosse, va in chiesa. Perché è un credente, non tanto perché speri in un aiuto divino. E quando torna a casa, la moglie Juliana lo accoglie con un sorriso e una notizia da far tremare i polsi.

“Quando ero uscito aveva scherzato, dicendomi di tenere il cellulare acceso, perché se Emerson fosse stato escluso avrebbero chiamato me – ha ricordato Ricardinho a 'Globoesporte' – E io le avevo risposto: 'Smettila, stai sognando'. Quando sono tornato a casa, mi ha detto che per prima cosa aveva chiamato Parreira, il mio allenatore al Corinthians. Poi aveva telefonato Americo Faria (supervisore della CBF, ndr). Infine ho parlato con Felipão”.

L'impensabile è accaduto. Ricardinho viene convocato al posto di Emerson, dal quale erediterà la maglia numero 7. Scolari, del resto, non si è mai fatto troppi problemi a chiamare giocatori militanti in patria: da Marcos a Edilson, da Luizão a Kleberson, da Anderson Polga a Rogério Ceni. Il nuovo integrante della rosa è reduce da anni da protagonista al Corinthians, il club più importante e significativo della propria carriera. Non è un profilo luccicante, di quelli che conoscono in tutto il mondo, ma può fare la propria parte.

“Di solito sono una persona calma, ponderata, ma la notizia mi ha lasciato un po' così – dice Ricardinho al momento della partenza del Brasile – Ho realizzato il mio sogno più grande. Non ho molto da dire, posso solo ringraziare il Corinthians e tutti i suoi tifosi. Sono emozionato”.

Emerson, convinto di essere stato sbolognato troppo in fretta, non la prende benissimo: “Dopo quell'episodio, io e Scolari non ci siamo più parlati”. Ricardinho, invece, ha ben altri pensieri che gli passano per la testa. E qualche problema pratico, uno più urgente degli altri: il passaporto gli scade lo stesso giorno della partenza per il Giappone. Non si è mai preoccupato di rinnovarlo, non avendo in programma viaggi internazionali, ma ora si ritrova costretto a farlo.

Così, inizia una personalissima corsa contro il tempo. Ricardinho lascia Curitiba e torna a San Paolo per prendere il passaporto. Quindi fa scalo negli Stati Uniti e infine in Giappone, al consolato brasiliano a Tokyo. “Il console è entrato in aereo, mi ha preso per un braccio e mi ha detto: 'So già ciò di cui hai bisogno'. E io sono andato con lui”. Il calciatore rinnova quindi il passaporto e riparte in direzione Corea del Sud, dove sono programmate le partite della fase a gironi del Brasile. Ma il maltempo costringe il pilota a un cambio di rotta e a un precipitoso ritorno in Giappone. Ricardinho raggiungerà così i compagni più di due giorni dopo la partenza. Al canale YouTube del giornalista André Henning ha raccontato: “Ho visto l'esordio del Brasile dalla cabina di pilotaggio”.

Esordio vincente, per la cronaca. Il Brasile va sotto contro la Turchia, ma rimonta e vince per 2-1. Si imporrà anche sulla Cina e sulla Costa Rica. E poi sull'Inghilterra agli ottavi di finale, nella partita del celeberrimo goal di Ronaldinho a Seaman. Sul Belgio ai quarti. Ancora sulla Turchia in semifinale. Fino ad arrivare alla finalissima e al trionfo della família Scolari,doppietta di Ronaldo e 2-0 alla Germania.

Ricardinho, come prevedibile, gioca pochissimo. Una ventina di minuti contro la Cina, una mezzoretta contro la Costa Rica, una manciata di secondi col Belgio. Ma alla fine anche lui potrà fregiarsi del titolo di campione del mondo. Sarà convocato anche quattro anni più tardi, in Germania, da Carlos Alberto Parreira, con tanto di assist magistrale per il 3-0 di Zé Roberto al Ghana. Emozioni nemmeno paragonabili a quelle vissute in Giappone e Corea del Sud.

Anche perché la carriera di club di Ricardinho si snoda per gran parte in Brasile, con qualche guizzo europeo. Il Bordeaux lo nota giovanissimo nel Paraná e gli consegna la maglia numero 10, senza però ricevere in cambio un rendimento accettabile. E così è il Corinthians la squadra più importante: a San Paolo vince per due volte il campionato, oltre a una Copa do Brasil e al Mondiale per Club “pilota” organizzato proprio in Brasile nel 2000. Diventa ben presto un idolo, il personaggio principale della squadra.

Poi, però, qualcosa si rompe. Nel 2002, dopo i Mondiali, lo vogliono in tante: anche l'Udinese. Ma il San Paolo cala l'offertona e il Corinthians accetta. Apriti cielo. “L'ho fatto per riconoscenza nei confronti del club, che stava attraversando difficoltà economiche – ripeterà in seguito – Avrei potuto aspettare qualche mese e andare a scadenza di contratto, ma non l'ho fatto”. Però il suo è pur sempre un trasferimento a una rivale cittadina. E la scelta viene vissuta come un tradimento epocale. Per la cronaca, il San Paolo si indebiterà a tal punto col Corinthians da trovare un accordo col Timão... 18 anni dopo, nel 2020.

Qualche anno più tardi, nel 2006, la rivista PLACAR indice invece un sondaggio tra lettori e calciatori, che devono votare il giocatore più odiato del Brasileirão. Vince proprio Ricardinho, che viene ritratto da un collega (anonimo) come uno che ama ingraziarsi gli allenatori per avere una maglia da titolare. Un altro, citando un amico che ci ha giocato assieme, lo dipinge addirittura come “un traditore... e in effetti la faccia è quella”. Ma in realtà è una votazione sorprendente anche per la stessa rivista, secondo cui il mancino è una persona “educata e con un'intelligenza e una cultura sopra la media”.

“Io sono uno che discute con gli allenatori – si giustifica Ricardinho all'epoca – principalmente dal punto di vista tattico. Forse è da questo che nascono accuse del genere. Mi preoccuperebbe se fosse una cosa più seria, più personale. Non so chi abbia votato e nemmeno mi interessa. Quello che so è che la grande maggioranza di questa gente, quando giocavamo assieme, veniva da me e mi chiedeva: 'Come ci comportiamo in campo? In questo modo, in quell'altro...'. Oppure: 'Dobbiamo discutere i premi partita, ci hai pensato tu?'. Sarebbe a dire che il mio modo di essere andava anche a vantaggio loro”.

L'altro episodio che riporta Ricardinho sotto i riflettori della cronaca è un parapiglia col connazionale Marcos Aurelio, divenuto Mehmet Aurelio dopo la conversione all'Islam. Roba del 2007: uno gioca al Besiktas e l'altro al Fenerbahçe, Ricardinho viene accusato di razzismo in campo, il rivale lo abborda nel garage sotterraneo dello stadio e parte la rissa, sedata a fatica dai presenti. In seguito il mancino si giustificherà: “Mai detto nulla di razzista”.

Nella memoria generale, però, Ricardinho è sempre quello: l'uomo che vent'anni fa sostituì Emerson senza minimamente aspettarselo. Che era in chiesa mentre la CBF cercava di contattarlo. E che partì per la Corea del Sud e il Giappone con un passaporto in scadenza. Conquistando la Coppa del Mondo da protagonista secondario ed entrando nel mito del calcio brasiliano dalla porta di servizio.

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