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Joey Barton

Rabbia e pallone: Joey Barton, il calciatore venuto dall'Inferno

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Quando sei nato non puoi più nasconderti. Non scegli tu il luogo, non scegli tu la famiglia. Per alcuni è una fortuna, per altri è una condanna. Se nasci a Huyton, periferia di Liverpool, le percentuali sono piuttosto sbilanciate, e non in positivo.

Negli anni '80 Huyton è uno dei sobborghi più malfamati d'Inghilterra. Per Joey Barton, il primo di quattro fratelli, la vita inizia subito in salita. “Ho dovuto scegliere fra tre strade: fare l’artigiano, il calciatore o quella della droga”. Il pallone, il campo e gli avversari diventano ben presto la sua valvola di sfogo.

La squadra del suo cuore è l'Everton, che però lo esclude dalle giovanili perchè non lo considera abbastanza dotato, sia tecnicamente che fisicamente. Barton ovviamente se la legherà al dito e qualche anno più tardi, quando sarà già diventato calciatore professionista, si abbasserà i pantaloni mostrando il sedere ai tifosi dell'Everton dopo una partita.

Quel rifiuto non è ostacolo ma uno sprone per Barton e per la sua carriera. Su di lui decide di puntare il Manchester City, prima per le giovanili e poi anche per la prima squadra. Nel 2003 arriva l'esordio in Premier League, ma passa poco tempo prima che i demoni sepolti dentro di lui inizino a tormentarlo.

Joey Barton 2015getty Images

Tutto inizia con una rissa durante un'amichevole estiva contro il Doncaster e prosegue con la sigaretta spenta sull'occhio di Jamie Tandy, calciatore delle giovanili, durante la festa di Natale del club. Barton chiede scusa, il City lo perdona ma gli blocca lo stipendio per 6 mesi. Non serve a nulla, i demoni di Joey sono ormai liberi, totalmente sguinzagliati.

Il 2005 è un excursus di violenza e follie. Barton viene escluso dalla tournée in Thailandia per aver preso a calci un tifoso dell'Everton che lo aveva insultato. Un tifoso di 15 anni. Non riesce a spegnere quel fuoco infernale che gli arde dentro, tanto che il suo allenatore di allora Stuart Pearce lo obbliga a partecipare a una terapia per la gestione della rabbia. Ma quella rabbia non si può gestire, è come un uragano, spazza via tutto.

Il calcio riesce parzialmente ad equilibrarla, a fare in modo che non gli rovini la vita come successo col fratello Michael, condannato prima all'ergastolo e poi a 18 anni di reclusione per l'omicidio a sfondo razziale di Anthony Walker, ucciso con un colpo di piccozza alla testa.

E' difficile, quasi impossible scappare da tutto questo. Dopo il fratello Michael, anche Joey Barton conosce il sapore del carcere nel 2007, in quello che allo stesso tempo è stato il suo anno migliore a livello calcistico e quello peggiore a livello personale. Barton è il leader del Manchester City, gioca 33 partite e segna 6 goal in Premier, esordendo persino con la maglia della Nazionale inglese in un'amichevole contro la Spagna.

Ma poi c'è la rabbia, quella rabbia che deve venire fuori, atrlimenti rischia di divorarlo dall'interno. Quella rabbia che manda in ospedale l'ex Serie A Ousmane Dabo per sospetto distacco della retina dopo una lite in allenamento e quella stessa rabbia che per poco non costa la vita a un minorenne durante una rissa fuori da un McDonald’s a Liverpool.

Joey BartonGetty

Barton finisce in prigione, come il fratello, ma ci rimane solo due mesi e mezzo. Ha il tempo di pensare, di fermarsi a riflettere su una redenzione che però non arriverà mai.

"Sia benedetta questa mia galera, ora che sto per uscire penso soltanto a una cosa: recuperare la fiducia in me stesso, quella dei miei tifosi, dei miei compagni e dello staff del mio club. È la mia ultima possibilità".

NIente da fare, il City non ne può più e lo scarica proprio alla fine della stagione migliore della sua carriera. Lo accoglie il Newcastle, dove rimane per cinque anni giocando su ottimi livelli in Premier League. Perché Barton non è soltanto uno che picchia duro o un mediano violento. Parliamo di un centrocampista estremamente tecnico ed intelligente, bravo sia a recuperare che ad impostare. Non fatevi strane idee. Barton a calcio ci sa giocare eccome.

Il suo problema è che vede il campo come un'arena dove combattere senza risparmiarsi. L'episodio che forse lo rende più noto, anche al di fuori dell'Inghilterra, è quello che accade durante un celebre Manchester City-QPR, quello del goal di Aguero all'ultimo respiro che regala il titolo alla squadra allora allenata da Roberto Mancini.

Minuto 54, risultato di 1-1. Barton, il grande ex, fino a quel momento è uno dei migliori in campo. Poi, all'improvviso, ecco il demone: gomitata a Tevez, cartellino rosso, calcio da dietro ad Aguero, quasi testata a Kompany e rissa sfiorata con Balotelli. Tre minuti di delirio accompagnati dal commento senza freni di Massimo Marianella, telecronista Sky, che insulta pubblicamente Barton durante la telecronaca.

"Barton è un criminaleè uno stupido ed è un criminale, è uno stupido per la sua squadra ed è francamente un criminale. E infatti è un ex galeotto. Che brutta persona. Non dovrebbe mai stare in un campo di Premier League neanche con un biglietto Joey Barton. È la peggior immagine che si può dare allo sport… e la Premier League è un bellissimo campionato, che ha fatto pulizia dei tifosi, ha reso vivibile per famiglie gli stadi, ma nessuno dovrebbe mai vedere su un campo di calcio un giocatore come Joey Barton. Che vergogna. È un giocatore vergognoso, vergognoso".

In anni e anni di telecronache non si è forse mai sentito un attacco del genere, una critica così diretta nei confronti di un giocatore. Ma Barton è questo, genera rabbia e odio, verso gli altri e ovviamente nei propri confronti. Non riesce a farne a meno, non è minimamente paragonabile ad altri 'bad boy' del calcio inglese come Roy Keane o Vinnie Jones, è qualcosa di più.

Nel corso della sua esperienza a Marsiglia viene ricordato per la lite in campo con Ibrahimovic, preso in giro per la grandezza del suo naso, e gli attacchi pesanti sui social contro Thiago Silva e Neymar.

"Due domande per Thiago Silva. Primo, perché parli di me nella tua intervista prima di PSG-Barca? Molto strano. Seconda, ti sei operato o no? Sono confuso, è un uomo che è diventato donna o una donna che è diventata uomo? Non riesco a capire".

"Neymar è il Justin Bieber del calcio. Ottimo sul vecchio YouTube, ma dal vivo è pipì di gatto. Un sopravvalutato, non è certo della stessa famiglia di Messi o Ronaldo. È solo un giocoliere".

In Francia ci rimane soltanto un anno, quanto basta per farsi odiare. Obiettivo raggiunto. Torna al QPR, dove non riesce ad evitare la retrocessione del club, poi un paio di mesi ai Rangers prima del triste epilogo della sua carriera, conclusa nel 2017 al Burnley dopo una squalifica di 18 mesi per calcioscommesse.

Si scopre che ne ha effettuate 1.260 nei precedenti dieci anni. Barton scrive una lettera è ammette di essere malato di ludopatia, l'ultimo dei suoi demoni sepolti ad uscire allo scoperto. Niente riscatto, niente redenzione. Barton è come un diavolo scappato dall'inferno: lì è nato ed lì che prima o poi dovrà tornare.

Abbandonare il calcio, però, è fuori questione. Rabbia e pallone, Barton ne ha bisogno, sono la sua benzina. Nel 2018 inizia così la carriera di alllenatore e guida il piccolo Fleetwood Town fino alle semifinali playoff per la promozione in Championship. Un piccolo miracolo, alla prima esperienza in panchina.

Joey Barton Fleetwood Town 2018getty Images

Va tutto liscio quindi? No, nessuno ha detto questo. Stavamo parlando dei risultati sportivi, perchè per il resto è sempre il solito cattivissimo Joey Barton. Chiedete a al povero Daniel Stendel, tecnico del Barnsley, che si è trovato con due incisivi in meno dopo uno scontro con Barton negli spogliatoi.

Che sia giocatore o allenatore, la storia non cambia. Barton è tornato in libertà su cauzione. Ma la libertà dai suoi demoni non la conquisterà mai. Da quando è nato è stato condannato a essere cattivo, per sopravvivere.

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