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Ronaldinho gfxGetty Images

Quando Ronaldinho era quasi del St. Mirren: un sogno sfumato sul più bello

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Il 30 marzo del 2001, il telefono squilla nella sede del St. Mirren, piccola realtà del calcio scozzese e fanalino di coda della Scottish Premier League. Non è un fatto così insolito: la finestra di mercato locale si chiuderà il 31 di quello stesso mese, ovvero un giorno più tardi, e dunque è quello il momento di concludere affari, tirare sul prezzo, ridurre la forbice tra domanda e offerta. La solita frenesia delle ultime ore, anche all'estero. Quel giorno, però, all'altro capo della cornetta c'è un personaggio particolare. Si chiama Eric Lovey. È uno degli agenti di Ronaldinho, una specie di consigliere, e ha una proposta piuttosto allettante: che ne direste se il brasiliano venisse a giocare da voi?

Raccontata così fa un po' specie, ma è tutto vero: esattamente un ventennio fa, a 21 anni appena compiuti, Ronaldinho era sul punto di diventare un calciatore del St. Mirren. Un bizzarro trasferimento da "calcio random", un matrimonio all'apparenza scombinato e senza senso. Ma da quella telefonata sorge un profluvio di emozioni. C'è pure l'ok convinto del futuro Pallone d'Oro, che a quei tempi è al centro di un intricato caso di mercato tra Gremio e Paris Saint-Germain. Dal Brasile alle poche migliaia di tifosi del St. Mirren Park, l'ex “Love Street” che verrà poi reinaugurato nel 2009, delizioso impianto incastonato a Paisley, città da poco più di 70000 abitanti.

Intanto, meglio spiegare il contesto di quell'abbinamento apparentemente assurdo. Intanto, Lovey è originario proprio di Paisley e sostenitore del St. Mirren. Ed ecco che il tutto inizia ad assumere contorni meno grotteschi. E poi la dirigenza dei Saints (o Buddies) è disperatamente alla ricerca di un attaccante che possa aiutare la squadra a uscire dalle secche di una classifica deficitaria. Così mira dichiaratamente un nome di grido per l'attacco, almeno per le possibilità economiche del club: si parla tra gli altri dell'ex bresciano Cadete, del nigeriano Amokachi e pure di Benny Carbone. Alla fine, la stella giusta sembra essere Bebeto. Il partner di Romario ai Mondiali americani di sette anni prima. È conosciuto nel mondo, ma è senza squadra dopo aver giocato anche in Giappone. Dice sì al St. Mirren, ma quando il club gli propone un provino per testare il suo stato di forma rifiuta sdegnato. E tutto muore lì.

“Il suo agente ci ha detto che la sua reputazione sarebbe stata sufficiente per metterlo sotto contratto, senza vederlo in azione, ma noi non siamo nella posizione di poterlo fare – dice all'epoca il manager Tom Hendrie L'idea di prendere Bebeto non era una trovata pubblicitaria. È stato un calciatore favoloso, ma c'è una bella differenza tra il suo contributo a USA '94 e quello attuale”.

E così, a sorpresa, ecco nascere l'operazione Ronaldinho. Che non è ancora la stella abbagliante di PSG, Barcellona e Seleção, ma sta già iniziando a costruirsi una reputazione e una carriera. Viene regolarmente convocato dalla Nazionale, con cui due anni prima ha vinto una Copa America segnando un goal spettacolare al Venezuela. Ed è praticamente già un giocatore del PSG, anche se il polemico precontratto firmato con i francesi viene contestato in maniera veemente dal Gremio, giunto a imbastire una furiosa battaglia legale. Il problema è principalmente uno: in Francia, come nella stragrande maggioranza dei paesi europei, la finestra invernale di mercato si è chiusa da tempo. E dunque R10 rischia di non poter giocare per alcuni mesi. Così, ecco l'idea: parcheggiamolo fino alla fine della stagione al St. Mirren. E poi sarà Parigi.

Quel 30 marzo del 2001, quando a Paisley sollevano il telefono, non possono immaginare di approcciarsi a uno dei momenti più iconici, anche se incompiuti, dell'ultracentenaria storia del club. Un club piccolo, con una bacheca ridotta: tre Coppe di Scozia, l'ultima nel 1987, e poco altro. E ora Ronaldinho può vestirsi di bianconero. Hendrie, il manager che solo pochi giorni prima ha rispedito al mittente Bebeto, questa volta ci sta. E si mette a lavorare incessantemente perché l'incredibile operazione possa andare in porto.

“L'agente era un tifoso del St. Mirren – ha raccontato in seguito al 'Sun' – e ci raccontò di essersi messo in contatto con il PSG, chiedendo ai francesi se fossero disposti a lasciare Ronaldinho in Scozia per gli ultimi tre mesi della stagione. Era coinvolto nel trasferimento dal Gremio e ci disse che Ronaldinho era scontento per il fatto di non poter giocare. Ronaldinho era giovane, non era ancora la stella che sarebbe poi diventato, ma certamente dovevamo convincere qualcuno che segnasse dei goal per noi tenendoci in Premier League. Sembrava essere una situazione vantaggiosa per tutti. Il PSG era contento, perché pensava che venire qui e acclimatarsi al calcio europeo sarebbe stato un bene per il ragazzo. Abbiamo concordato con il PSG il tipo di alloggio da dargli, gli abbiamo offerto un'auto e abbiamo accettato di pagargli uno stipendio simile a quello degli altri giocatori della rosa".

Nelle stesse ore nascono i primi intoppi. Il Gremio si mette di mezzo e la CBF, la Confederazione brasiliana, non fa molto per velocizzare i tempi. Il 30 marzo diventa 31. Mancano pochissime ore alla conclusione del mercato scozzese, fissata per la mezzanotte. Bisogna fare in fretta, ma l'operazione non si sblocca. Fino a sfumare definitivamente. Troppi documenti da far circolare, troppo poco tempo a disposizione. Mentre il tempo sta per scadere, tutti si rendono tristemente conto che il sogno Ronaldinho per il St. Mirren è svanito nel nulla.

“Direi che siamo arrivati a 24-48 ore dalla conclusione dell'affare – ha ricordato ancora Hendrie – Eravamo davvero vicini. Sarebbe diventato uno dei trasferimenti più sorprendenti e incredibili che il calcio abbia mai visto. Era una serie di circostanze uniche: il fatto che non stesse giocando, il fatto che fosse un giocatore del PSG perché aveva firmato un precontratto, il fatto che l'agente fosse originario di Paisley. Era stato un colpo di fortuna. Molte cose tutte incatenate assieme. Sarebbe stato incredibile riuscirci. Col senno di poi siamo rimasti delusi che Ronaldinho non fosse venuto da noi, ma ancora non ci rendevamo conto di cosa sarebbe diventato negli anni successivi. Era ovviamente un buon giocatore, giocava in Nazionale, eravamo entusiasti di portarlo qui, ma non avevamo ancora compreso appieno il suo talento".

Ronaldinho Golden Ball Confederations Cup Brazil Mexico 1999Pornchai Kittiwongsakul/Getty

Senza Ronaldinho, alla fine il St. Mirren un attaccante lo prende comunque. Si tratta di Stephen McPhee, 20 anni da compiere, giovanissimo prospetto scozzese cresciuto nel Coventry City, dove però non sta trovando spazio. Arriva in prestito fino alla fine della stagione. E quando a Hendrie chiedono le prime impressioni dopo la firma del nuovo arrivato, il manager dei Saints fa sfoggio di sincerità:

“Volevo prendere un grande nome. Ma dato che uno dopo l'altro tutti sono sfumati, ho deciso di puntare su qualcuno che conoscesse la realtà del calcio scozzese. McPhee ha qualità, è veloce e possiede le caratteristiche che ci sono mancate durante tutta la stagione”.

McPhee non se la cava neppure male al St. Mirren. A dire il vero non segna nemmeno una volta in sette presenze, però imprime una sterzata al gioco offensivo della squadra, tanto da essere nominato miglior giovane del campionato del mese di aprile. Qualche anno dopo segnerà 25 volte in una stagione col Port Vale, in terza serie inglese, guadagnandosi un'improbabile chiamata dai portoghesi del Beira Mar. Nel 2005 diventerà l'acquisto allora più caro della storia dell'Hull City (circa 400mila sterline). Poco da fare, però: sarà ricordato per sermpre come l'attaccante preso dai Saints al posto di Ronaldinho.

"Eri il sostituto di Ronaldinho, o sbaglio?", gli hanno chiesto qualche mese fa i conduttori di un podcast radiofonico, 'Undr the Cosh'. E lui, ridendo e facendo il gesto delle virgolette con le dita: "Sì, sì... Tom Hendrie non era riuscito a prendere Ronaldinho, quindi pare che al suo posto abbia puntato su Stephen McPhee". E poi, giusto per comprendere il contesto: "Quando sono arrivato ero pronto a fare i classici palleggi dentro lo stadio, con i tifosi... ma non c'era nessuno".

Nonostante gli sforzi di McPhee, il St. Mirren non riesce a capovolgere una situazione di classifica divenuta quasi insostenibile. Anche se ci va vicino: perde per 1-0 in casa del Celtic all'ultima giornata della stagione regolare, poi nel gironcino finale per evitare la retrocessione se la cava alla grande, vincendo due partite e pareggiandone tre, senza riuscire però a evitare l'ultimo posto a -5 dal Dundee United e la conseguente retrocessione in First Division. Tornerà in prima serie cinque anni più tardi, nel 2006, più o meno mentre Ronaldinho alzerà la Champions League nella “sua” Parigi.

Qualche anno dopo ancora, nel 2014, il St. Mirren annuncia l'arrivo da svincolato dell'ex Manchester United Eric Djemba-Djemba, reduce da un'esperienza in Serbia con il Partizan. E il manager Danny Lennon si sbilancia in conferenza stampa: “Se guardiamo ai suoi precedenti trasferimenti, è probabilmente il più grande acquisto della storia del club". Ronaldinho è definitivamente dimenticato. Anche perché, a dirla tutta, il gaúcho in Scozia non ha mai messo piede. L'avventura di Djemba-Djemba coi Saints dura però appena tre mesi, da febbraio a maggio, “nei quali non sono mai stato pagato”. Altro luccicante buco nell'acqua.

Un paio d'anni più tardi, invece, il St. Mirren sottopone a un provino tale Riyad Mahrez, sconosciuto algerino. Che però non regge alle rigide temperature scozzesi e scappa dall'hotel in cui alloggia la squadra con una bicicletta presa in prestito. E lì per lì, ovviamente, nessuno sospetta che quel ragazzo diventerà uno dei simboli del Leicester campione d'Inghilterra e poi un campione del Manchester City. Evidentemente è destino.

Una serie di "what if" che, in ogni caso, il St. Mirren ha deciso di accettare con leggerezza. Sui social network, con l'ironia che contraddistingue molti club esteri (ma pure italiani, caso del Pordenone e parecchi altri), il profilo ufficiale dei Saints ha più volte scherzato sul mancato arrivo di Ronaldinho 20 anni fa. A un tifoso ha brillantemente risposto che il campione brasiliano"avrebbe potuto giocare assieme a leggende come Mark Yardley e Barry Lavety, ma al loro posto ha scelto Samuel Eto'o e Thierry Henry. Peggio per lui". E nel 2018, una volta annunciato il ritiro, il fuoriclasse brasiliano è stato omaggiato anche dal St. Mirren. In modo particolare, naturalmente: "Siamo sicuri che il suo unico rimpianto sia quello di non aver mai giocato per i Buddies".

Nel 2019, infine, il St. Mirren non si è dimenticato di Ronaldinho nel giorno del suo trentanovesimo compleanno. E in quell'occasione sì, un po' di rimpianto per non essere riusciti a nobilitare la storia del club con un personaggio di tale calibro è emerso: "Cosa avrebbe potuto essere, eh?". Già: cosa avrebbe potuto essere.

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