"Ho giocato con Gigi Riva, un mito per un ragazzino sardo, e con il grandissimo Van Basten. Con Zico: un 10 puro. Ho vissuto con il fantastico Causio, ma pure con Gullit. Franco Baresi era tutto carisma, gli bastava uno sguardo per parlare. Scirea era grande nella semplicità" - Pietro Paolo Virdis a 'Il Giornale'
Nella sua carriera, come lui stesso racconta, ha giocato accanto a grandi campioni: da Riva, suo mito d'infanzia e suo modello, a Van Basten, passando per Zico, Causio e Gullit. Ma il partner d'attacco con cui si intendeva a meraviglia era il suo 'gemello' Gigi Piras.
Pietro Paolo Virdis ha scritto pagine importanti del calcio italiano, togliendosi le sue soddisfazioni. Dagli esordi nel Cagliari, la squadra della sua terra, con cui esplode come bomber in Serie B, passa alla Juventus dopo una trattativa lunga e controversa con Giampiero Boniperti. Ma una volta a Torino la scintilla non scocca.
Alcuni senatori lo osteggiano e ha una malattia che ne limita il rendimento. Dopo tre anni in chiaroscuro, con uno Scudetto e una Coppa Italia, la società bianconera lo cede in prestito ancora al Cagliari, nel frattempo risalito in Serie A. Grazie alla cura del tecnico Mario Tiddia, che ben lo conosce, Virdis recupera fisicamente e diventa il terminale offensivo di un tridente da sogno con Franco Selvaggi e Gigi Piras, che porta la squadra rossoblù a conseguire un impronosticabile 6° posto.
Nel 1981/82 torna così a Torino e finalmente dimostra anche in bianconero il suo valore, vincendo, questa volta da protagonista, il suo 2° Scudetto. Ma Madama decide di cederlo all'Udinese nell'estate 1982. Lì per lì sembra una bocciatura, e ci si mette anche la sfortuna, con la rottura crociato anteriore in allenamento che lo tiene a lungo lontano dai campi.
Ma 'il bomber di Sindia' ha una forte determinazione che lo porta a consacrarsi nella sua seconda stagione in Friuli, dove accanto a Causio e al fenomeno brasiliano Zico in un altro grande tridente, arriva per la prima volta in doppia cifra in carriera. L'exploit gli apre le porte del Milan: Virdis approda in rossonero nel 1984/85 e sviluppa subito un grande feeling con la piazza milanese.
Segna tanti goal con Nils Liedholm in panchina e viene confermato anche quando Silvio Berlusconi acquista la società. Nel 1986/87 si laurea capocannoniere della Serie A, e l'anno seguente l'arrivo di Arrigo Sacchi come allenatore lo porta a diventare protagonista delloScudetto 1987/88 e a vincere l'anno seguente la Supercoppa italiana e la Coppa dei Campioni.
Chiude la carriera nel Lecce di Carlo Mazzone, per poi provare a fare l'allenatore, senza grande successo. Il suo grande rimpianto resta la Nazionale: pur essendo stato bomber nell'Italia Under 21 e nella Nazionale olimpica, infatti, colui che è considerato il più forte centravanti sardo della storia, non ha mai giocato con la Nazionale maggiore.
DALLA NUORESE AL CAGLIARI CON IL MITO RIVA
Antonio Pietro Paolo Virdis, questo il suo nome di battesimo completo, nasce a Sassari per l'anagrafe il 26 giugno 1957, in realtà, come lui non manca mai di sottolineare, il 27. La sua famiglia è tuttavia originaria di Sindia, il paese del Nuorese dove trascorre l'infanzia.
All'età di 7 anni Pietro si trasferisce con la sua famiglia a Cagliari, la città capoluogo di regione, che sta vivendo in quegli anni il boom economico, sociale e sportivo, con lo storico Scudetto del 1970. Proprio a Cagliari Virdis inizia a giocare a calcio. Lo fa inizialmente con la Juvenilia, poi nelle Giovanili di una società che oggi non esiste più, I Vigili Urbani Cagliari, che aveva il proprio impianto nel quartiere Monte Mixi.
"Ho sempre avuto la passione per il pallone - racconterà al 'Guerin Sportivo' -. Si giocava per strada, in spazi stretti o nei campetti, ore e ore. In quel modo ho messo a punto il mio talento. Mi presero nel settore giovanile della squadra dei Vigili Urbani di Cagliari. Ci allenavamo in un campo vicino all’Amsicora, qualcuno del Cagliari mi notò ma non se ne fece nulla".
Il giovane Pietro è un attaccante che si muove molto e, con la sua andatura ciondolante, ama partire dalla fascia sinistra per poi accentrarsi e calciare in porta. Segna diverse reti nelle categorie giovanili, sogna di percorrere le orme di Gigi Riva e si capisce già che ha un qualcosa in più degli altri.
"Era il mio idolo, che incrociavo per strada ma non avevo il coraggio di fermare - dirà -. Con mio papà da piccolo andavo all'Amsicora per vederlo giocare".
Nel campionato 1971/72, a soli 14 anni, Pietro debutta con la Prima squadra dei Vigili Urbani, che gioca nel campionato regionale di Prima Categoria. Non viene più utilizzato, ma nel successivo torneo, nella primavera 1973 è mandato in campo in diverse occasioni a partita in corso.
La data da segnare sul calendario è quella dell'8 aprile 1973. Al Campo sportivo 'Monte Mixi' i Vigili Urbani di Cagliari, che navigano nelle zone basse della classifica, affrontano in casa il Gonnesa, formazione che lotta per un posto al sole nelle posizioni di vertice. Virdis fa il suo debutto da titolare a 15 anni e gli viene assegnata la maglia numero 11, la stessa del suo idolo di sempre.
La gara si gioca a ritmi alti ed è combattuta. Fin quando al 20' minuto, a sbloccarla è proprio il ragazzino venuto da Sindia.
Secondo quanto raccontano le cronache, "in una delle sue discese sulla fascia sinistra, ricevuta palla dal compagno di squadra Murenu, sul filo del fuorigioco, lascia partire un bolide che il portiere gonnesino Marchese riesce a respingere. Per sua sfortuna Virdis è lesto a recuperare e a ribadire la palla in rete".
La storia calcistica del 'Bomber di Sindia' nasce quel giorno, su quel terreno di gioco polveroso della periferia cagliaritana. Al goal di Pietro seguirà quello del compagno di squadra Serci al 30', e il Gonnesa riuscirà soltanto ad accorciare le distanze. I Vigili del Fuoco vincono 2-1 grazie alla prestazione del giovane attaccante, che diventa un titolare fisso della squadra e chiude la stagione segnando altre 2 reti.
Le sue prestazioni non passano inosservate: nell'estate 1973 lo acquista infatti la Nuorese, che disputa il campionato di Serie D e sogna la promozione in Serie C. Pietro, superate le difficoltà iniziali, nonostante sia ancora giovanissimo, esplode, e realizza 11 goal in 25 presenze, con i verdeazzurri che chiudono il campionato al 3° posto alle spalle di Cynthia Genzano e Romulea.
"Avevo 16 anni - ricorderà -, c’erano il fascino e la difficoltà di essere fuori casa. Era la prima esperienza lontana dalla famiglia, che abitava a Cagliari. A Nuoro stavo in casa con gli altri giocatori, ero così determinato a emergere che tutto passava in secondo piano".
E con la Nuorese Pietro ha anche l'occasione di incontrare il suo mito, Gigi Riva: i verdeazzurri giocano infatti un'amichevole con il Cagliari.
"Non dimenticherò mai la prima volta in cui l’ho affrontato: io giocavo nella Nuorese, lui nel Cagliari. Finì 2-2, con due goal suoi e due miei - racconterà a 'La Gazzetta dello Sport' - e di quel giorno conservo gelosamente una foto".
Uno dei goal di Pietro dà già la misura del campione che verrà: avventatosi di testa su uno spiovente in area, schiaccia con forza a terra il pallone che supera Albertosi appena fuori dai pali. La bella stagione a Nuoro e la bella figura fatta davanti agli occhi del suo idolo gli vale l'attesa chiamata del Cagliari. Per Pietro è un po' un sogno che si realizza.
"Il Cagliari a quel punto fu costretto a ricredersi e mi comprò spendendo molti più soldi".
BOMBER IN COPPIA CON 'IL GEMELLO' PIRAS
Anche se inizialmente il diciasettenne fa la spola fra la Primavera e Prima squadra, il 1° settembre 1974 Virdis fa l'esordio assoluto in Coppa Italia contro il Torino (vittoria 2-1 per i granata) e debutta subito in Serie A il 6 ottobre del 1974.
"Finì 0-0 - ricorderà ai microfoni del 'Guerin Sportivo' -, io giocai con il numero undici al posto di Riva".
'Rombo di Tuono' si è fatto male ad un polpaccio e in quella stagione disputerà soltanto 8 gare, segnando 2 reti. In un Cagliari che ha iniziato la sua fase discendente, nonostante la presenza ancora di diversi eroi del 1970, Pietro si ritaglia il suo spazio, collezionando 19 presenze senza reti più 3 in Coppa Italia.
"Non stavo nella pelle dalla gioia - racconterà Virdis -. Ero accanto al mio idolo Gigi Riva, c’erano altri reduci dello Scudetto: Tomasini, Niccolai, Nené, Brugnera, Gori. In verità era un Cagliari in fase calante".
"In quel primo anno non segnai, ma con me accanto, Bobo Gori fece 10 goal. Ho contribuito al suo successivo passaggio alla Juve (ride)".
La squadra sarda, con Radice in panchina al posto di Chiappella, risale in 10ª posizione e ottiene una salvezza tranquilla dopo esser stata nelle retrovie nel girone di andata. L'amore dei tifosi per la giovane punta però non nasce e arriva anzi qualche fischio. L'estate seguente, poi, i grandi finanziatori dell'industria si tirano indietro e per il Cagliari è difficile restare competitivi e far quadrare i conti.
Inizialmente Virdis fa coppia in attacco con il suo mito, ma i risultati della gestione di Luis Suarez sono disastrosi, e il 7 dicembre il tecnico è esonerato e la squadra è affidata al vice Tiddia, che porta in Prima squadra i giovani della Primavera:
Quando Riva si fa male gravemente contro il Milan e non vedrà più il campo, l'eredità pesante del campione di Leggiuno è affidata ai giovanissimi Virdis e Piras.
"Non ci ho mai pensato - assicurerà -, perché altrimenti il peso mi avrebbe schiacciato. Mi feci crescere anche i baffi, mi rendevano più uomo maturo. Mi sono messo a disposizione dei compagni. Ero l’ultimo arrivato, non potevo pretendere altro. Certo, il fatto che mi abbiano dato subito la maglia di Riva è stato un segnale".
"Seguire le orme di Riva è stato un motivo di orgoglio, allo stesso tempo un onore e una responsabilità. Emergere lontano dai grandi centri del potere calcistico non è facile, c'è il mare di mezzo. E non è solo un modo di dire. Se però hai talento, costanza e spirito di sacrificio, ce la fai".
Fra Virdis e Piras nasce un feeling speciale, dentro e fuori dal campo: segneranno 10 goal in due, 6 Pietro (il primo su rigore nel rovescio contro la Roma), 4 Gigi, ma non basteranno per salvare una squadra molto giovane dalla discesa in Serie B con soli 19 punti complessivi (di cui 13 però nel girone di ritorno) e l'ultimo posto finale.
Ma un preludio di quello che accadrà l'anno seguente e di quella che sarà la carriera importante di Virdis si verifica nell'ultima giornata a San Siro. I ragazzini di Tiddia, con la retrocessione ormai matematica, vanno a far visita al Milan e incredibilmente vincono 3-2 con 5 sardi in campo contemporaneamente (Virdis, Piras, Copparoni, Idini e Leschio) e 3 reti anch'esse tutte sarde, con goal di Leschio e doppietta del bomber di Sindia.
I rossoblù vanno in Serie B, ma i due giovani attaccanti Virdis e Piras fanno sognare i tifosi a suon di reti. Proprio questi ultimi, e non soltanto quelli sardi, li ribattezzano 'I gemelli del goal', sulla scia della coppia Pulici-Graziani del Torino. A fine anno saranno ben 18 in 35 presenze per Pietro, 10 quelle dell'attaccante di Selargius.
"Con Virdis eravamo amici e dormivamo in camera assieme - racconterà Piras a 'Storie di Sport' di Vittorio Sanna -. Abbiamo giocato insieme e segnato in Primavera e poi siamo arrivati lo stesso anno in Prima squadra. Dal punto di vista tecnico, anche in campo è il compagno con cui ho legato di più".
Nonostante le prodezze dei suoi giovani bomber, il Cagliari del presidente Delogu e dell'allenatore Lauro Toneatto finirà per mancare l'obiettivo del ritorno immediato nel massimo campionato, complici situazioni particolari. Il 20 marzo 1977, infatti, un'arancia scagliata da un tifoso rossoblù, e probabilmente destinata all'arbitro Rosario Lo Bello, colpisce il centrocampista del Lecce Cannito, che si sente male e viene portato all'ospedale, cosicché il Giudice Sportivo trasforma l'1-0 per i sardi in sconfitta per 0-3 a tavolino.
Dietro al Vicenza, promosso direttamente in Serie A, succede che, a causa del 'giallo dell'arancia', tre squadre arrivano a pari punti: con il Cagliari sono Atalanta e Pescara a giocarsi la promozione agli spareggi. Le cose per i rossoblù però vanno male e a gioire sono nerazzurri e biancazzurri. Quel risultato, unito alla scomparsa del papà, saranno molto importanti per il futuro di Virdis.

LA JUVE: IL "NO" A BONIPERTI E I PROBLEMI DI SALUTE
Il Cagliari nell'estate del 1977 ha bisogno di vendere e ad avere più mercato è ovviamente Pietro Paolo Virdis, reduce da una super stagione in Serie B. Sull'attaccante ha messo gli occhi niente di meno che la Juventus, che decide di portarlo a Torino. A condurre la trattativa è il presidente Giampiero Boniperti, che si trova in vacanza nell'isola a Santa Teresa di Gallura.
Ottenuto il sì del Cagliari, il 15 luglio, Boniperti pensa che non ci siano più ostacoli: Virdis si trasferirà in bianconero per una valutazione di un miliardo e 800 milioni di Lire, che prevede 800 milioni cash più il cartellino di Marchetti e la comproprietà di Capuzzo.
Ma si sbaglia clamorosamente. Virdis, infatti, non ha alcuna intenzione di lasciare la Sardegna e il numero uno bianconero sentirà pronunciare dal bomber di Sindia un "no" che farà grande scalpore. Si dirà che Virdis, come già Riva, avesse deciso di non lasciare più i colori rossoblù, che l'attaccante aveva un carattere difficile.
La società prova in tutti i modi ad indurre l'attaccante ad accettare il trasferimento, e alla fine sono decisivi la mediazione di Riva e il consiglio di sua madre. Il 23 luglio, da Santa Teresa di Gallura, Boniperti annuncia la fumata bianca definitiva.
"Ho sciolto ogni remora - dichiara alla stampa al termine del lungo corteggiamento della Vecchia Signora -, annullando il problema che avevo dentro e andrò in ritiro con la mia nuova squadra. Non chiedetemi di spiegare quali erano i motivi del mio atteggiamento. Sono ragioni personali, ed intendo che sono ragioni tutte mie".
Le motivazioni reali di quel "no" emergeranno soltanto diversi anni dopo.
"Il presidente Delogu - racconterà - mi disse: 'Pietro, ti abbiamo ceduto alla Juve'. Io non ci volevo andare alla Juve, e il motivo era molto semplice: giocavamo in B, avevamo perso gli spareggi per la serie A, volevo rimanere nella mia squadra, nella mia città. Ero l’unico maschio della famiglia. Poi quando babbo è morto non me la sentivo di andar via. Fu mia madre a convincermi: 'Pietro, vai, vai'. Altrimenti non ti fanno più giocare".
"L'avvocato Delogu, il padrone del Cagliari, mi fece anche sapere che i soldi erano finiti - spiegherà -. La gente del petrolio, Moratti e gli altri, non finanziava più. Se avessi rifiutato rischiavo di non giocare più, di essere prigioniero della società. La mia cessione era diventata una dolorosa necessità".
Suo malgrado, per il bene del Cagliari, Virdis approda dunque a Torino ad appena 20 anni. Il clamoroso rifiuto del 1977 non gli porterà grande fortuna nella sua prima esperienza in bianconero. Gli inizi sono tuttavia incoraggianti: l'esordio con la sua nuova squadra 'il bomber di Sindia' lo fa l'11 settembre alla prima giornata di campionato contro il Foggia al Comunale. Pietro subentra in corso a Tardelli all'86' e partecipa alla goleada per 6-0 contro i Diavoletti.
A dargli slancio è però la Coppa dei Campioni: mercoledì 14 settembre gioca da titolare l'andata del Primo turno contro i ciprioti dell'Omonia Nicosia e bagna l'esordio europeo con il primo goal in bianconero. La domenica successiva, il 18 settembre, rileva in corsa l'altro giovane, Fanna, e decide con un goal la partita per la squadra di Trapattoni (2-1).
Il ventenne sardo sembra avere tutto per sfondare anche con la Juventus: ha tecnica, fiuto del goal, un bel tiro e un tempismo e un'elevazione da grande attaccante. In Europa si ripete nel ritorno di Torino contro i ciprioti (2-0 per Madama), andando nuovamente a segno. Fa ancora meglio nel match di ritorno del Secondo turno contro i nordirlandesi del Glentoran, cui rifila una doppietta (5-0 per la Juve dopo lo 0-1 dell'andata).
In tutto 4 goal in 4 partite europee, sicuramente non male per un ventenne. Tanto che Trapattoni prova a lanciarlo titolare anche in Serie A, ma qui i risultati sono meno entusiasmanti. Il 6 novembre è titolare con Bettega contro l'Atalanta, tuttavia la Juventus non va oltre l'1-1. Le prestazioni di Virdis vanno in scemando, e ci si interroga su cosa stia succedendo al bomber.
Dopo le vacanze di Natale accusa un persistente mal di gola e si sottopone ad esami specialistici. Il 5 gennaio 1978 è ricoverato presso la clinica 'Fornaca' di Torino una "mononucleosi infettiva da virus", malattia benigna ma molto pesante per un atleta, in quanto, alterando il rapporto fra globuli rossi e bianchi nel sangue, provoca un senso di debolezza prolungato in chi ne è affetto.
Torna a disposizione a febbraio, ma poi è afflitto da dolori reumatici. La stagione per lui, che deve guardare i compagni da fuori, è praticamente finita in anticipo. I suoi compagni vincono lo Scudetto, precedendo il Vicenza, mentre seza Virdis il cammino in Coppa dei Campioni si arresta in semifinale contro l'Ajax. L'attaccante sardo chiude il 1977/78 con 24 presenze totali e 6 goal nelle tre competizioni (Serie A, Coppa dei Campioni e Coppa Italia) e una sola rete in 10 presenze in campionato.
"Non sono stato bene - dirà -. Prima la mononucleosi, poi i reumatismi articolari. Mi allenavo poco, per me era tutto molto difficile".
Va meglio il secondo anno (23 presenze e 6 goal) quando Trapattoni lo impiega spesso da sponda per Bettega. Virdis si rivela buon assistman per il compagno e realizza alcuni goal decisivi. Ne segna 3 al Verona (2 all'andata e uno al ritorno) e 3 all'Atalanta tutti insieme nella sfida di ritorno, cosicché a fine anno è il secondo marcatore della squadra alle spalle del suo compagno d'attacco.
L'attaccante sardo, con i suoi compagni, il 20 giugno 1979 festeggia la conquista della Coppa Italia, secondo trofeo personale in carriera, con il successo per 2-1 ai supplementari sul Palermo. Pietro dà il suo contributo con 3 reti in 7 presenze, fra le quali è particolarmente importante quella realizzata in zona Cesarini nella semifinale di ritorno con il Catanzaro, che spezza definitivamente le ambizioni dei calabresi, fissando il risultato sul 4-2 per i bianconeri dopo l'1-1 in trasferta dell'andata. Aggiungendo un altro goal in 2 gare di Coppa dei Campioni fanno 10 centri in 32 presenze.
Poi emergono problemi di carattere ambientale e caratteriali con alcuni compagni nello spogliatoio, legati a quel "no" iniziale che in tanti non avevano compreso. Alcuni senatori iniziano ad osteggiarlo. Trapattoni inizialmente gli dà fiducia, chiedendogli di sacrificarsi per la squadra, fin quando da un certo punto in poi decide di affidarsi quasi totalmente a Bettega supportato da due mezzepunte, Fanna e Marocchino.
Per Virdis, 17 presenze totali fra Serie A, Coppa Italia e Coppa delle Coppe, e un solo goal, contro il Pescara (0-2 per la Juve) a gennaio in campionato. Troppo pochi per chi era arrivato con la nomea del bomber.
Pietro cerca comunque di accumulare quell'esperienza che gli tornerà utile nella seconda parte della carriera e può dirsi comunque felice per motivi extracalcistici:
"A Torino ho trovato mia moglie - dirà sempre - e questa è stata la cosa migliore. Avevo un bel caratterino e nello spogliatoio c'erano turbolenze, chiacchiere animate. Però quando la squadra andava in campo era una armata, una corazzata. Quel carattere in altre situazioni mi è servito per reagire ad una situazione. A Torino forse no, dovevo essere più morbido".
"Quel rifiuto al mio trasferimento condizionò immediatamente il rapporto tra me e l’opinione pubblica; non solo, ma addirittura fra me e i miei compagni. Ecco il motivo per cui non ebbi a rendere a sufficienza, ecco perché sorse quella barriera fra me e i tifosi bianconeri. Quando si è giovani, si crede e si pensa di essere maturi, però non lo si è mai abbastanza; a conti fatti, ci si accorge di navigare nel bel mezzo del mare dell’errore. È quanto è successo a me; per un anno ho vissuto fra così tanti errori da restarne distrutto moralmente".
Dopo aver segnato comunque 17 reti in 73 presenze, nell'estate 1980 viene girato nuovamente al Cagliari, a titolo temporaneo, con l'obiettivo di ritrovare la tempra e la condizione dei tempi migliori.
IL RITORNO IN SARDEGNA E IL RISCATTO A TORINO
Tornato nell'isola, rilascia un'intervista al noto giornalista sportivo ed ex giocatore rossoblù Puppo Gorini prima dell'inizio del campionato.
"I tre anni passati alla Juventus per me sono stati sprecati - dichiara nel settembre del 1980 - perché ho perso molte di quelle che erano le mie aspirazioni. Sono costretto ora a riniziare da capo, perché devo ricrearmi una fama. Ma non dovrei avere difficoltà, perché questo è un ambiente unito e fraterno".
"Quello che mi interessa - aggiunge l'attaccante con i baffi - è ritrovare me stesso anche come calciatore per potere dare il massimo non solo a me stesso ma anche alla squadra, per poterle permettere di andare più su in classifica".
Inizialmente, in realtà, il suo ritorno rischia di spezzare gli equilibri dello spogliatoio rossoblù. Franco Selvaggi teme di perdere il posto accanto a Piras, ma il tecnico sardo, dopo poche giornate, in tempi di difensivismo imperante, decide coraggiosamente di affidarsi ad un tridente esplosivo nel quale Virdis agisce accanto allo stesso Selvaggi e al 'gemello' Piras, con Gattelli primo rincalzo dalla panchina.
Pur cedendo lo scettro di bomber alla punta lucana (8 reti), Virdis a fine anno è il secondo miglior realizzatore della squadra con 5 goal in 22 presenze, più 3 partite in Coppa Italia, e le sue marcature sono tutte particolarmente significative e non banali.
Pietro si sblocca il 19 ottobre, quando al Comunale firma con Piras la vittoria degli isolani sul Torino (1-2). Si ripete il 23 novembre, quando con un colpo di testa infligge alla Roma capolista di Liedholm e Falcão una dolorosa sconfitta al Sant'Elia (1-0).
Non può mancare il goal alla Juventus, che giunge puntuale alla prima di ritorno. Piras scappa via palla al piede alla retroguardia bianconera e serve a centro area 'Il bomber di Sindia': quest'ultimo, in campo con il numero 7 sulle spalle, gira in rete abilmente alle spalle di Zoff, facendo esplodere i tanti emigrati sardi presenti al Comunale. Nella ripresa Scirea fisserà il punteggio sull'1-1.
Pietro non si ferma e va in goal anche la domenica successiva contro l'Inter, realizzando in acrobazia su deviazione corta di Oriali la rete dell'1-1. L'ultimo goal lo realizza il 1° marzo al Sant'Elia ed è ugualmente pesante, perché vale i due punti contro l'Avellino (1-0 per i sardi). Nel finale di stagione trova meno spazio.
"Ragioni di mercato - spiegherà -. Me lo disse Gigi Riva, passato nei quadri dirigenziali: 'Dobbiamo mettere in vetrina Selvaggi che ha molte richieste. Tu tornerai alla Juve a fine prestito. Dobbiamo monetizzare'. E così fu".
Ma il suo apporto al 6° posto finale del Cagliari, risultato storico per i rossoblù, ottenuto con una formazione tutta italiana nell'anno di riapertura delle frontiere, resta tangibile. Chiusa definitivamente l'avventura con la squadra della sua terra con un bilancio di 30 goal in 116 presenze, Virdis fa ritorno alla Juventusnel 1981/82 con tanta voglia di riscatto.
Con Paolo Rossi fuori per gran parte dell'anno per la squalifica comminata ai suoi danni in seguito allo scandalo del Totonero, dopo l'infortunio occorso all'esperto Bettega, Trapattoni affida al 'bomber di Sindia' il ruolo di centravanti titolare della Vecchia Signora, e lui lo ripaga con una grande stagione.
I goal decisivi (1-0 in entrambi i casi per Madama) ad Avellino e Milan segnano l'avvio di un'annata esaltante per l'attaccante sardo. A fine anno saranno 9 i centri in campionato, che culmina con la conquista del suo secondo Scudetto (i bianconeri precedono al fotofinish la Fiorentina), più uno pesante in Coppa dei Campioni nel ritorno del Primo turno contro il Celtic (2-0 per la Vecchia Signora dopo una sconfitta di misura all'andata) e 2 in Coppa Italia, per complessivi 12 goal in 37 gare.
"Fu la migliore stagione a Torino. L’anno sabbatico mi fece bene - ammetterà Pietro -. L’attacco si poggiava su di me, specie dopo l’infortunio a Bettega. Credevo nella riconferma".
Ma il sardo, autore anche di una tripletta all'Avellino il 3 gennaio 1982, ha la sfortuna di trovarsi al top quando la concorrenza è diventata molto dura: Paolo Rossi è tornato (e i Mondiali lo consacreranno), Galderisi è esploso e stanno arrivando Platini e Boniek. Per Virdis, autore di 29 reti in 110 presenze spalmate in 4 anni, dopo 2 Scudetti e una Coppa Italia si chiudono inesorabilmente le porte della Vecchia Signora.
"Ero in vacanza a Parigi, tranquillo - racconterà -. Poi leggo sui giornali notizie su una mia possibile cessione. Chiamo subito in sede. Il 'Boss' (Boniperti, ndr) mi dice che sarò confermato al 99,9%. Invece no. Ci rimasi malissimo. Pensavo di essermi meritato una nuova stagione alla Juve. Ma la società aveva speso molto ed io ero uno di quelli che potevano essere sacrificati a un prezzo interessante. Fu così che mi accordai con l’Udinese".
ALL'UDINESE CON CAUSIO E ZICO
Dopo i Mondiali del 1982 Pietro si ritrova dunque assieme a Causio a vivere un'esperienza con un'ambiziosa provinciale come l'Udinese, che punta a ritagliarsi il suo spazio nell'elite del calcio italiano. In mezzo però si mette di nuovo la sfortuna.
'Il bomber di Sindia' in una partitella di allenamento al 'Moretti', scontrandosi con il portiere della Primavera Leonardo Cortiula, si procura infatti la lesione del legamento crociato anteriore del ginocchio, infortunio che lo costringe a saltare tutta la prima parte della stagione 1982/83.
Pietro è operato a Lione e deve star fuori quasi 6 mesi. Torna in campo il 19 dicembre entrando a gara in corso contro il Catanzaro (1-1). Il 9 gennaio segna contro l'Avellino, ancora una volta sua vittima, la prima rete con la maglia dell'Udinese. Nel suo primo anno in Friuli colleziona 16 presenze e 2 goal in campionato (il 2° nel successo per 3-1 in casa sul Cesena), e la squadra si piazza al 6° posto in classifica.
Le ambizioni aumentano vertiginosamente nel 1983-84, quando ad Udine approda il campione brasiliano Zico. Con lui anche Massimo Mauro, con i due che si aggiungono a Virdis, Edinho e Causio, già in squadra nell'annata precedente. Il campionato è in larga parte esaltante per la squadra e per 'il bomber di Sindia', che agisce da centravanti in un tridente offensivo spettacolare con Causio e Zico.
Doppietta al debutto stagionale contro il Genoa (5-0), seguito dal goal del provvisorio vantaggio in casa sulla Juventus (2-2), da quello del pareggio finale con la Lazio (2-2) e da un altro guizzo contro il Napoli (vittoria netta per 4-1).
Nel girone di ritorno l'attaccante sardo si conferma: nuova rete al Genoa (3-1), doppietta alla Fiorentina (3-1), goal decisivo al Torino (0-1) e, centro che peserà più di tutti, anche se sarà inutile, segna di testa al Milan (1-2 per i rossoneri). L'Udinese, grazie alle prodezze di Zico (19 volte a segno) e alle sue 10 reti in 29 presenze, a marzo è terza in classifica, ma poi, dopo l'infortunio del brasiliano, scivola giù e chiude in 9ª posizione.
Proprio in quell'ultima gara stagionale, la prestazione di Virdis impressiona il vicepresidente rossonero Gianni Rivera, che decide di portare al Milan il bomber sardo.
"Segnai 10 reti, eravamo una bella squadra con Causio e Zico come compagni di reparto. All‘ultima giornata affrontammo il Milan. Feci goal e di fatto si crearono le premesse per il mio passaggio in rossonero. Ariedo Braida, all’epoca Direttore sportivo dell’Udinese, tentò di convincermi a rimanere. Ma di là c’era Gianni Rivera che mi voleva. E poi Nils Liedholm, che mi aveva cercato già anni prima quando allenava la Roma".
VIRDIS AL MILAN FRA GOAL E TITOLI
Chiusa l'importante parentesi friulana con 12 reti in 50 partite, nell'estate 1984 Virdis approda al Milan. 'Il bomber di Sindia' in rossonero farà coppia con grandi giocatori: dapprima l'inglese Mark Hateley, successivamente campioni come Gullit e Van Basten.
Con il suo passo felpato e l'istinto del grande attaccante, riuscirà ad imporsi sia durante la gestione di Nils Liedholm, che lo aveva fortemente voluto, sia, poi, quando Berlusconi approderà alla presidenza del club e porterà in panchina Arrigo Sacchi.
"Il primo ricordo è la telefonata di Rivera - dirà Virdis - . Era vicepresidente e mi disse che erano stati i giocatori a consigliare il mio acquisto. L'Udinese aveva Zico, ma il Milan era il Milan".
"Fra Liedholm e Sacchi - spiegherà - c'erano tante differenze, soprattutto di carattere. Ma entrambi erano dei rivoluzionari. Non bisogna dimenticare che lo svedese costruì quel Milan che poi Sacchi porterà in cima al mondo".
Virdis si cala subito nella realtà di Milanello e trova una grande continuità sottoporta, che aveva avuto solo a tratti nella prima parte della carriera. Il 1984/85 lo vede autore di 13 goal in 40 presenze complessive, di cui 9 in 28 gare in Serie A e 4 in 12 partite in Coppa Italia.
Dopo una rete alla Carrarese in Coppa Italia il 29 agosto, in campionato bagna subito il debutto a San Siro il 16 settembre 1984 con il primo goal davanti ai suoi nuovi tifosi nel 2-2 con l'Udinese, sua ex squadra. Il 7 ottobre l'attaccante sardo timbra nuovamente il cartellino contro la Juventus, fissando il punteggio sull'1-1. Virdis realizza un goal anche con l'Atalanta (2-2), tuttavia è nella sfida di ritorno con i bianconeri che si erge a mattatore, con una doppietta decisiva nel 3-2 inflitto ai bianconeri.
"Era un calcio divertente, con tanto possesso palla - dirà Virdis ai microfoni di 'Rai Sport' - una preparazione a quel che sarebbe avvenuto negli anni successivi".
Pietro fa esultare i tifosi anche con la Roma (1-0 per i rossoneri), ma è nel Derby con l'Inter del 17 marzo 1985 che entra ufficialmente nel cuore dei supporters milanesi. Firma infatti il provvisorio 1-0 battendo Zenga con una girata di testa sul primo palo su assist su punizione di Wilkins. L'ultima prodezza in campionato, dove la squadra si piazza al 5° posto a pari merito con la Juventus e si qualifica in Coppa UEFA, è contro la Lazio.
In Coppa Italia, invece, dove il Milan arriva in finale, con una sua rete elimina la Juventus ai quarti e in semifinale segna di nuovo ai cugini nerazzurri nell'1-2 del 23 giugno. 'Il bomber di Sindia' bagna col goal anche la finale di ritorno al Ferraris con la Sampdoria, ma sono Souness (goal vincente a San Siro) e Vialli e Mancini (marcatori in casa) a portare il trofeo a Genova.
Nel 1985/86 le reti di Pietro salgono a 16 in 43 gare, di cui 6 in 28 gare in campionato, una in 6 gare in Coppa Italia e soprattutto 6 reti in 6 gare in Coppa UEFA, con 'il bomber di Sindia' che conferma di avere un forte feeling con il palcoscenico europeo. I rossoneri arrivano agli ottavi di finale, venendo eliminati dai belgi del Waregem con un k.o. a sorpresa a San Siro, mentre in Serie A arriva un mediocre 7° posto. Ma il 20 febbraio 1986 Silvio Berlusconi rileva il club, a rischio fallimento, e diventa il nuovo presidente dopo le dimissioni di Giussy Farina.
Virdis è fra i giocatori della rosa che vengono confermati. Il 1986/87 è l'anno della consacrazione per 'il bomber di Sindia', che, sempre guidato da Liedholm, realizza 18 goal in 35 partite, laureandosi capocannoniere della Serie A davanti a Gianluca Vialli e diventando il primo giocatore sardo a riuscire nell'impresa.
"Non finirò mai di ringraziare i miei compagni - dichiarerà Pietro a 'Rai Sport' -, che mi hanno permesso di arrivare a questo trofeo".
Il Milan parte bene ma rallenta molto in primavera, e quando la qualificazione europea è a rischio Berlusconi esonera Liedholm e chiama al suo posto il tecnico della Primavera Fabio Capello. I rossoneri arrivano quinti assieme alla Sampdoria e grazie ad una rete di Massaro nello spareggio salvano la stagione e vanno in UEFA.
Tante le prodezze che portano l'attaccante sardo a laurearsi re dei bomber: con 2 goal, ad esempio, stende la Roma il 21 dicembre all'Olimpico, poi in fila Verona (1-0) e Atalanta (2-1), timbra ancora il cartellino con la Juve (1-1 il punteggio) e realizza il goal vittoria sull'Inter (2-1) nel Derby di ritorno. Nel finale sua la rete della bandiera contro il Napoli di Maradona, che vincerà lo Scudetto (2-1 per i partenopei), e anche una spettacolare tripletta alla Roma il 3 maggio.
Ma la stagione della svolta per i rossoneri è il 1987/88, l'anno in cui Berlusconi affida la panchina ad Arrigo Sacchi e arrivano i due olandesi Ruud Gullit e Marco Van Basten, oltre a Carlo Ancelotti. Il Milan ingaggia un testa a testa entusiasmante con il Napoli, e alla fine prevale sui partenopei in rimonta. Fra i grandi artefici dell'impresa c'è anche lui, Pietro Paolo Virdis, adattatosi anche ai nuovi schemi di Sacchi.
"Con Sacchi è veramente cambiato tutto - racconterà Pietro -. I metodi di allenamento, la gestione, persino le partitelle. Arrigo le ha fatte diventare tattiche. Non è stato facile, soprattutto per chi come me era già sui trent’anni, entrare in questa nuova concezione calcistica. Mettersi a rincorrere l’avversario, a fare pressing sui portatori di palla, sui difensori. Io ero un attaccante e l’ho fatto, ci sono riuscito e devo dire che quei metodi di preparazione mi hanno allungato la vita calcistica".
Ormai i capelli e i baffi che da tempo caratterizzano il suo look sono brizzolati, ma il fiuto del goal e la classe sono rimasti gli stessi di quando da giovane aveva fame di affermarsi nel grande calcio. 'Il bomber di Sindia' segna 12 goal pesanti in 25 gare di campionato, e a questi ne somma 2 in Coppa Italia e altrettanti in Coppa UEFA, in entrambi i casi in 4 gare, per un totale di 16 centri in 29 partite. Il tutto all'età di 30 anni.
Fra i suoi goal, alcuni sono particolarmente significativi. Il 25 ottobre 1987 il Milan supera con una sua rete il Verona e Sacchi può portare avanti il suo progetto tecnico.
"Dopo l'eliminazione in Coppa UEFA contro l'Espanyol, la vittoria di Verona arrivò a proposito - dirà a 'Calcio2000' -. Del resto il mio compito era fare goal e feci il mio dovere. Ma Sacchi sarebbe rimasto comunque".
Due gare del girone di ritorno che lo vedono grane protagonistacontribuiscono a renderlo una leggenda della storia rossonera: prima Inter-Milan, derby che i rossoneri vincono per 2-0 il 24 aprile 1988, con uno dei 2 goal da parte dell'attaccante sardo, quindi la doppietta al Napoli il 1° maggio, nel 3-2 del San Paolo che consegna di fatto lo Scudetto ai rossoneri.
"Della stagione 1987/88 - racconterà al sito ufficiale del Milan nel 2020 - non dimenticherò mai la vittoria nel derby per 2-0, ma anche il 3-2 contro il Napoli con due goal miei. La foto indimenticabile è quella della mia esultanza con le braccia alzate dopo la seconda rete".
"Quei due goal firmarono la rimonta sul Napoli e, di fatto, vollero dire Scudetto. Maradona alla vigilia, caricò da par suo l'ambiente: 'Oggi voglio vedere solo bandiere azzurre', disse. Ricordo che alla fine la gente ci applaudì, la cosa più bella fu l'omaggio di quel grande stadio a noi rossoneri".
Al titolo di campione d'Italia, il terzo della carriera e il primo in rossonero, preceduto in estate dal Mundialito Clubs vinto sempre dai rossoneri, aggiunge altri due titoli nel 1988/89, la sua ultima stagione in rossonero. Il più importante è senza dubbio la Coppa dei Campioni, punto più alto raggiunto nella sua carriera calcistica.
'Il bomber di Sindia' contribuisce con 3 goal in 6 gare disputate (2 al Levski Sofia e uno nell'andata contro la Stella Rossa a Milano, mentre al ritorno arriva un rosso nella gara poi fatta ripetere per la nebbia), e vive anche la gioia di disputare la finalissima il 24 maggio 1989, subentrando con il numero 16 al 15' della ripresa al posto di Ruud Gullit.
"Entrai dopo un'ora al posto di Gullit, anche se non stavo bene - ricorderà -. Furono i miei compagni a volere che io andassi in campo, per far parte di quel trionfo. E devo ringraziare il mister e Ruud. Ero entusiasta, ma venivo da uno stiramento, e dopo pochi minuti, su una palla in profondità di Rijkaard, mi sono rifatto male. I compagni mi servivano cercando di farmi segnare ma i miei movimenti era condizionati. Però l'importante era esserci. Non lo dimenticherò mai".
In Coppa Italia sono 3 le presenze con un goal in quella stagione, mentre in campionato, che vedrà i rossoneri piazzarsi terzi dietro Inter e Napoli, colui che Gianni Brera aveva ribattezzato 'Massinissa', dal nome del primo re guerriero della Numidia, realizza 10 goal in 26 partite, fra cui una tripletta alla Fiorentina e una doppietta al Pescara. L'ultimo goal con la maglia del Milan lo firma contro il Lecce il 16 aprile 1989. Proprio i salentini, curiosamente, saranno la squadra con cui giocherà e andrà a concludere la carriera agonistica.
Prima fa in tempo a vincere (senza giocare perché è infortunato) anche una Supercoppa Italiana, con i suoi compagni che il 14 giugno 1989 superano 3-1 la Sampdoria di Vialli e Mancini. La bella parentesi rossonera si chiude durante l'estate, dopo 5 anni e la bellezza di 76 goal e 29 assist in 186 partite giocate.
"Ho avuto la fortuna di giocare con Gullit per l'infortunio alla caviglia di Van Basten - dirà - e abbiamo formato una bella coppia. Poi con Marco, quando si fece male Ruud, e arrivò anche quel carro armato di Rijkaard, che poteva giocare in più posizioni fra difesa e centrocampo e spesso risolveva anche da sé le partite. Quelli con Sacchi sono stati gli anni in cui mi sono espresso al massimo delle mie capacità. Ancora oggi che lavoro nella ristorazione l'ambiente Milan mi testimonia questo amore".
IN AZZURRO CON L'UNDER 21 E L'OLIMPICA
L'unico cruccio di una carriera importante è per Virdis quella di non aver mai indossato la maglia della Nazionale maggiore. Eppure Pietro gioca prima con l'Italia Under 21, con cui colleziona 8 presenze e un goal, debuttando il 22 settembre 1976 quando ancora giocava nel Cagliari, e più avanti, ai tempi in cui era bomber del Milan, da fuoriquota con la cosiddetta 'Nazionale Olimpica' o Italia 'B'.
Con quest'ultima, convocato prima da Dino Zoff e successivamente da Francesco Rocca, suo successore, si conferma bomber, realizzando 10 goal in 15 partite, di cui 3 alle Olimpiadi di Seul del 1988. Al torneo dei giochi olimpici è in campo nella clamorosa debacle del girone contro lo Zambia (4-0 per gli africani), e va a segno contro il Guatemala nella Prima fase, e si ripete nei quarti con la Svezia (2-1 ai tempi supplementari) e in semifinale con l'URSS, contro cui firma il provvisorio 1-0 prima della rimonta sovietica nei supplementari.
Gli Azzurri giungono alla fine quarti, sconfitti poi 3-0 nella finalina per il 3° posto dalla Germania Ovest di Jurgen Klinsmann. Ma in Nazionale 'A', Pietro non giocherà mai: Bearzot prima, e Vicini poi, preferiranno puntare su altri attaccanti: Rossi, Graziani, Giordano e Altobelli il primo, Vialli e Serena il secondo.
'Il bomber di Sindia' è così l'unico giocatore ad aver segnato in carriera più di 100 goal in Serie A a non aver vestito la maglia azzurra e uno dei quattro capocannonieri del torneo, con Volk, Protti e Hubner, a non aver avuto questa gratificazione.
"Vuol dire che c'erano giocatori più forti di me - dirà Virdis a 'Calcio2000' -. Fossi nato in un altro periodo, probabilmente avrei fatto molte partite. Io rispetto sempre le scelte degli altri. Questo non significa naturalmente che qualche partita in Nazionale maggiore non l'avrei potuta giocare anch'io".
Si consolerà giocando con la Lega Nazionale Serie A una gara contro la Polonia in cui fa coppia con Careca ed è supportato da Maradona nei panni del rifinitore. La partita, giocata a San Siro il 12 novembre 1988, termina 2-2.
GLI ULTIMI ANNI CON IL LECCE E IL RITIRO
Le ultime due stagioni da professionista vedono Virdis indossare per due stagioni la maglia giallorossa del Lecce, sotto la guida di Carlo Mazzone.
"Cinque mesi prima della scadenza del contratto col Milan chiesi a Galliani se mi avrebbero confermato. Mi rispose di sentire Sacchi, che mi consigliò di parlare con la società perché lui mi voleva confermare. Un tira e molla fino all’ultima partita, quando chiesi a Galliani e Sacchi che cosa volevano fare. Rimasero zitti e fecero parlare Berlusconi: 'Ti ringraziamo per il lavoro, quando vuoi qui sei di casa'. Nessuno aveva avuto il coraggio di dirmi che non servivo più e per me è una ferita aperta...", racconterà.
"Lecce è una città splendida. Un po’ come Udine, anche lì eccellente qualità di vita. C’era chi mi chiamava 'Maestro del goal'. Forse perché avevo vinto una classifica dei cannonieri, o perché qualche goal mi era riuscito bene. Il vero maestro l’ho trovato io, a fine carriera: Carlo Mazzone. Una persona veramente gradevole e perbene. Mi ha insegnato molto, mi piacerebbe poter continuare a fare l’allenatore".
Virdis in giallorosso fa coppia con un altro vecchietto terribile, l'argentino Pedro Pablo Pasculli, con cui svilupperà una grande intesa. In due stagioni mette insieme 8 goal in 51 presenze, utili a fargli tagliare il traguardo delle 100 reti in Serie A.
Quando torna a San Siro da avversario, i tifosi rossoneri lo accolgono con uno striscione a lui dedicato, strappandogli una lacrima di commozione.
"Il tempo che passa distrugge, il mondo che resta dimentica, immortale resta un eroe: Pietro Paolo”
Arriva a 101goal totali in Serie A prima di appendere definitivamente le scarpette al chiodo all'età di 34 anni, dopo la discesa in Serie B dei salentini.
"Che gusto c'è - si chiedeva spesso – a prendere soldi nelle categorie minori quando il meglio lo hai già dato? Meglio smettere e fare altro".
Specialista dei calci di rigore, nella sua carriera in Serie A ne ha sbagliato soltanto uno su 17 totali battuti: l'errore arrivò in Milan-Pisa 0-0 del 29 gennaio 1989. A neutralizzare la sua conclusione è stato Gianpaolo Grudina, portiere sardo come lui e originario di Decimomannu.
RISTORATORE DI SUCCESSO CON LA MOGLIE CLAUDIA
Dopo il ritiro, Virdis prende il patentino da allenatore a Coverciano e per alcuni anni prova a dedicarsi alla carriera da tecnico. Guida per brevi periodi l'Atletico Catania (da novembre del 1998 all'aprile del 1999), la Viterbese (da marzo a maggio del 2001) e la Nocerina (da aprile a giugno 2002), senza grande fortuna.
Decide così di abbandonare il mondo del calcio per dedicarsi ad un'altra passione, i vini e la cucina. Con sua moglie Claudia, l'amore della sua vita, conosciuta a Torino ai tempi della Juventus,apre così a Milano un'enoteca con un piccolo ristorante, 'Il Gusto di Virdis'.
"Partimmo nell’ottobre del 2003 - racconterà - è la passione mia e di mia moglie. Andavamo in giro ad assaggiare cibi e prodotti. Poi ci siamo detti: 'Perché non facciamo una cosa nostra?'. L’ abbiamo fatto. Spero con gusto… All'inizio facevamo solo degustazione e vendita, ora anche ristorante".
Il menù è naturalmente a prevalenza sardo: fra i vini spiccano il Cannonau e la Malvasia di Bosa, mentre fra le prelibatezze culinarie c'è la bottarga di muggine, rigorosamente di Cabras, che viene servita tagliata a tacche. Senza naturalmente scordare i salumi e la ricotta affumicata. Il tutto offerto a tavola dal 'bomber di Sindia'.
GoalNegli anni Novanta, sempre assieme a Claudia, ha rivelato recentemente di aver fatto proprio l'insegnamento orientale "Ama e servi tutti".
"Con mia moglie leggemmo del predicatore indiano Sai Baba - racconterà a 'Il Corriere della Sera' -, ci incuriosì. Decidemmo allora di andare in India per vedere se i racconti su quell’uomo capace di fare tanto e bene per gli altri corrispondevano a verità. Beh, era tutto vero. Cominciammo a seguire i suoi insegnamenti. E di comportarci di conseguenza".
Claudia e Pietro hanno due figli, Matteo e Benedetta, la piccola di casa, che non lo ha mai visto giocare. A far capire ai tanti giovani nati dopo il suo ritiro dalle scene chi era Pietro Paolo Virdis, ci ha pensato un certo Marco Van Basten, che di lui disse:
"Dal punto di vista tecnico è stato il più grande attaccante con cui ho giocato".
Il calcio Pietro continua a seguirlo da tifoso.
"Il mio cuore è diviso fra Cagliari e Milan", ha rivelato di recente 'il bomber di Sindia', inserito anche nella Hall of fame del club sardo.
L'attaccante partito dal campo in terra battuta dei Vigili Urbani del capoluogo sardo, e arrivato a laurearsi campione d'Europa con il Milan degli olandesi, unico giocatore sardo a riuscirci, oggi ricorda con piacere i bei tempi in cui era un attaccante temuto dai difensori e coltiva con successo la passione per i vini e la ristorazione.




