A un certo punto è passata, e in alcuni è pure rimasta, l’idea che fosse un Bad Boy. Abbiamo incontrato, conosciuto e parlato con Nicolò Zaniolo, l’abbiamo fatto seduti, "Piedi X Terra", a un metro di distanza e abbiamo capito un paio di cose.
Di bad Zaniolo non ha nulla, è timido, lo è da far fatica a guardarti negli occhi quando ti racconta la sua storia. Una storia che racconta al ritmo dei calciatori, un po’ impostato, musicale quasi, deriva dell’essere cresciuto col papà calciatore in casa: “fin da piccolo, lo sentivo e lo imitavo”.
Una storia che per un ragazzo di 20 anni ha già avuto picchi emotivi enormi e a volte ce lo dimentichiamo. Lui che senza neppure un minuto in Serie A, ha debuttato da titolare in Champions contro il Real Madrid e quel pomeriggio “l’ho passato in camera, a letto, come paralizzato a guardare il soffitto”.
Ancora oggi fa fatica a realizzare quel che ha attorno, come il momento in cui “nel tunnel del Bernabeu non riuscivo a vedere il campo, ma solo una distesa di maglie bianche e accanto a me avevo campioni come Ramos o Modric”. Lui che senza neppure un minuto in Serie A, è stato convocato in Nazionale da Mancini, e che l’ha saputo guardando la tv durante una pizza a casa di un amico: “Non ci credevo, pensavo fosse un errore”.
Abbiamo capito, parlando Piedi X Terra con Zaniolo, che le lacrime hanno già fatto parte della sua carriera. Finendo dalla chiamata in cui diceva ai suoi che quello della Nazionale non era un errore, partendo invece dal giorno in cui “ricordo ero al bar di mio padre, a Spezia. Venivo da un rifiuto della Fiorentina, che mi aveva scartato per motivi tecnici ed ero nella Primavera dell’Entella. Non giocavo. Quattro partite e nemmeno un minuto in campo. Ricordo che iniziai a pensare: forse il calciatore non è la mia strada, forse le qualità per farlo non le ho, forse devo smettere. E ricordo anche, e lo farò per sempre, le parole di mio padre: fai un’ultima settimana a mille, non devi avere rimpianti. L’ho fatta e da lì è cominciata la risalita”.
Abbiamo capito anche da dove viene quella fame che l’ha portato a mostrare così tanto in così poco tempo: “Dopo qualche anno tra Spezia e Canaletto, la stessa squadra in cui ha iniziato Buffon, sono andato al Genoa. Ho fatto un anno da pendolare Spezia-Genova, poi sono dovuto andare via per problemi logistici: non esisteva un servizio che con un pulmino mi portasse avanti e indietro. La Fiorentina invece quel servizio ce l’aveva: uscivo 10 minuti prima da scuola. Alle 13.10 partivo per Firenze da Spezia e tornavo a casa alle 21. Così ogni giorno per tre anni, fino ai 14, quando sono andato in convitto con i ragazzi che venivano da fuori”.
Ha fatto sacrifici, grossi, per arrivare a vivere, essere quel che è oggi. Anche per questo le critiche “fanno male, è brutto passare da essere osannato a essere un esempio negativo. Non ci sono stato bene quest’anno, ma anche questo mi è servito a crescere, oggi sono più costante in campo e ho le spalle un po’ più larghe”.
Abbiamo parlato con Zaniolo e abbiamo capito che è un ragazzo che certe cose ha sempre saputo di poterle fare, semplicemente non pensava di riuscirci così in fretta. Abbiamo capito che è forte e se ne sta rendendo conto, giorno dopo giorno, abbiamo capito che ha una storia lunga così e che, dopo tutto quello che ha fatto vedere, ha ancora i Piedi X Terra.


