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Peter Shilton, portiere della 'mano de Dios' e uomo dei record

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In Inghilterra è l'uomo dei record, visto che la sua carriera professionistica fra i pali è durata 31 anni e lo ha visto stabilire il primato di presenze dei campionati, ben 1005, tutt'oggi imbattuto, il record di presenze con la maglia della Nazionale inglese (125) e il record di presenze di un calciatore in competizioni ufficiali (1390).

Al di fuori della Gran Bretagna, però, Peter Shilton è stato soprattutto il portiere della 'mano de Dios', il goal più discusso della storia del calcio, segnato di pugno da Diego Armando Maradona, ma convalidato dall'arbitro tunisino Ali Bennacer, che ha causato l'eliminazione dell'Inghilterra dai Mondiali di Messico '86 e, assieme a quello che è considerato 'Il goal del secolo', ha permesso all'Argentina di avanzare in semifinale.

Per quell'episodio, considerato dagli inglesi 'una ladrata', e dal Pibe de Oro un segno divino, Shilton non ha mai perdonato il numero 10, che non gli avrebbe mai chiesto scusa.

SULLA SCIA DI BANKS

Peter Shilton nasce a Leicester il 18 settembre 1949 e all'età di 13 anni entra nel Settore giovanile del Leicester City, il club della sua città. Gioca come portiere e dimostra doti fisiche, atletiche e temperamentali di primo livello. Così scala rapidamente le categorie e a 17 anni si ritrova già in Prima squadra.

Il 4 maggio 1966 fa il suo esordio in First Division nel successo casalingo per 3-0 ai danni dell'Everton. Gordon Banks, il portiere titolare delle Foxes, si accorge delle qualità del suo giovane collega e dopo quasi due anni da dodicesimo, proprio Shilton è la causa dell'addio dell'esperto Banks al club. Peter pretende infatti, all'atto della firma del primo contratto da professionista, che il Leicester City lo faccia giocare da titolare, e l'accordo è formalizzato nell'aprile del 1967, quando Gordon va via e si trasferisce allo Stoke City.

A partire dalla stagione 1967/68, dunque, Shilton gioca per oltre 9 anni consecutivi con le Foxes, dimostrando, a dispetto della giovane età, grande temperamento e qualità fisiche e atletiche importanti (è alto un metro e 85 centimetri per 82 chilogrammi di peso forma), in particolare una sicurezza invidiabile sulle palle alte.

Nella sua prima stagione da titolare, il 1967/68, riesce nell'impresa di segnare un goal direttamente su rinvio dal fondo nella partita dell'ottobre 1967 contro il Southampton. Sarà quella per lui l'unica rete realizzata nella sua lunga carriera.

Nella stagione 1968/69, invece, il Leicester City retrocede in Second Division, ma, contemporaneamente, raggiunge la finale di FA Cup. Qui, nel vecchio Stadio di Wembley, il 26 aprile 1969, affronta il Manchester City.

Le Foxes perdono 1-0, ma Shilton diventa il più giovane portiere ad aver mai giocato la finale di Coppa d'Inghilterra a soli 19 anni. Ancora oggi, fra gli estremi difensori, resta uno dei più precoci. In Second Division gioca due stagioni ad alto livello, e dimostra una capacità unica nel dirigere il reparto difensivo, interfacciandosi anche a muso duro con i compagni, tanto da essere convocato nell'Inghilterra.

Di lui un compagno di squadra dirà:

"Si sente un direttore d'orchestra".

Nel 1970/71 il Leicester City, grazie anche a lui, vince la Second Division ed è nuovamente promosso nella massima divisione inglese. Il 7 agosto 1971 le Foxes sconfiggono 1-0 il Liverpool, vincitore dell'FA Cup, e, anche in virtù della rinuncia alla partecipazione dell'Arsenal, campione d'Inghilterra, Shilton vince con il Leicester City lo Charity Shield, primo trofeo in carriera.

Nel 1973 è stato anche il primo portiere ad indossare un'uniforme di gioco totalmente bianca. Accade nella semifinale di FA Cup contro il Liverpool. Il portiere paga cara la scelta cromatica in quell'occasione, visto che, particolarmente distinguibile dalla distanza, Shilton sarà 'uccellato' da Kevin Keegan con un pallonetto dalla media distanza, realizzando un goal che costa l'eliminazione alle Foxes.

Rimane al Leicester fino all'autunno del 1974, collezionando 348 presenze e un goal in tutte le competizioni, 286 presenze se si considerano i soli campionati, per poi trasferirsi allo Stoke City, seguendo sempre le orme di Gordon Banks, che prima di lui aveva difeso la porta dei Potters, che lo paga 660 milioni di vecchie Lire.

Ma i circa 3 anni con i biancorossi non saranno particolarmente positivi per Shilton, che perde la Nazionale e nel 1976/77 retrocede per la seconda volta in carriera in Second Division.

GLI ANNI D'ORO DEL FOREST

Dopo aver iniziato la stagione 1977/78 ancora con lo Stoke City in Seconda Divisione, dopo 121 presenze totali (110 nei campionati) passa al Nottingham Forest, neopromosso in First Division, per circa 600 milioni di vecchie Lire.

Con Brian Clough in panchina e il suo assistente Peter Taylor al suo fianco, Shilton vive il ciclo d'oro del club, che gli consente di riconquistare la Nazionale dei Tre Leoni. Nel 1977/78 il Nottingham Forest vince a sorpresa da neopromosso la First Division e la League Cup, battendo in finaleil Liverpool, match in cui Shilton non è presente per infortunio ed è sostituito dal dodicesimo Chris Woods.

Per Shilton, che nel 1978 è votato dai suoi colleghi 'Giocatore dell'anno della First Division', arrivano le gratificazioni personali. Nella sua stagione d'esordio con la nuova squadra, il portiere subisce del resto appena 18 goal in 37 presenze. La sua parata spettacolare su Mick Ferguson nel pareggio per 0-0 con il Coventry City, una deviazione d'istinto sopra la traversa su colpo di testa ravvicinato e a botta sicura del suo avversario, è considerata dai critici la più bella in carriera.

Peter Shilton 1980Getty Images

Nel 1978/79 arrivano per Shilton e compagni lo Charity Shield (il secondo vinto da Shilton), battendo 5-0 l'Ipswich Town, la seconda League Cup consecutiva, conquistata battendo 3-2 in finale il Southampton (stavolta il portiere di Leicester è regolarmente in campo) e, soprattutto, la prima Coppa dei Campioni.

Superato il Liverpool in un duro derby ai sedicesimi, poi, nell'ordine, l'AEK Atene agli ottavi, il Grasshoppers ai quarti e il Colonia in semifinale, l'ultimo atto vede il Forest opposto agli svedesi del Malmö a Monaco di Baviera il 30 maggio 1979.

Gli inglesi si aggiudicano il trofeo imponendosi 1-0 grazie ad una rete del futuro blucerchiato Trevor Francis allo scadere del primo tempo. Shilton può così alzare al cielo la Coppa dalle grandi orecchie. Non sarà la sola, perché nel 1979/80 il Nottingham Forest si ripete e vince la seconda Coppa dei Campioni consecutiva.

Gli inglesi stavolta partono superando gli svedesi dell'Öster ai sedicesimi, quindi i rumeni dell'Arges Pitesti agli ottavi, i tedeschi della Dinamo Berlino in un doppio duro confronto ai quarti (sconfitta per 1-0 al City Ground, vittoria per 3-1 a Berlino Est), e raggiungono la finale di Madrid avendo la meglio sull'Ajax nelle semifinali.

Il 28 maggio 1980, allo Stadio Santiago Bernabeu di Madrid, la squadra di Peter Shilton si impone 1-0 sui tedeschi occidentali dell'Amburgo grazie alla rete di Robertson al 20' del primo tempo. Shilton mantiene inviolata la propria porta e al fischio finale si laurea per la seconda volta consecutiva campione d'Europa.

Prima il Nottingham Forest aveva messo in bacheca la Supercoppa europea 1979, superando 1-0 il Barcellona nell'andata del City Ground e successivamente pareggiando 1-1 al Camp Nou il match di ritorno. Invece niente Coppa Intercontinentale: nel 1979 il Nottingham Forest declina l'invito a partecipare (al suo posto va il Malmö), nel 1980 la squadra di Clough è sconfitta 1-0 a Tokyo dagli uruguayani del Nacional de Montevideo, che si impongono 1-0 grazie alla rete del futuro cagliaritano Victorino.

Il ciclo d'oro del Nottingham Forest si è ormai chiuso e nel 1982, dopo i Mondiali disputati in Spagna con la Nazionale dei Tre Leoni, Shilton approda al Southampton, chiudendo la bella avventura con i Tricky Trees con un bilancio personale di 7 titoli e 272 presenze in tutte le competizioni.

Maradona SHiltonGetty Images

L'INGHILTERRA: I RECORD E 'LA MANO DE DIOS'

Una pagina fondamentale della storia calcistica di Peter Shilton è rappresentata però dall'esperienza con la Nazionale inglese, in virtù della quale è ricordato da un lato, soprattutto in patria, come 'uomo dei record', dall'altro, specie al di fuori dai confini nazionali, come il portiere della 'Mano de Dios'.

L'esordio con i Tre Leoni di Shilton è precoce, e arriva a 21 anni nel 1970 contro la Germania Est in amichevole (vittoria per 3-1).Con il mitico Alf Ramsey, il Ct. campione del Mondo nel 1966 e poi con Joe Mercer, resta nel giro della Nazionale, continuando ad essere convocato, ma durante la gestione di Don Revie non viene più chiamato.

Quando passa al Nottingham Forest ritrova la maglia dell'Inghilterra, venendo alternato con Clement del Liverpool in una storica staffetta decisa dal nuovo Ct. Roon Greenwood. Alla lunga è però Shilton ad avere la meglio sul rivale: giocherà da titolare tre edizioni dei Campionati del Mondo, Spagna '82, Messico '86 e Italia '90, e due edizioni degli Europei, Italia '80 e Germania Ovest '88.

Curiosamente la sua prima e ultima presenza in una grande competizione internazionale arrivano contro gli Azzurri, rivali degli inglesi nella prima fase di Euro '80 (vittoria italiana per 1-0) e nella finalina per il 3° posto a Italia '90 (successo per 2-1 della squadra allenata da Vicini).

Ai Mondiali è sfortunato protagonista dell'edizione del 1986, quando nei quarti di finale viene beffato due volte da Diego Armando Maradona, la prima in maniera irregolare con il celebre goal di pugno che l'argentino, in maniera beffarda, attribuendo l'accaduto ad una volontà divina, ribattezzerà 'la mano de Dios'.

È il 22 giugno 1986. Allo Stadio Azteca di Città del Messico, Argentina e Inghilterra si giocano il passaggio alle semifinali dei Mondiali. La vigilia è segnata da forti tensioni, a causa di una rivalità che fra i due Paesi dura dai Mondiali del 1966, e che si è accentuata notevolmente per la sanguinosa Guerra delle Falkland-Malvinas, che 4 anni prima, tra aprile e giugno 1982, aveva visto i due schieramenti militari combattere per il possesso delle isole Falkland, della Georgia del Sud e delle Isole Sandwich Australi.

Il conflitto, vinto dalla Gran Bretagna, costò carissimo all'Argentina, che pagò con centinaia di morti e gravi conseguenze anche nella sua politica interna. Ecco che, dunque, per i giocatori argentini, quel match diventa l'occasione del riscatto, una gara da vincere ad ogni costo.

La gara è inchiodata sullo 0-0 quando al 51' Maradona parte dalla fascia sinistra, supera in dribbling una serie di avversari, si accentra e cerca lo scambio con Valdano al limite dell'area. Hodge tuttavia intuisce la traiettoria e riesce a deviare il tentativo di passaggio del 'Diez'. Ne nasce un campanile verso l'area di rigore inglese, e, insieme al portiere Shilton, sulla palla si lancia proprio Maradona.

Fra i due sembra non esserci partita, tanto più che l'estremo difensore è alto 185 centimetri contro i 165 di Maradona. Ma l'argentino arriva di slancio e con un grande balzo si proietta sul pallone con il braccio alto a protezione della testa nell'eventualità di uno scontro. La palla rimbalza sul pugno di Diego e si insacca alle spalle dell'estremo difensore inglese, fra l'incredulità generale.

Maradona esulta e invita i compagni ad esultare con lui:

"Venite ad abbracciarmi, altrimenti l'arbitro potrebbe non convalidarlo".

Shilton, che da capitano inglese si sente umiliato e defraudato, protesta subito e indica che l'avversario ha toccato la palla con la mano, ma né l'arbitro tunisino Ali Bin Nasser né il guardalinee bulgaro Bogdan Dotchev si accorgono dell'irregolarità. Le immagini televisive dimostreranno in modo chiaro che il 'Pibe de Oro' ha segnato in realtà un goal irregolare, ma in campo il goal è convalidato.

Nelle dichiarazioni post partita Diego dirà ai giornalisti di aver colpito la palla "un poco con la cabeza de Maradona y otro poco con la mano de Dios", ovvero "un poco con la testa e un poco con la mano di Dio".

Peter Shilton England 1986Getty

Quel goal di mano, cui seguirà quattro minuti dopo la prodezza straordinaria del 'goal del siglo', 'il goal del secolo', segnato da Maradona partendo da metà campo dopo aver dribblato mezza Inghilterra e aver saltato anche Shilton, determinerà l'eliminazione dell'Inghilterra, che riuscirà soltanto ad accorciare le distanze con il bomber Lineker, impedendo a Shilton di giocarsi il Mondiale, mentre l'Argentina proseguirà la sua avventura e trascinata dal suo discusso fuoriclasse vincerà il trofeo.

Shilton non ha mai perdonato il numero 10 argentino per la sua scorrettezza, come ha rivelato in un'intervista del 2020 al 'Guardian'.

"Maradona non lo rispetto e non lo perdonerò mai- ha affermato l'ex portiere -. Come potrei? Non si è mai scusato. Le sue scuse avrebbero potuto alleviare il dolore di tutta la squadra. Siamo stati vittime del suo inganno".

Di recente, Shilton ha confermato di non aver cambiato idea nemmeno dopo la morte del campione argentino, avvenuta il 25 novembre 2020 all'età di 60 anni.

"Maradona aveva grandezza ma non sportività - ha dichiarato in un'intervista al 'Daily Mail' -. È stato senza dubbio il più grande giocatore che abbia mai affrontato, ma quello che non mi piace è che non si è mai scusato di quello che ha fatto. Non ha mai ammesso di aver barato".
"La mia vita - ha aggiunto - è stata a lungo legata alla sua e non nel modo in cui avrei voluto. Tuttavia sono rattristato nell'apprendere della sua morte in così giovane età".

Il tema della 'mano de Dios', espressione con cui verrà talvolta ironicamente indicato anche Shilton, è tornato d'attualità nel maggio 2022, quando la maglia che Maradona avrebbe indossato in quell'occasione, data a Steve Hodge, è stata battuta all'asta per quasi 9 milioni di euro.

"Quel giorno non avrei scambiato la maglia con Maradona per tutto l’oro del mondo - ha commentato Shilton ai microfoni del 'Sun' -. Non la userei neanche per pulire i piatti nel mio bungalow. Se io o gli altri avessimo saputo che Steve Hodge aveva la maglia nello spogliatoio, di certo non sarebbe uscita da lì. L’avremmo fatta in mille pezzi".

Smaltita a fatica l'amarezza per l'eliminazione ai quarti di Messico '86, Shilton e l'Inghilterra faranno meglio nei Mondiali di Italia '90, in cui si piazzano quarti dopo aver perso ai rigori la semifinale con la Germania Ovest e per 2-1 la finalina con l'Italia. La gara contro gli Azzurri, giocata da Peter all'età di 40 anni, sarà anche l'ultima per lui con i Tre Leoni. Le sue 125 partite giocate lo rendono ancora oggi il recordman di presenze con l'Inghilterra.

Peter Shilton | England

SULLA CRESTA FINO A 47 ANNI

Nonostante l'età avanzata, Shilton giocherà a livello di club fino alla veneranda età di 47 anni. Passato nel 1982 al Southampton, nelle sue 5 stagioni con i Saints (242 presenze totali) non riesce a vincere nulla e nel 1987, a 37 anni passa al Derby County. Con i Rams fa altri 5 anni, di cui 4 in First Division e uno in Second Division, collezionando 211 partite.

Nel 1988/89 aiuta il Derby a cogliere uno storico 5° posto in First Division, che non porta i Rams in Europa solo per effetto della squalifica dei club inglesi dalle coppe dopo i tragici fatti dell'Heysel.

Peter Shilton Leyton OrientGetty Images

Quando molti al suo posto avrebbero appeso i guanti al chiodo, Shilton continua a giocare. Dal 1991 al 1994 milita in Terza Divisione, divenuta Second Division con la nascita della Premier League, con la maglia del Plymouth Argyle (43 partite). Quindi milita ancora nelle fila di Wimbledon, Bolton, Coventry, West Ham e Leyton Orient, pur vedendo il campo di gioco sempre di meno. Quando dice basta con il calcio giocato, al termine della stagione 1996/97, ha ormai 47 anni.

Il suo lungo percorso gli ha permesso di stabilire il record di presenze nei campionati inglesi, avendo giocato 1005 gare di campionato con i club, mentre le sue 1390 partite complessive in competizioni ufficiali sono un record mondiale.

LA DIPENDENZA DAL GIOCO E LA GUARIGIONE

Già quando giocava, Shilton ha sofferto a lungo di dipendenza patologica da gioco di azzardo. L'ormai ex portiere ha iniziato a puntare sulle corse dei cavalli da giovane e ha finito poi per scommettere un po' su tutto, perdendo ingenti quantità di denaro. È uscito allo scoperto di recente parlando apertamente del suo problema, che ha avuto per ben 45 anni e ne è uscito soltanto nel 2016, aiutato dalla sua seconda moglie Stephanie 'Steph' Hayward, sposata nel 2016

"Vorrei potervi dire quando ho perso, ma la verità è che non lo so - racconterà alla 'BBC' -. Milioni. Solo con una società ho speso più di 800 mila sterline (950.000 euro, ndr). Negli anni a volte ho vinto qualcosa: una volta ho puntato mille sterline e ne ho vinte 40.000, ma il bookmaker non si è rattristato. Mi sono giocato di nuovo tutto in una settimana: ogni penny vinto lo restituivo in puntate".

Durante il fidanzamento, Stephanie si accorge della patologia del suo compagno.

"Pensavo avesse un’altra: usciva spesso dalla stanza per usare il telefono, era molto misterioso - rivelerà -. Poi ho pensato che fosse un comportamento da gentiluomo e che non volesse puntare davanti a me, che fosse solo un hobby. Ma una notte l’ho trovato a scommettere sulle corse di cavallo australiane e ho capito che non era un hobby, che c’era qualcosa di molto sbagliato: era sulla difensiva e negava la sua condizione".

Alla fine, Peter riesce a chiedere aiuto a Stephanie:

"Sto perdendo, e ho paura di perdere anche te. So di avere un problema, ho intenzione di smettere, ma ho bisogno che tu lo faccia con me".

La coppia si sposa nel 2016, e Peter, aiutato da Stephanie, che prende anche una specializzazione come terapista sulle dipendenze, lentamente ne esce, pur soffrendo inizialmente di crisi di astinenza dal gioco.

Per le ingenti perdite economiche ha dovuto riciclarsi come consulente finanziario e continuare a lavorare fino ad età avanzata. Oggi è impegnato in prima persona con sua moglie in campagne governative contro il gioco d'azzardo. Insieme hanno scritto sul tema anche un libro,'Saved: Overcoming A 45 year Gambling Addiction' Hardcover'.

"Quando ha smesso di scommettere è ringiovanito di dieci anni, ha imparato a godersi la vita - ha sottolineato Steph -. E quell’agenzia di scommesse nella quale aveva il conto ha cambiato le sue politiche sul tema, e sospenderà gli account quando avrà dubbi su clienti fuori controllo".
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