Il 12 dicembre è, più delle altre, quella che ha spaccato e segnato irreversibilmente il percorso che ha intrapreso il Palermo nella sua storia recente. Al Massimino va in scena il Derby contro il Catania, il terzo da quando le due squadre sono tornate ad affrontarsi dopo anni di permanenza in categorie diverse, per motivi allo stesso modo differenti.
Che, poi, è anche il tema di fondo della sottotrama dell’ultimo Derby di Sicilia: da un lato un club nato nel 1946 e mai fallito, il Catania, che nonostante tutto è lì, a lottare, con lo spettro della fine dietro l’angolo, combattuta con ogni forma d’orgoglio mostrato dai suoi tifosi proprio in occasione della sfida contro i rosanero. Dall’altra una squadra al suo secondo anno consecutivo di Serie C dopo essere risalita dall’inferno, la Serie D, tappa obbligatoria dopo il fallimento del 2019 e principio delle ambizioni che hanno portato il Palermo alla serata del Barbera. Quella di oggi. Di una città in festa.
Nel 2-1 del Massimino, indelebilmente caratterizzato dalla doppietta di Luca Moro, poche settimane prima della dichiarazione di fallimento del Catania, c’è tantissimo della promozione in Serie B del Palermo, che appena 12 giorni dopo esonera Giacomo Filippi (l’eroe dell’incredibile vittoria nel Derby della stagione precedente) e richiama Silvio Baldini. Con il Bari già in fuga verso la Cadetteria è un chiaro e semplice rimando alla seconda parte di campionato. I rosanero hanno avuto ragione.
Di Baldini si possono raccontare tante storie, alcune curiose: si può parlare anche dei Derby di Sicilia vissuti col Catania, o dell’esperienza totalmente gratuita alla Carrarese. Il resto è lui a esprimerlo dopo l’1-1 del Barbera contro la Triestina, al primo turno della fase nazionale dei Playoff.
“A Palermo ho la media punti più alta della mia carriera? Son cose che non mi interessano, a me interessa arrivare in fondo perché questa gente, i tifosi e la società lo meritano. Io sono innamorato del percorso che la vita mi ha regalato: l'importante, anche se sembra banale, sono le emozioni che io provo a pensare alla mia famiglia, ai miei genitori, anche se mio padre non c'è più. Grazie a lui riesco ancora a coltivare dei sogni, quindi della vittoria o della sconfitta a me non frega un c***o. Mi interessa il percorso, non mi importa nulla di questo mondo. Voglio sognare, voglio essere libero, non voglio avere niente. Voglio amare solamente la famiglia e i miei amici, voglio godermi quello che mi dà la natura".
Il percorso, che al Palermo non è stato sempre lineare, nonostante una rosa costruita per vincere. Ambizione massima della proprietà guidata da Dario Mirri, che dopo il fallimento della società ha ricevuto da Leoluca Orlando, sindaco della città, il titolo sportivo e l’incarico di far ripartire il club attraverso la Hera Hora e l’aiuto di Antonino “Tony” Di Piazza, che nel corso degli anni abbandonerà il progetto.
È un anno particolare, comunque, il 2022 dalle parti del Barbera: il motivo è simbolico e riguarda anche la Nazionale italiana. I segnali della definitiva rinascita del Palermo, effettivamente, si sono palesati il 24 marzo scorso, quando Aleksandar Trajkovski ha battuto Donnarumma, qualificando la Macedonia del Nord in finale Playoff. Lui, il marcatore dell’ultimo goal della storia del vecchio Palermo, il parziale 2-0 del 2-2 contro il Cittadella, nella giornata conclusiva del campionato 2018/19. I rosanero si qualificheranno ai Playoff, ma non li giocheranno mai, penalizzati di 20 punti in Serie B ed estromessi per la difficile situazione finanziaria che porterà al fallimento. Il cerchio, insomma, che si chiude.
Il merito di Baldini è stato quello di ricompattare un gruppo composto da tanti ottimi giocatori e farli diventare squadra, guidati da un inesauribile Matteo Brunori. Entrato nella storia del Palermo proprio a marzo superando Sukri Gulesin, che negli anni Cinquanta aveva messo a segno 9 reti in 7 partite di fila. Lui ne ha messi a segno 10 in 8. Ma ha fatto molto di più.
Il resto lo racconta un pubblico che sin dall’inizio della stagione ha riempito gli spalti del Barbera, prima al massimo della capienza consentita, poi facendo segnare costantemente i vari “sold out” registrati durante i Playoff, al termine di una stagione che ha visto il Palermo piazzarsi terzo a 66 punti.
La rete di Brunori, quella decisiva, è il sigillo su una stagione che non può che terminare con l'uomo simbolo dei rosanero: anche per il senso stretto di rinascita. Lui, dalla Juventus all'affermazione al Palermo, dopo anni complicati, è il filo conduttore di un movimento che ambisce al massimo e che al massimo vuole tornare in breve tempo, con umiltà e costanza.
Del cammino della post-season vale la pena, effettivamente, citare il doppio confronto con il Padova, concluso proprio nel capoluogo siciliano in una domenica d’estate che verrà ricordata a lungo e che potrebbe presto portare la città a diventare “City”, entrando nel gruppo dei proprietari del Manchester. Un sogno, per un territorio, la Sicilia, che vive di calcio.
E che di calcio si è nutrita anche in queste settimane, 6 mesi esatti dopo il Derby che ha irreversibilmente segnato il destino del Palermo: proprio quando sembrava profilarsi l’ennesima stagione da “vorrei, ma non posso”, trasformata e portata in trionfo dall’idea del “percorso” di Baldini e da una squadra capace di riportare la Serie B in 3 anni. Volando sulle ali delle Aquile.




