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Javier PastoreGetty Images

Pastore a GOAL: "Messi e Maradona imparagonabili, ma sono i migliori delle loro epoche. La Roma il mio rimpianto più grande"

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È stato il primo acquisto faraonico del Paris Saint-Germain degli sceicchi. E il legame di JavierPastore con la proprietà qatariota del club parigino è ancora molto forte.

Impegnato in questi giorni in Qatar con un ruolo di rappresentanza, il trequartista argentino ha rilasciato ai microfoni di GOAL un'intervista dove ha parlato proprio dei Mondiali in corso di svolgimento.

Per Pastore, l'impegno del Qatar nel mondo dello sport non si esaurirà con la finale dei Mondiali.

"È un ulteriore punto d'inizio dopo il lavoro svolto con il PSG. Il Qatar ha investito tanto nel calcio e nello sport in generale. Vogliono dimostrare al mondo le loro potenzialità e non c'era occasione migliore del Mondiale per farlo. Hanno organizzato un bellissimo torneo dentro e fuori dal campo".

Tra le protagoniste della kermesse asiatica c'è la Argentina, che punta al trionfo mondiale dopo 36 anni e che ancora una volta è alle prese con il confronto tra Maradona e Messi.

"Il confronto c'è sempre stato. Io ho avuto la fortuna di essere allenato da Maradona e di giocare con Messi, ma non sono paragonabili. Hanno caratteri diversi e hanno giocato in epoche diverse. Sono stati entrambi i migliori al mondo nel loro periodo storico. La vittoria della Copa America ha riportato amore dei tifosi argentini verso Messi, perché viviamo un momento storico in cui c'è grande bisogno di vincere e lui non ci era ancora riuscito in nazionale.
Spero sia l'anno giusto per l'Argentina per tornare a vincere i Mondiali, sarebbe un sogno veder vincere la mia nazionale e Messi. La squadra è forte, compatta. Ci sono tutti gli ingredienti giusti per vincere".
Javier Pastore ArgentinaGetty Images

Approdato a Parigi nell'estate del 2011 dal Palermo, Pastore è stato l'uomo che ha cambiato la storia del PSG, passata da club di medio rango a regina europea.

"Undici anni fa quel progetto stava per iniziare. Mi hanno convinto la voglia e la determinazione della proprietà ad allestire una squadra forte e ambiziosa. Tutto è andato per il verso giusto. I tifosi ancora oggi mi dimostrano affetto e amore, è qualcosa di molto bello".

Ben diciannove trofei vinti con il PSG, tantissimi, al punto che c'è il rischio di dimenticarsene qualcuno. Pastore però li ricorda tutti, in particolare due.

"Tutti i titoli che ho vinto sono stati belli, ma il primo è quello a cui sono più affezionato perché è stato anche il mio primo trofeo in carriera. Ci ero andato vicino con il Palermo in Coppa Italia, in Argentina ho perso un campionato per un solo punto con l'Huracan. Vincere finalmente qualcosa mi ha dato bellissime sensazioni. Sono legato molto anche alla Ligue 1 del 2015, è stato uno dei campionati migliori che ho disputato in carriera".

Dopo 8 anni in Francia, l'argentino è tornato in Italia. A credere in lui è la Roma. Ma l'esperienza nella capitale non va come sperato. Poche presenze, pochi goal e tanti infortuni. Un bilancio che comunque non fa cambiare idea a Pastore sul trasferimento in giallorosso.

"Lo rifarei. Roma è una piazza straordinaria per giocare a calcio, non solo per la squadra ma anche per i tifosi, è unica. Sportivamente non sono purtroppo stato all'altezza, ho avuto problemi fisici e il primo anno con Di Francesco non c'è stato il feeling che avrei voluto.
In mezzo c'è stato anche un cambio di proprietà. Tanti tasselli che non sono andati al loro posto. Ma non rimpiango nulla, sono stato 3 anni in una città bellissima con dei tifosi che mi hanno trattato meravigliosamente. Anche se sui social poteva sembrare il contrario, quando andavo in giro per la città ho sentito sempre l'affetto e il calore delle persone. Sono deluso da quello che ho fatto perché i tifosi meritavano di più".
Javier Pastore psGetty/GOAL

A Roma una delle partite più sentite della stagione è il derby e ancora oggi calciatori dalla carriera modesta sono riusciti a diventare eroi della tifoseria romanista proprio grazie a un goal nella stracittadina.

Pastore ci è andato vicino nel derby giocato nel marzo del 2019, ma non pensa che le cose sarebbero andate diversamente anche in caso fosse riuscito a segnare.

"Non credo che un goal possa cambiare così tanto. Venivo da tre mesi in cui non avevo giocato nemmeno un minuto. Stavamo perdendo e Di Francesco mi ha mandato in campo. Non ho capito per quale motivo, visto che per tre mesi non mi aveva mai fatto giocare nemmeno un minuto.
È andato contro la squadra, avrebbe potuto mettere calciatori che stavano giocando con continuità invece ha scelto me che erano tre mesi che non giocavo. Ho anche avuto quella chance per segnare ma mi mancavano minuti nelle gambe e condizione fisica. Ho avuto la sfortuna di non segnare, ma non credo che avrebbe cambiato il mio percorso con la Roma".

In seguito il passaggio all'Elche. Piazza dove avrebbe voluto rilanciarsi, ma stavolta a frenarlo non sono problemi fisici ma incomprensioni di natura tattica con l'allenatore.

Mi aspettavo qualcosa di diverso, avrei voluto giocare di più. L'allenatore (Francisco, ndr) giocava con il 4-4-2 e voleva attaccanti fisicamente più strutturati. Mi ha messo largo a sinistra, io mi stavo riprendendo fisicamente dall'infortunio all'anca. Avevo bisogno di giocare e dopo aver giocato non benissimo per 2-3 partite ho chiesto all'allenatore di cambiarmi ruolo. Da quel momento sono uscito dai titolari e ho dovuto aspettare un'occasione per giocare in avanti. Occasione che non è mai arrivata. Nel calcio a volte succede. Ho pensato più alla squadra che a me, avrei potuto continuare a giocare sempre in un ruolo non mio senza dire nulla. L'Elche mi ha dato l'occasione di confrontarmi con la Liga e sono loro riconoscente".
Javier Pastore Elche 2021-22Getty Images

Il legame del Flaco con l'Italia è ancora molto forte. In particolare con la città di Palermo, primo palcoscenico europeo e piazza che lo ha consacrato nel calcio dei grandi. E l'argentino, anche se la squadra è in Serie B, non esclude un ritorno in Sicilia.

"Il Palermo mi ha reso felice. Una città che mi ha accolto come fosse casa mia e mi ha permesso di farmi conoscere in tutta Europa. Ho un debole per i tifosi. Ogni volta che torno lì vengo travolto da affetto e amore. Non so se mi chiameranno, al momento sto seguendo il Mondiale. Finito il Mondiale valuterò le offerte che mi stanno arrivando e sceglierò la migliore. La cosa che mi preme di più è avere continuità di rendimento. Cerco una squadra che mi dia questa possibilità".

A portarlo in rosanero fu Walter Sabatini, uno dei personaggi ai quali Pastore è ancora molto legato.

"Con Walter ho un bellissimo rapporto. Lui è stato uno dei primi a credere in me ed è stata la persona che mi ha portato in Europa. Lo sento ancora, gli voglio molto bene".

A celebrare il suo talento è arrivato un endorsement importante come quello di Eric Cantona, ex talento della nazionale francese e del Manchester United. Complimenti che non hanno lasciato indifferente il Flaco.

"Cantona ha sempre speso bellissime parole per me. Mi fa piacere ricevere certi riconoscimenti da un grande del calcio come lui. A volte ho percepito di essere forte, ma non ho mai avuto la pretesa di essere il numero uno. Ho sempre preferito aiutare i compagni a vincere le partite che non alle mie prestazioni".
Javier Pastore Palermo Serie AGetty Images

Una carriera, la sua, che lo ha visto raggiungere traguardi importanti. Ma per il Flaco non sono quelli sportivi i ricordi più belli della sua esperienza nel mondo del calcio.

"Partecipare a un Mondiale e a tre edizioni della Copa America sono stati traguardi molto importanti, ma la cosa più bella che mi ha dato il calcio è stata la possibilità di creare bellissimi rapporti con le persone, le città e i tifosi delle squadre in cui ho giocato. E' più un aspetto di vita che calcistico, ma è grazie a questo sport se ho tutto questo".

C'è però un grande rimpianto nella carriera di Pastore. E non ci pensa due volte quando gli viene chiesto quale sia.

La Roma. Era una squadra in cui avrei voluto fare molto bene. Sapevo che sarebbe stata una sfida difficile ma avevo tantissima voglia di far bene. Ho il rimpianto di non essere stato al 100% fisicamente. L'infortunio all'anca è stato il peggiore della mia carriera e ha pregiudicato il mio rendimento. Ho sofferto 8 mesi con dolori acuti, più altri 6 post operazione. La squadra non poteva aspettarmi, lo capisco. Resta questo il mio rimpianto".

Una volta lasciato il calcio giocato però, Pastore ha le idee piuttosto chiare su quello che sarà il suo futuro.

"Il mio obiettivo è mettere a disposizione dei giovani tutti gli strumenti per poter lavorare e migliorare ogni giorno come professionisti ma non solo. Il calcio è un lavoro ma è anche un gioco, la cosa più importante resta sempre divertirsi. Resterò sicuramente nel calcio, vedremo in quale ruolo".
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