Il suo presente si chiama Ajax. Il suo futuro, con ogni probabilità, Inter. Un argomento, il mercato, del quale Andre Onana ha espressamente chiesto di non parlare nell'intervista rilasciata in esclusiva a GOAL. Una chiacchierata all'interno della quale c'è molto altro: la squalifica di 9 mesi per doping, ad esempio, un episodio doloroso che avrebbe potuto lasciare un segno addirittura superiore.
"Ho già emesso un comunicato per spiegare cos'è successo: è stato un errore, anche l'UEFA lo ha riconosciuto. Sono stato punito e ora voglio solo dimenticare. È una parte oscura della mia vita. È importante che i ragazzi facciano attenzione, perché nella vita possono accadere cose così. Non è stato facile passare attraverso tutto questo. Ma a me sono sempre piaciute le sfide. Questa era una delle più grandi: tornare più forte. Ce l'ho fatta: sono tornato in forma, anche mentalmente, più forte che mai. E ne sono orgoglioso.
GOALSono stati 9 mesi duri, particolari, emozionanti sotto tanti aspetti.
"Non mi era permesso fare tante cose. Non potevo entrare in uno stadio, dovevo prenotare tutto io, non potevo allenarmi con nessun allenatore dell'Ajax. All'inizio pensavo che la volontà di chi mi ha squalificato fosse quella di farmi proseguire la mia carriera. Sono andato in Spagna con un preparatore dei portieri, i miei fisioterapisti, il mio mental coach e il gestore della mia comunicazione. È stato difficile, ma allo stesso tempo fantastico che questi ragazzi mi abbiano aiutato così tanto. Con loro quei 9 mesi mi sono sembrati 5".
Quindi, il ritorno in campo con l'Ajax. 24 ottobre, 2-1 in casa del Besiktas nei gironi di Champions League, Onana titolare. La fine di un incubo.
"È stato fantastico, entusiasmante. Non mi aspettavo di essere schierato così presto. E ancor prima avevo giocato in Nazionale. Pensavo: cazzo, sono tornato. Grazie a Dio è andato tutto bene. E ora sono pronto per la Coppa d'Africa, un sogno per tutti noi. Siamo pronti, abbiamo una grande rosa, possiamo vincere. Non abbiamo paura".
Da molti, Onana viene considerato un modello per i giovani portieri africani che sognano di sfondare nel calcio.
"Sono molto felice di essere un esempio. Non è facile, ma è una bella responsabilità e mi rende molto orgoglioso. Non ci sono molti portieri africani, ma alcuni sì. E io sono felice di essere uno di loro. È come se aprissi una porta, per cui non posso che essere grato.
I tifosi se la prendono di più con i portieri africani? Ma noi siamo solo portieri, neri o bianchi. Alla fine è lo stesso. Il calcio è uno sport emotivo, non puoi impedire alle persone di dire quello che vogliono. Anche i bianchi commettono errori, io non credo di commetterne di più perché sono nero. Alla fine la vita di un portiere è questa: impari sbagliando.
Anni fa dovevamo lottare più duramente per arrivare ai massimi livelli, ma ora vediamo molti portieri neri. Se uno ha qualità, riesce. Per me ora è abbastanza facile, perché le persone mi riconoscono e perché conosco le mie qualità. Continuerò a giocare e a ispirare i giovani portieri neri, ma voglio farlo anche con i bianchi e con le persone di altre culture.
E il trofeo Yashin, il riconoscimento al miglior portiere del mondo appena assegnato a Gigio Donnarumma?
"Lo vincerà un portiere nero. Non importa se sarà oggi, domani o dopodomani. Un giorno accadrà. Mendy c'è quasi riuscito dopo aver disputato una stagione fantastica. Questa volta non lo ha vinto, spero che ci riuscirà la prossima. Io sono stato il primo a essere nominato, per cui anch'io voglio lottare per vincerlo. Forse Donnarumma lo rivincerà, ma noi dobbiamo provarci fino in fondo".
E il futuro, che come detto potrebbe tingersi dei colori neri e azzurri dell'Inter?
"La mia ambizione è sempre stata quella di diventare il migliore, sin da quando ho iniziato a giocare a calcio. E la mia mentalità non è cambiata neppure con la squalifica".
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