"E' una serata che comunque rimarrà": al momento del bacio alla maglia di Romelu Lukaku l'universo dell'Inter si è chiuso su se stesso, riconciliando San Siro con una realtà che anche solo lo scorso 1 ottobre sembrava essersi sgretolata. Finita in un vortice senza fine.
E invece anche questo è l'Inter: "pazza" nel suo "equilibrio" ritrovato grazie a una partita, quella in casa contro il Barcellona arrivata appena tre giorni dopo la sconfitta, sempre interna, contro la Roma, e che ha ridato consapevolezza a un gruppo che sembrava perso in un percorso senza punti di riferimento.
Perché appare quasi irriverente, adesso, commentare quel periodo: tutti, però, ricorderanno i temi affrontati nel post partita alla Dacia Arena, così come quelli sviscerati da un Simone Inzaghi preoccupato.
"Lo ero di più dopo Udine", spiegava.
Lo faceva dopo un periodo, quello della sosta per le Nazionali, che gli aveva portato via Marcelo Brozovic, ripresentando il conto dei fantasmi del passato che riportavano alla memoria l'assenza del croato nei momenti cruciali della scorsa stagione. Quelli che son costati, dati alla mano, lo Scudetto.
Inzaghi ci ha riflettuto: ha provato a trovare una soluzione, in un periodo in cui qualsiasi idea poteva sembrare folle. E ci è riuscito. Hakan Calhanoglu regista: e l'Inter è cambiata.
"Una volta rimasti senza Brozovic ho pensato che Asllani sta facendo benissimo, ma che eravamo in un momento delicato, c'erano le due partite col Barcellona e ho messo Hakan lì", ha raccontato ad Amazon Prime Video dopo il successo contro il Viktoria Plzen.

Adesso è facile immaginarselo in quella posizione, il turco: reduce da un mese che potrebbe avergli cambiato non solo il ruolo calcistico, ma anche le prospettive di una carriera che, a questo punto, appare diversa. Diversissima.
Disegna geometrie, spazi e corridoi: gioca con la tranquillità che gli si è vista addosso con costanza solo al Bayer Leverkusen: anni e anni fa, in un passato troppo lontano. Tornerà Brozovic, ma non è questo il punto.
L'Inter dalla sfida contro il Barcellona a San Siro è ritornata a fare l'Inter: anche "pazza", come quella al Camp Nou o al Franchi contro la Fiorentina. Nel segno di un altro, grande protagonista di questo periodo: Henrikh Mkhitaryan, andato in goal sia contro i viola che contro il Viktoria Plzen.
Ma nessuno, o quasi, l'1 ottobre scorso poteva immaginare un'Inter qualificata con un turno d'anticipo agli ottavi di finale di Champions League.
"C'era la speranza di potersi qualificare, ma sapevamo di essere capitati in un girone difficilissimo perché Barcellona e Bayern Monaco sono squadre fortissime. Per raggiungere questo traguardo bisognava fare qualcosa di speciale e l'abbiamo fatto: l'esordio col Bayern è stato tosto, poi il doppio confronto col Barcellona ci ha dato autostima", ha raccontato Inzaghi.
E in termini numerici ha ragione: 5 vittorie e il pari contro i blaugrana nelle sfide successive a quella contro la Roma, con 16 goal all'attivo e 7 al passivo.
Non sono numeri "normali", ma contestualizzati restituiscono perfettamente l'idea: è tornato anche Romelu Lukaku, andato subito in goal al rientro dopo 2 mesi. Bisognerà anche capire cosa accadrà con Edin Dzeko, tornato alla forma migliore.
"Meglio così", precisa Inzaghi, che adesso si troverà a guidare i nerazzurri agli ottavi di finale per il secondo anno consecutivo. Ha aggiunto la "pazzia" all'equilibrio che ha provato a trasmettere lo scorso anno: la metamorfosi dell'Inter è completa.

