
L'intero calcio italiano lo ricorda con grande affetto, un giocatore capace di lasciare il segno ovunque pur senza avere il distintivo del fuoriclasse. Oggi allena il Milan femminile, ieri era un attaccante capace di entrare nei cuori delle curve. Perché quando ti chiami Maurizio Ganz sono probabilmente due le cose che rievochi: goal e passione.
E i goal sono tanti, ben 198, come tante sono le maglie delle squadre italiane indossate in una carriera che ha toccato il suo picco più alto con le due squadre milanesi: Sampdoria, Monza, Parma, Brescia, Atalanta, Venezia, Fiorentina, Ancona, Modena, Lugano e Pro Vercelli, fino ad arrivare ad assaggiare il grande palcoscenico di San Siro con Inter e Milan.
Centravanti letale in area di rigore, rapido nello stretto e dotato di un senso della posizione fuori dal comune: quel tipico 'fiuto del goal' che lo ha reso grande nonostante un atletismo sicuramente nella norma.
Ganz arriva all'Inter nel luglio del 1995 e l'impatto con la maglia nerazzurra è sicuramente degno di nota: 15 goal alla prima stagione, addirittura 20 alla seconda e quel titolo di capocannoniere in Coppa Uefa '96/'97, competizione che l'anno dopo Ronaldo e compagni avrebbero vinto nella famosa finale di Parigi contro la Lazio.
Nella capitale francese, però, Ganz non è presente: perché sei mesi prima nel gennaio '98 si materializza un trasferimento che fa discutere e storcere il naso a molti tifosi. 'El segna semper lü', come lo aveva ribattezzato lo stesso popolo nerazzurro, decide di vestire la maglia dei rivali rossoneri sull'altra sponda del Naviglio.
"Ho ricevuto tantissime chiamate dal dottor Galliani e Ariedo Braida, e così ho deciso di venire a giocare al Milan mentre ero sul pullman dell’Inter , una sera di una cena di Natale. È stata una scelta perfetta direi, la svolta della mia carriera".
Il destino vuole che, dopo pochi giorni dal clamoroso trasferimento, Ganz si ritrovi in campo contro i suoi ex compagni di squadra. Un derby che resterà alla storia per il sonoro 5-0 in favore del Diavolo, ma anche per la prima rete da ex dello stesso attaccante di Tolmezzo.
Siamo nei quarti di finale di Coppa Italia e Capello sorprende tutti mandando in campo accanto a Savicevic il nuovo arrivato, che impiega pochissimo tempo per siglare il classico goal dell'ex. Il Milan domina il match e Ganz, accolto dai tifosi interisti con cori e striscioni poco gentili, sfoga tutta la sua rabbia firmando il 2-0 con un preciso mancino rasoterra prima della goleada finale ed esultando sotto la curva.
"Quella sera mi sentivo bene ma mi sentivo strano perché avevo gli occhi puntati addosso da tutti gli ex compagni di squadra dell’Inter, mi guardavano come se fossi un traditore . Fu una serata strana, ma la sentivo mia, infatti finì come tutti sappiamo”.
Anni più tardi il centravanti classe '68 spiegherà il motivo del suo addio all'Inter, che in quel periodo lottava per i vertici della Serie A:
"All’Inter era arrivato Ronaldo, io avevo poco spazio e dissi al mio procuratore che sarebbe stato meglio trovare un’altra squadra per poter giocare. Milan e Lecce avevano bisogno di attaccanti e la mia scelta fu di andare in rossonero. All’Inter avevo fatto benissimo, 15 gol alla prima stagione, 20 alla seconda. Mi aspettavo un trattamento diverso , ho capito che mi avrebbero fatto giocare come esterno destro a marcare i terzini sinistri, quell’anno poi arrivò Moriero… Entravo al posto suo sulla destra ed ero un centravanti".
In realtà quello non fu l'unico 'tradimento calcistico' di Ganz: qualche anno prima, infatti, aveva già fatto molto discutere il suo trasferimento dal Brescia all' Atalanta nell'estate del '92, due società storicamente divise da un'accesa rivalità. Con la maglia della Dea, tra l'altro, collezionò il suo maggior numero di presenze (114) e reti (49) in tre anni, prima del grande salto all'Inter.
Una carriera vissuta sempre 'a cento all'ora', tra goal pesanti, polemiche e trasferimenti al veleno: a cavallo tra gli anni '90 e i primi anni del nuovo millennio Maurizio Ganz è riuscito a lasciare il segno. A modo suo, con quell'adrenalina tipica di chi vive un calcio fatto di emozioni.
