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Massimo Ambrosini AC MilanGetty Images

Massimo Ambrosini, nato per correre: i successi al Milan e la nuova vita da 'runner'

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Negli anni d'oro del Milan il suo nome non è finito troppe volte sulle prime pagine dei giornali, spesso oscurato dai grandi rossoneri che a cavallo tra gli anni '90 e 2000 hanno giocato al suo fianco portando il Diavolo ai vertici europei, eppure Massimo Ambrosini è entrato di diritto nell'elenco delle leggende della storia del club.

Del resto non si fanno per caso diciassette stagioni di Milan con due Champions League, quattro Scudetti, una Coppa Italia, due Supercoppe Italiane, un Mondiale per club e due Supercoppe Europee.

Cresciuto nelle giovanili del Cesena, viene acquistato a soli 18 anni dai rossoneri di Fabio Capello nell'estate del '95 per 3,7 miliardi di lire: nelle prime due stagioni è chiuso nel ruolo da due 'mostri sacri' come Demetrio Albertini e Marcel Desailly, ma nella stagione del suo primo Scudetto ('95-'96) riesce a ritagliarsi 7 importanti presenze che convincono lo staff tecnico.

Nella stagione successiva arriva l'esordio in Champions League in un Rosenborg-Milan del 1996 e le apparizioni sono sempre più numerose. Nell'estate del 1997 il prestito al Vicenza gli permette di mettersi ulteriormente in luce e sarà proprio quell'avventura a convincere definitivamente il Diavolo, che lo richiama immediatamente per la stagione 1998-99, quando mister Zaccheroni decide di lanciarlo nella mischia con una maglia da titolare accanto al più esperto Albertini.

La prima rete rossonera arriva il 2 maggio 1999 ed è pesantissima: il 3-2 alla Sampdoria si rivelerà infatti decisivo per la conquista del titolo nella volata finale. Con il passare dei mesi Ambrosini diventa un punto fermo nelle rotazioni nonostante l'alto numero di infortuni, che lo limiteranno in modo costante durante tutta la sua carriera.

Ambrosini Milan 2012Getty

Struttura fisica importante e spirito da guerriero: mediano di rottura dotato di un'intelligenza tattica sopra la media ma anche di un notevole tempismo nell'accompagnare la manovra offensiva con perfetti inserimenti in area. Caratteristiche che lo portano più volte a coprire anche il ruolo di mezz'ala.

Terzo tempo ed elevazione da giocatore di basket, micidiale nel gioco aereo e dunque fattore nei calci piazzati a favore: una rilevante qualità che lo ha spesso trasformato in attaccante aggiunto nei finali di partita sotto la guida di Carlo Ancelotti.

La storia di un Ambrosini mancato cestista non trova però reale riscontro, come svelato direttamente dal diretto interessato:

"Sì, ci ho giocato anche a basket. Ma questa storia è una favola. Ci hanno ricamato molto i giornalisti. Per me la pallacanestro non è mai stata una reale alternativa al calcio".

Nonostante una serie interminabile di problemi fisici il nativo di Pesaro si ritaglia un posto da protagonista nel formidabile centrocampo rossonero accanto a Pirlo, Seedorf e Gattuso dando vita a un lungo ciclo di vittorie, che proiettano il Milan per anni nell'elìte del calcio europeo fino alle vittorie della Champions League nel 2003 e nel 2007.

Tra i ricordi più vivi dell'ex calciatore c'è proprio la 'partita perfetta', quel 3-0 in un Milan-Manchester United valido per il ritorno della semifinale che regalò al Diavolo la rivincita della finalissima di Atene contro il Liverpool.

"Le immagini di quella gara mi emozionano, nella vita di un calciatore ci sono quattro-cinque momenti che la segnano, quella sera ha segnato la nostra storia e dei 90 mila che erano lì. Ho goduto tanto nel riscaldamento, perché due ore prima della partita ce n'erano già 80 mila".

Massimo Ambrosini AC MailandGetty Images

Ed è sempre stata quell'adrenalina a spingere Ambrosini oltre i propri limiti di un fisico di cristallo che tante volte ha provato a fermarlo: quegli stessi limiti che ora prova a superare ancora a distanza di anni dal suo ritiro dal calcio giocato.

Dopo aver appeso gli scarpini al chiodo l'ex rossonero ha infatti scoperto la passione per il 'running':

"Ci sono due categorie di runners, quelli che corrono per tenersi in forma e qulli che, come me, corrono con un obiettivo. Ero partito con la prima intenzione, ma poi mi sono ritrovato involontariamente nel secondo gruppo. Nella corsa ti confronti con te stesso, mi piace provare fatica e superare gli ostacoli".

Nel 2013 la meravigliosa avventura al Milan si conclude con un lungo saluto carico d'emozione:

"Quando ne fai parte e sei calciatore, non ti rendi conto di quanto sei importante in una determinata piazza, cominci a valutarlo dopo, in mezzo non hai la percezione reale".

La successiva estate arriva allora la chiamata dell'ambiziosa Fiorentina, tra le squadre più attrezzate in Serie A dopo le big:

"I primi giorni scherzavo con Montella. Gli chiedevo il perché del mio acquisto, visto che il tasso tecnico era alto e non capivo in che modo avessero bisogno di me. Poi capii che da me si aspettavano soprattutto che li aiutassi ad alzare il livello di carattere ed esperienza europea e fin dal primo giorno notavo un rispetto particolare da parte dei compagni. Mi riconoscevano uno status di un certo tipo".

Ambrosini in maglia violaGetty

L'avventura viola durerà però soltanto un anno e a quel punto la decisione è quella di abbandonare del tutto il rettangolo verde. Oggi si divide tra gli studi televisivi e la corsa su strada.

'Born to run', come canta Bruce Springsteen. Uno stile di vita profondo tatuato sull'avambraccio sinistro: perchè non puoi più smettere se sei davvero nato per correre...

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