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Mario Pasalic MilanGetty Images

L'anno di Pasalic al Milan: dal rigore decisivo in Supercoppa alla mancata conferma

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Sull’unico trofeo vinto dal Milan negli ultimi dieci anni, dall’accoppiata Scudetto-Supercoppa timbrata Massimiliano Allegri nel 2011, c’è la firma di Mario Pasalic. Uno che negli ultimi anni con l’Atalanta si è messo in luce come uno dei centrocampisti più duttili e tecnici della Serie A. Che però in Italia ci era già stato, in rossonero. Ci ha trascorso una stagione, di passaggio. Ma nel 2016, il 23 dicembre, in Qatar, ha realizzato il rigore decisivo per portare la Supercoppa a Milano, strappandola alla Juventus - che qualche mese dopo sarebbe arrivata in finale di Champions League. Eroe per caso. O forse no.

Era il Milan che provava a ripartire da Vincenzo Montella, dopo l’annata iniziata da Sinisa Mihajlovic e terminata da Christian Brocchi. Un Milan che cercava occasioni in un mercato fatto da occasioni. Che cercava di ricostruire un centrocampo spesso fragile. Ecco perché Galliani e Berlusconi avevano puntato gli occhi sul Chelsea e sul giovane che l’anno prima era stato in prestito al Monaco. Una scommessa che poteva valer la pena fare. Prestito, con diritto di prelazione in caso di vendita. L’avventura del classe 1995 al Milan era iniziata con una visita specialistica extra a causa di un fastidio alla schiena, che lo aveva limitato nella seconda parte della stagione precedente, ma soprattutto con un comunicato rossonero pieno di speranza.

“Dalla tua Croazia al Milan. Un passaggio che la nostra Storia ben conosce. Benvenuto Mario Pasalic. Con te affronteremo la prossima stagione ancora più giovani e ancora più qualitativi. Il tuo contratto con il Milan ha la durata di un anno: sarà una stagione intensa e importante, per te e per tutti noi”.

Riferimento storico, neanche velato, a Boban. Ovviamente un idolo per Pasalic, che della carriera rossonera di Zvone sapeva tutto. Avrebbe voluto emularlo anche in campo. Solo che per tutte le prime nove giornate il croato non ha mai visto il campo. Sempre in panchina, mai una chance. In un centrocampo in cui il giovane Locatelli iniziava ad avere tante responsabilità, dove Bonaventura era una certezza, nel quale Kucka era irrinunciabile per fisicità, dove Montolivo era ancora un perno. Pasalic, che si era definito un ‘otto’, un interno, nelle gerarchie partiva dietro a loro.  Certo, ci ha messo poco a sorpassare gli altri due nuovi arrivati José Sosa e Mati Fernandez.

Mario Pasalic Pescara Milan Serie AGetty Images

Inoltre, sembrava che Montella avesse chiesto alla dirigenza un giocatore da schierare davanti alla difesa, come vice di Montolivo, per non dare immediatamente troppe responsabilità a Locatelli. Parlando dell’arrivo del croato, in effetti, il tecnico non aveva espresso un grande entusiasmo, almeno a parole.

“Pasalic ha grandi prospettive, per anni è stato considerato quasi come in fenomeno. Ha caratteristiche offensive e tecniche importanti. Ha giocato in un centrocampo a due, non ha mai giocato davanti la difesa, sarebbe da costruire in quel ruolo lì, vediamo quanto tempo ci vorrà per farlo giocare da vice-Montolivo”.

La stagione del nativo di Mainz è cambiata nella sfida interna con il Pescara, quando al 62’ Montella lo ha inserito per fargli fare l’esordio assoluto con la maglia rossonera - a fine partita il tecnico ha anche parlato di “buon impatto” - della quale non ha percepito particolarmente il peso. A centrocampo si era liberato uno slot dopo la rottura del crociato di Montolivo. Un’occasione per il giovane Pasalic, che ha iniziato ad avere continuità. La chance arriva contro il Palermo, la giornata dopo: titolare nella vittoria per 1-2 finale. Sempre giocando come interno di centrocampo, con Bonaventura alzato nel tridente. Un copione che si ripete spesso. Fino a che Pasalic diventa quasi un insostituibile, con i suoi inserimenti. La dote di essere sempre al posto giusto, che lui stesso si era attribuito.

"Il tempismo è qualcosa che ho dentro. Fin da quando ero piccolo ho avuto questa qualità: riesco ad essere al posto giusto nel momento giusto”.

Da novembre a febbraio, Pasalic ha giocato da titolare 12 partite consecutive in campionato, segnando anche due goal decisivi. Prima per rimontare contro il Crotone, poi per batter il Bologna. Il suo goal più importante con la maglia del Milan, però, è arrivato in Qatar, nella Supercoppa Italiana contro la Juventus. Il suo secondo trofeo della carriera dopo il successo in Croazia con l’Hajduk Spalato. Pasalic non era partito da titolare, ma subentrato sul finire dei tempi regolamentari al posto di Locatelli. Mossa che si sarebbe rivelata vincente poi nel momento in cui Montella avrebbe dovuto decidere i rigoristi. Pasalic era stato scelto per calciare il terzo, prima che una frase di Kucka prima della lotteria finale spinse il croato a calciare l’ultimo.

“Montella mi disse che avrei dovuto calciare il terzo rigore. Poi Kucka disse: ‘Il terzo di solito lo tiro sempre io’. Così Montella chiese chi se la sarebbe sentita di tirare il quinto. C’era silenzio. Allora ho detto: ‘Sono pronto, vado io’. Prima ancora di guardare Buffon, avevo già deciso come e dove tirare".

mario pasalic - milan juventus - 23122016Getty Images

Errore di Dybala all’ultimo rigore dei bianconeri, palla decisiva sul destro del numero 80 rossonero. Destro a incrociare all’incrocio dei pali, imprendibile per Buffon, comunque spiazzato. Esplosione di gioia per il Milan, che tornava a vincere un trofeo dopo cinque anni. Da allora non è mai arrivato nessun altro trofeo. Nel giro di pochi mesi, Pasalic da sconosciuto era diventato l’uomo da riscattare. Un riscatto complicato, perché il Chelsea aveva intenzione di provare a credere in lui. Poi, come tanti giovani passati per Stamford Bridge, è stato ceduto senza avere una vera grande chance.

Al Milan quella chance sembrava davvero averla avuta. In primavera altri tre goal, contro Pescara, Palermo e Roma, per portare il bilancio stagionale a 5 in 24 presenze in Serie A. Tutto lasciava presagire che potesse arrivare la conferma. La soddisfazione rossonera, il poco spazio ottenuto al Chelsea, i suoi numeri e la sua continuità. Il 2017 era però stato l’anno del passaggio di proprietà del Milan da Berlusconi a Yonghong Li. Nuovi fondi, nuove prospettive, nuove spese. I rossoneri avevano appena terminato la stagione al sesto posto in classifica, ma si preparavano a una nuova era sotto il segno delle ambizioni.

La nuova dirigenza targata Marco Fassone e Massimiliano Mirabelli aveva speso fior di milioni per portare numerosi giocatori a San Siro. Da Leonardo Bonucci ad Andrea Conti, da Hakan Calhanoglu ad André Silva, da Franck Kessié a Nikola Kalinic. Fino a Mateo Musacchio, Ricardo Rodriguez, Fabio Borini, Lucas Biglia. Una squadra tutta nuova, nel quale evidentemente non si percepiva forse l’esigenza di confermare Pasalic.

Il centrocampista croato aveva così scelto di provare l’avventura in Russia allo SpartakMosca di Massimo Carrera, giocando così in Champions League. Un anno in prestito in chiaroscuro, prima di tornare nuovamente in Italia per vestire la maglia dell’Atalanta, che dopo due anni in prestito ha deciso di riscattarlo e renderlo al 100% un giocatore nerazzurro. Oggi Pasalic è uno dei giocatori più importanti nel sistema di Gasperini, tanto che ha recitato un ruolo da protagonista anche in Champions League. Il Milan, intanto ha voltato pagina. Forse Pasalic non è più un rimpianto, ma di certo il pensiero di quella mancata conferma a volte si aggira ancora nella mente dei dirigenti rossoneri di allora. Intanto la sua firma rimane.

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