Gianluca Mancini ci ha messo davvero poco ad entrare nel cuore dei tifosi della Roma e di Paulo Fonseca. Prima titolare fisso in difesa, poi con i tanti infortuni è passato a centrocampo, e da lì l'allenatore portoghese non lo toglie nemmeno per sogno.
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L'ex difensore dell'Atalanta si è raccontato a Goal, parlando proprio della differenza tra Roma e Bergamo, dal punto di vista calcistico.
"Cosa è cambiato rispetto all'Atalanta? Prima di tutto il modulo di gioco, dalla difesa a tre a quella a quattro. La Dea ha un calcio diverso da tutte le squadre di Serie A. All'inizio ho trovato delle difficoltà, ma grazie ai compagni e al mister sono riuscito ad inserirmi bene e a capire le indicazioni dell'allenatore".
Mancini migliora sempre, stagione dopo stagione, e forse è merito della sua professionalità, in tutto.
"Sono uno che chiede molto a sé stesso. Dopo la partita mi riguardo le mie azioni anche 3 o 4 volte, per capire gli errori e dove posso migliorare. Sono un amante del calcio, vedo molte partite e così posso studiare anche tutti gli attaccanti della nostra Serie A".
"Io mi sono subito trovato bene alla Roma, sono amico con tutti e non lo dico tanto per. Anzi, a dire la verità non mi sembra neanche di aver cambiato squadra da questo punto di vista".
Il difensore centrale della Roma ha le idee ben chiare su suo momento della carriera e sul perché è arrivato fino a questo punto.
"In questo momento sono in una grande squadra e faccio la cosa più bella del mondo, quindi sono felicissimo. Ma ho fatto la gavetta vera, ho giocato in Primavera, poi due anni a Perugia dove non vedevo il campo ad ogni partita. Ho avuto allenatori che mi hanno fatto aspettare e fatto crescere. Sono tutte esperienze utili per cercare di diventare uno dei più bravi".
Infine, Mancini si proietta al futuro, sperando di diventare un simbolo come i grandi difensori italiani del recente passato.
"Tra 20 anni spero di essere un buon padre di famiglia e di aver lasciato nel calcio qualcosa di bello per le generazioni che verranno. Come io ho vissuto la generazione dei giocatori che vedevo in tv, come Nesta, Cannavaro e Materazzi. Erano unici e spero, a parti invertite, di recitare anche io questo ruolo".




