Quando approdò in Italia, nell'estate 1998, era conosciuto come Eriberto Conceição da Silva, giovane brasiliano di 19 anni. Quattro anni dopo lui stesso rivelerà che in realtà il suo nome era Luciano Siqueira de Oliveira, e che non era nato il 21 gennaio 1979, bensì oltre 3 anni prima, il 3 dicembre 1975. Questa è l'assurda storia da film di un giocatore che è stato un simbolo del Chievo e che da giovane, per approdare nel calcio che conta e uscire dalla povertà, assecondò la proposta di un faccendiere disonesto e senza scrupoli.
IL CAMBIO D'IDENTITÀ E L'APPRODO AL BOLOGNA
Luciano è un giovane bambino brasiliano che sogna di diventare un calciatore. Ha talento, è innegabile, è una grande forza di volontà, ma cresce in una famiglia molto povera e nell'adolescenza resta orfano di padre e di madre. A 21 anni succede così che un faccendiere non si faccia troppi scrupoli, nel notare il suo talento calcistico, a proporli un cambio d'identità con dei documenti falsi, in modo da poter sostenere dei provini con importanti squadre brasiliane, che diversamente non gli sarebbero concessi avendo già superato i 20 anni.
È l'aprile del 1996 e Luciano diventa ufficialmente Eriberto e prende l'identità di un contadino brasiliano. Sostiene alcuni provini e a 18 anni viene tesserato dal Palmeiras, con cui gioca nella Serie A brasiliana nella stagione 1997. Gioca da ala destra e dopo 6 presenze nella sua prima stagione da professionista, nella seconda si mette in evidenza con 5 reti in 19 presenze. La qualità che impressiona di più è la sua velocità, che lo rende letale soprattutto in contropiede.
Lo nota il D.s. delBolognaOreste Cinquini, che decide di portarlo in Italia nel 1998 e versa 5 miliardi di Lire nelle casse del club brasiliano. Per Eriberto a 19 anni inizia l'avventura italiana. Trova subito la fiducia di Mazzone, che apprezza il suo impegno in allenamento e lo schiera subito nella Coppa Intertoto vinta dagli emiliani nell'estate di quell'anno. Il 12 settembre fa anche il suo esordio in Serie A contro il Milan, gara persa 3-0 dai rossoblù.
Complessivamente, fra Intertoto, Coppa UEFA, Serie A e Coppa Italia gioca 54 gare in due stagioni, realizzando 4 goal, di cui 2 in Coppa UEFA e 2 in campionato. Il primo in Serie A contro il Venezia è particolarmente spettacolare: il 31 ottobre 1998 su una punizione mal calciata da Buonocore, ruba palla e si invola palla al piede in contropiede. Ottanta metri di fuga con il pallone in 9'' netti, che chiude insaccando col destro nella porta sguarnita, dato che il portiere dei lagunari, Massimo Taibi, si era portato nell'area rossoblù per provare a sfruttare il calcio piazzato.
Non mancano nemmeno le disavventure fuori dal campo: a vent'anni, escluso per infortunio dall’incontro a Roma con la Lazio, dopo una sbronza in una nota discoteca bolognese, prima tampona un’auto senza fermarsi a prestare soccorso e poi imbocca contromano i viali della circonvallazione cittadina, finendo contro un’auto in sosta.
L'ARRIVO AL CHIEVO E IL BOOM CON DELNERI
Dopo aver disputato alcune gare con la Nazionale Under 20 del Brasile, con cui non avrebbe in realtà potuto giocare, nel 2000 è ceduto in comproprietà al Chievo per 2 miliardi. Le caratteristiche di Eriberto sono esaltate dal 4-4-2 e dal gioco di Gigi Delneri. Segna 4 goal in 35 presenze in Serie B, dando un contributo fondamentale per la promozione della sua squadra in Serie A.
Nel 2001 i veneti riscattano l'altra metà del suo cartellino per 2 miliardi e mezzo di Lire. Eriberto anche in Serie A è grande protagonista in maglia gialloblù, e con il 'Chievo dei miracoli' che chiude la stagione al 5° posto in classifica colleziona 30 presenze e 4 goal. In quel momento il brasiliano è al top della sua popolarità e del suo benessere economico. Così nell'estate successiva su lui e Manfredini, le due ali di quella squadra, mette gli occhi la Lazio.
I biancocelesti, che cedono diversi big, offrono 18 miliardi al club veneto, che già si frega le mani. Per l'ala brasiliana è già pronto un contratto di 5 anni, e altri 6 miliardi vengono messi sul piatto per Mandredini. Ma l'operazione Eriberto non si chiude, perché il giocatore, durante l'estate, è fuggito in Brasile per risolvere alcune questioni personali.
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LA CONFESSIONE E IL MANCATO APPRODO ALLA LAZIO
Il giocatore brasiliano non riusciva più a sostenere il peso di quell'ingombrante passato e desiderava che i suoi figli portassero il suo reale cognome. Così aveva deciso di denunciare il cambio d'identità, e assieme alla sua compagna Raquel, decide di regolarizzare la sua posizione.
"Eriberto si è incontrato con i suoi avvocati in Brasile e insieme hanno deciso la linea difensiva da sostenere. - dichiara Pedrinho, il suo agente, ai media italiani - Il problema dunque è giudiziario".
E aggiunge: "Lui ha deciso di non rimandare oltre questa storia. È un passo che andava fatto e che lo riporterà in vita".
Il 22 agosto 2002 Eriberto torna ad essere Luciano ed è come se il giocatore del Chievorinasca una seconda volta.Finalmente quel peso insostenibile non c'era più, ma la sua posizione diventava molto critica a livello sportivo.
“Il mio vero nome è Luciano, non Eriberto. - annuncia una volta rientrato in Italia - E non ho 23 anni, ma 26. Sarei potuto andare alla Lazio e guadagnare più soldi, ma non posso più fingere e voglio che mio figlio, almeno lui, si chiami col suo vero nome".
Naturalmente il passaggio nella capitale sfuma e il caso di football age sciocca il calcio italiano. Rischia addirittura il carcere, anche perché il contadino cui aveva preso il nome intenta una causa per danni morali contro di lui sperando in un ricco risarcimento, ma sarà punito solamente dalla giustizia sportiva.
Luciano è infatti squalificato inizialmente per un anno dalla FIGC "per per avere volontariamente tenuto una condotta non conforme ai principi della lealtà, della probità e della rettitudine, nonché della correttezza morale e materiale", poi però, in seguito all'ammissione di colpevolezza e al suo pentimento, la sanzione è ridotta a soli 6 mesi.
L'INTER, IL RITORNO AL CHIEVO E IL RITIRO CON IL MANTOVA
Scontata la squalifica, Luciano può dunque tornare a giocare con la sua reale identità nel Chievo nella seconda parte della stagione. Colleziona 16 presenze e un goal in campionato prima di passare in prestito nell'estate 2003 all'Inter di Cuper.
In nerazzurro però farà flop, trovando poco spazio, e collezionando appena 5 presenze in campionato e 2 in Coppa Italia. Lo spunto in velocità dei tempi migliori sembra sparito con il suo vecchio nome. A gennaio torna dunque al Chievo, dove gioca per altri 9 anni e mezzo diventando una bandiera gialloblù e un beniamino dei tifosi veronesi. Nei 13 anni totali a Verona, di cui 11 in Serie A e 2 in Serie B, totalizza 18 reti in 316 presenze in tutte le competizioni.
Benché non raggiunga più gli apici di rendimento dei primi anni, grazie alla lunga permanenza nella squadra, è il 6° assoluto per numero di presenze in campionato con i clivensi, a quota 311, e 2° per numero di presenze in Serie A con 231.
Chiude la sua carriera da calciatore nel Mantova, in Lega Pro Seconda Divisione, nella stagione 2013/14, dopo essersi svincolato dal Chievo. Ma la sua avventura dura pochi mesi, perché ad ottobre 2013 rescinde il suo contratto biennale e decide di ritirarsi dal calcio giocato.
Inizialmente fa rientro in Brasile per gestire un residence di sua proprietà a Florianopolis, poi, nel 2017, prende il patentino per allenare fra i Dilettanti e successivamente entra a far parte dello staff tecnico delle Giovanili del Chievo.
La povertà giovanile e gli anni vissuti sotto falso nome sono un lontano ricordo. Pur non essendo mai stato un campione, Luciano, il giocatore che ha avuto una doppia identità, ha fatto una buona carriera in Italia ed è riuscito a riscattare la sua infanzia difficile. Trovando nel Chievo una seconda famiglia.




