Se per anni la BBC è stato il segreto del ciclo d'oro della Juventus, in casa Milan la sigla da abbinare al 19º Scudetto è sicuramente la MMM. Vincere il tricolore con il quarto monte ingaggi della Serie A, dopo aver perso in estate a parametro zero due dei giocatori-chiave della rosa, e con una campagna acquisti chiusa con un saldo negativo di appena 20 milioni: una masterclass che porta la firma di PaoloMaldini, RickyMassara e GeoffreyMoncada, che con una serie di scelte e operazioni illuminate hanno permesso al Milan di rilanciarsi in ambito sportivo con un progettosolido, ambizioso ma soprattutto sostenibile.
Un lungo percorso iniziato nel dicembre del 2018, con l'approdo di Moncada in qualità di capo dell'area scouting e che ha visto la vera svolta nell'estate del 2019, con la nomina di Maldini a direttore tecnico al posto del dimissionario Leonardo e l'arrivo al suo fianco di Massara come direttore sportivo. Un assetto dirigenziale che ha permesso al Diavolo di risollevarsi da una situazione complicata sia dal punto di vista tecnico che finanziario.
GettyIn meno di tre anni il monte-ingaggi e il costo della rosa sono stati abbattuti sensibilmente, ma i risultati sportivi sono migliorarti costantemente. Merito di una pianificazione oculata, di una linea strategica chiara e integerrima, dell'innata competenza tecnica riconosciuta ormai universalmente sia a una leggenda come Paolo che a quello che Sabatini ha definito una volta "il Salah dei dirigenti", senza dimenticare ovviamente l'importanza delle indicazioni di Moncada, capace talvolta di scovare autentiche pepite nascoste, uno su tutti Pierre Kalulu, la grande rivelazione della stagione dei rossoneri.
Da Hernandez a Leao, da Tonali a Tomori fino al capolavoro Maignan: mattone dopo mattone l'edificazione del Milan è stata legata da un evidente filo conduttore, che ha permesso al Diavolo di trovare una spina dorsale forte, giovane e sostenibile. Una filosofia messa duramente alla prova la scorsa estate, quando Maldini e Massara si sono ritrovati di fronte al bivio che ha indirizzato la stagione e la (ri)costruzione del Milan: la decisione di non assecondare le richieste di Donnarumma e di puntare, a costi decisamente inferiori, su Maignan è il manifesto dell'intera gestione, un all in che dà la dimensione della straordinaria visione progettuale della dirigenza rossonera.
GOALUna linea di pensiero che non ha ammesso eccezioni neanche di fronte al prodigioso Gigio, figurarsi davanti a Calhanoglu (la cui sostituzione a dire il vero è rimasta 'pending', viste le difficoltà incontrate da Brahim Diaz nell'assurgere al ruolo di 10 titolare) o a Kessié, ai saluti proprio alla fine di questa stagione.
Restando agli ultimi 12 mesi, le mosse di Maldini e Massara si sono rivelate quasi tutte estremamente indovinate: dall'accelerazione su Maignan (sul quale si era mossa con decisione anche la Roma) ai riscatti di Tomori e Tonali (ottenuto con un forte sconto sulla cifra inizialmente pattuita con il Brescia), dall'intelligente innesto a parametro zero di un campione in grado di far crescere i giovani e fare la differenza nei momenti decisivi come Giroud alla scommessa Florenzi, fino alla rischiosa ma lungimirante decisione di non intervenire sul mercato a gennaio per sostituire Kjaer, tracciando il percorso che ha portato Kalulu a trasformarsi in pochi mesi da promessa a punto fermo.
E nonostante qualche ciambella senza buco (vedi il ritorno di Bakayoko), senza avere a disposizione budget faraonici, ma con la forza delle idee, la dirigenza rossonera ha saputo plasmare una rosa che a detta di molti non è la migliore in senso assoluto della Serie A ma è senza dubbio una delle più complete e futuribili del panorama italiano. A completare l'opera ci ha pensato Pioli...


