
Nell’ultimo decennio, Manuel Neuer è diventato un’icona dello sport mondiale ridefinendo il ruolo di portiere. Lo ha consacrato la maglia del Bayern Monaco, ma a crescerlo è stato lo Schalke 04. Lo stesso club che una ventina di anni prima di lui ha lanciato nel panorama calcistico anche un altro dei portieri che hanno difeso i pali della Germania: Jens Lehmann. Una delle ispirazioni di Neuer e uno degli estremi difensori che ha fatto a modo suo la storia del calcio tedesco. Nel bene e nel male.
Classe 1969, nativo di Essen - che è letteralmente a pochi passi da Gelsenkirchen, la città in cui lo Schalke ha sede - Lehmann è diventato uno dei portieri che hanno infiammato la rivalità storica tra i Knappen e il Borussia Dortmund, che con l’Arsenal è entrato nella leggenda e che con la Germania ha vissuto periodi di gloria.
GLI INIZI ALLO SCHALKE 04
Cresciuto nella regione della Ruhr, Lehmann ha giocato nelle giovanili dello Schwarz-Weiß Essen (nero-bianco), la seconda squadra della città in ordine di importanza dopo il Rot-Weiß (rosso-bianco). Arrivato allo Schalke a 18 anni, al suo primo anno da professionista si è subito trovato in una situazione scomoda. I Knappen erano appena retrocessi in 2. Bundesliga e avevano appena salutato il mitico Toni Schumacher, il quale arrivato da Colonia aveva vissuto un’esperienza quasi da incubo. La coppia di portieri su cui decise di puntare il club era composta dal veterano ex Uerdingen Werner Vollack come titolare e poi da Jens Lehmann come secondo.
Dopo 13 presenze in un primo anno sciagurato, nella seconda stagione il classe 1969 ha sovvertito le gerarchie, anche se ancora senza convincere. La stagione migliore è stata la 1990/91, in cui lo Schalke è stato promosso, con Lehmann protagonista. Anche se aveva conquistato il ruolo da titolare, per la verità non era diventato un punto fermo, tanto che dopo una prima stagione giocando sempre, nelle due successive si è alternato frequentemente con Holger Gehrke. Si racconta che nel 1993, dopo aver preso 3 reti in un tempo dal Bayer Leverkusen, Lehmann sostituito all’intervallo se n’è subito andato dallo stadio a bordo di un treno che lo ha riportato a casa.
Nonostante tutto, a Gelsenkirchen ha trovato il modo di farsi amare dalla tifoseria per due ragioni: la prima, il rigore parato a Zamorano nella lotteria della finale di Coppa UEFA del 1997, nella quale il suo Schalke ha battuto l’Inter; la seconda, qualche mese più tardi (il 19 dicembre), per un colpo di testa in pieno recupero nel Revierderby, contro i mai amati rivali del Borussia Dortmund. È diventato il primo portiere a segnare su azione in Bundesliga. Anche se un paio d’anni prima aveva già segnato un goal su rigore.
Getty ImagesLA PARENTESI AL MILAN
Nell’estate del 1998 è stato acquistato dal Milan, che era alla ricerca di forze fresche dopo un anno in cui Sebastiano Rossi e Taibi si erano divisi la titolarità. Con lui era arrivato anche un giovane Christian Abbiati dal Monza, che gli avrebbe fatto da secondo. La storia si sarebbe per la verità ribaltata dopo poche partite.
Lehmann aveva iniziato da titolare, ma ne aveva subito combinate di ogni. Si ricorda soprattutto un retropassaggio preso con le mani che aveva regalato un gol alla Fiorentina e a Batistuta una storica tripletta a San Siro. Alla quinta giornata, dopo una serie di strafalcioni, l’espulsione contro il Cagliari e la decisione dell’allenatore Zaccheroni di affidarsi nuovamente a Seba Rossi prima e ad Abbiati poi.
"Accettare il trasferimento al Milan fu un errore - ha rivelato a 'Marca' in seguito - In quella estate mi chiamò un dirigente del Real Madrid per verificare la mia disponibilità a giocare al Bernabeu, ma preferii il Milan perché la Serie A era considerata più competitiva della Liga. Accettare i rossoneri fu un errore, avrei dovuto firmare per i Merengues".
Lehmann avrebbe avuto un’ultima occasione a novembre in Coppa Italia, prima di salutare tutti a gennaio e cambiare aria, tornando in Germania.
DORTMUND, AMORE E ODIO
L’occasione gliela diede il Borussia Dortmund, che stava per dire addio al leggendario portiere Stefan Klos, in procinto di passare ai Rangers dopo un decennio in cui aveva vinto tutto in giallonero. Un ricambio, non generazionale visto che si trattava di due quasi coetanei. Per Lehmann un nuovo inizio, ma non di certo una sfida facile: ai tifosi degli Schwarzgelben non andava molto a genio un portiere che per anni aveva giocato nello Schalke 04 e per di più aveva segnato quel goal storico di testa in Revierderby.
Farsi accettare non è stato semplice e l’espulsione contro l’Hansa Rostock in una delle sue prime partite non ha agevolato. Anche se i cartellini rossi sono diventati poi una costante per il numero uno dei gialloneri, che ha comunque trovato il modo di farsi amare anche dal Westfalenstadion: è stato uno dei protagonisti nella cavalcata che ha portato al Meisterschale del 2002 con Matthias Sammer in panchina.
I cartellini rossi, dicevamo. Qualcosa più di un semplice vizio. In alcuni casi, veri e propri momenti di follia. Come nel marzo del 2000, quando ha deciso di prendere per i capelli Timo Lange dell’Hansa Rostock. Oppure due anni più tardi quando ha preso a calci Soumaila Coulibaly del Friburgo. O nel novembre 2002, espulso per proteste troppo feroci contro il Bayern (Jan Koller è andato in porta al suo posto) o addirittura nel febbraio 2003 per essersi scontrato con un suo compagno, Marcio Amoroso, nel derby con lo Schalke. Vanta il primato di portiere più espulso della Bundesliga. Non che ci fossero dubbi.
Getty ImagesL’ARSENAL, IL TOP E IL DECLINO
A proposito di eredità, nel 2003 Lehmann si è trasferito all’Arsenal per prendere il posto dell’eterno David Seaman. La sua esperienza è stata immediatamente decisiva per la vittoria della Premier League nella stagione 2003/04. Non una stagione qualunque, bensì quella degli invincibili. Il portiere tedesco non ha saltato nemmeno un minuto in quella stagione diventata leggendaria, totalizzando 15 clean sheet e dimostrando a 34 anni di avere ancora lo smalto dei giorni migliori, che sembravano già passati in certi momenti.
Dopo essere diventato ancora più eroe dei Gunners nel 2005, parando un rigore a Paul Scholes nella finale di FA Cup vinta dalla squadra di Wenger, l’anno successivo si è superato. Ha stabilito il record di imbattibilità per un portiere in Champions League (853), ha portato l’Arsenal fino alla finale parando un altro rigore storico, a Riquelme nella semifinale contro il Villarreal. La sua finale però è durata solo 18 minuti a causa di un fallo su Eto’o in uscita in uno-contro-uno. A proposito di cartellini rossi.
Getty ImagesIl punto più alto è stato il riconoscimento di secondo miglior portiere del mondo nel 2006, a 37 anni, dietro solo a Gianluigi Buffon. Il punto più alto, per certi versi, è stato l’inizio della fine. Dopo la stagione 2006/07, Wenger ha iniziato a metterlo in dubbio. Nella stagione 2007/08 il ballottaggio con Almunia ha contraddistinto la stagione dell’Arsenal. Vito Mannone, giovane portiere che si affacciava nella prima squadra dei Gunners, a ‘Goal’ ha raccontato la loro rivalità folle.
"Era un portiere molto aggressivo, specialmente con Almunia. Stavo cercando di imparare ma allo stesso tempo loro cercavano di uccidersi a vicenda”.
"In allenamento ci fu uno scontro con Bendtner e un fallo a mio favore - ha scritto nella sua autobiografia Lehmann - Almunia allora iniziò a urlare dall'altra parte del campo dicendo che quello non era fallo. A fine partita andai da lui e gli dissi: 'Quando succede qualcosa nella mia area non devi urlare alle spalle'. Lui allora si scatenò: 'Che cosa vuoi bastardo?'. Io risposi: 'Perché mi stai insultando?'. E lui ribatteva: 'Chiudi la bocca, bastardo'. Io allora replicai: 'Ah almeno ora stai dicendo apertamente quello che pensi veramente di me. Tu sei questo, uno che insulta i colleghi’".
Nell’estate 2008 ha anche chiuso una storia di 10 anni con la nazionale tedesca giocando Euro 2008 a 39 anni e arrivando fino alla finale, persa con la Spagna. Due anni prima era stato il numero uno della Mannschaft nel Mondiale di casa, soffiando il posto a Kahn: è stato eroe nei quarti di finale con l’Argentina, quando ha parato due rigori grazie a un foglietto diventato presto mitico. Ha incassato i complimenti persino del suo rivale Kahn, la cui rivalità è sempre stata molto chiacchierata.
Nella stessa estate è tornato in Germania per due anni, per giocare nello Stoccarda e chiudere la sua carriera. Almeno per il momento, visto che nel 2011 in piena crisi di infortuni dei portieri - Szczezny, Fabianski e Mannone - Wenger lo ha richiamato all’Arsenal per due mesi. Il 10 aprile si è pure tolto lo sfizio di giocare contro il Blackpool l’ultima partita della sua carriera, peraltro soffiando il posto proprio ad Almunia.
Negli ultimi anni si è concesso comunque qualche 'bravata', come urinare a bordocampo durante la partita contro l'Unirea Urziceni in Champions League o lanciare la scarpa di Salihovic, suo avversario, sopra la traversa.
DOPO IL RITIRO
Dopo un periodo lontano dai campi, Lehmann è tornato a lavorare nell’Arsenal come vice di Wenger nella sua ultima stagione, poi nel 2019 ha trascorso tre mesi all’Augsburg come assistente tecnico. Dal luglio 2020 è entrato nel Comitato Direttivo dell’Hertha Berlino. È stato cacciato dal club dopo uno scandalo del maggio 2021: ha inviato un messaggio WhatsApp nel quale ha apostrofato come "quotenschwarzer" - che in italiano si può tradurre come "quota nera" - l'ex calciatore Dennis Aogo, presente negli studi di 'Sky Sport Deutschland' per commentare la sfida di Champions League Manchester City-PSG. Cartellino rosso. Uno più, uno meno.
