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Diego Costa, Atletico Madrid 2020-21Getty

L'anticonvenzionale del goal: le tappe della carriera di Diego Costa

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Lagarto in portoghese significa “lucertola”. Lagarto è una striscia di terra collocata nel cuore del Sergipe, lo stato più piccolo del Brasile. E’ proprio lì che, il 7 ottobre del 1988, nasce Diego da Silva Costa, o più semplicemente Diego Costa. E' proprio lì che la sua vita e la sua storia con il pallone tra i piedi hanno rischiato di non essere mai esistite quando un serpente scivola all’interno della sua culla e soltanto un provvidenziale intervento della madre scongiura il peggio.  

LA GIRANDOLA DI PRESTITI: DAL BRASILE ALLA SPAGNA PASSANDO PER IL PORTOGALLO 

Diego cresce alla svelta e il calcio diventa da subito il suo pane quotidiano sebbene fino all’età di quindici anni la sua ‘formazione’ calcistica sia la strada dove oltre a doti balistiche importanti affina fin da subito un carattere decisamente fumantino. I primi colori sociali, infatti, li indossa quando fa le valigie in direzione San Paolo. Trasferitosi per lavorare insieme allo zio che fa il camionista, viene tesserato dal Barcelona de Ibìuna, società dilettantistica dello stato paulista. 

Nell’inverno del 2006, non ancora maggiorenne, Diego Costa lascia il Brasile e si trasferisce in Portogallo dove soggiornerà soltanto per due anni: sotto la regia dello Sporting Braga perfeziona il suo apprendistato in Liga Vitalis – la nostra Serie B, per intenderci – in prestito al Penafiel. Con la società rossonera inizia a farsi conoscere per le sue doti da realizzatore seppur faticando ad adattarsi allo stile di vita del Vecchio Continente. Sorretto dalla famiglia e grazie al sostegno del padre, resiste al peso della saudade e rimane in terra lusitana. L’anno seguente farà rientro al Braga, club con cui esordirà in Primeira Liga, giocando poco ma impiegando appena 19’ per segnare il suo primo goal europeo in Coppa UEFA contro il Parma.  

L’ingresso nella scuderia del super agente Jorge Mendes, però, è destinato a ridefinire ben presto le coordinate della sua carriera. Il suo futuro è in Spagna, la firma è con l'Atletico Madrid. I colchenoros sanno di essere alle prese con un ragazzo che a grandi livelli deve ancora dimostrare tutto e, di conseguenza, decidono di riservargli un percorso di crescita che prevede una partenza dal basso in prestito. Morale della favola, cambia tre maglie in tre anni: in Segunda Division segna 15 goal in 67 partite distribuite tra Celta Vigo e Albacete, a precedere il primo balzo in Liga dove ne mette dentro 8 alla corte del Valladolid, prima di fare ritorno alla casa madre. 

Proprio all'Albacete elargisce le prime dosi di una personalità decisamente forte che negli anni crescerà di pari passo con la sua caratura calcistica. In segno di protesta verso la società che stipendiava i giocatori ma non i membri dello staff decide di fare ammutinamento e rifiuta di allenarsi. E quando il presidente della società si reca nello spogliatoio per stringere la mano a tutti, Diego lo affronta senza remore:

"La mia non gliela do, finché non paga anche loro". Il pensiero riportato da 'Ultimo Uomo'.

Ad anni 22 entra ufficialmente nella rosa della prima squadra dell'Atleti ma nonostante le 39 presenze collezionate il feeling con il club rojiblanco non sboccia e le parti arrivano al punto di trattare, dopo appena un anno, la sua cessione al Besiktas. A mandare tutto in fumo è il primo grave imprevisto della sua carriera: nell'estate che avrebbe dovuto condurlo verso la Turchia si rompe il legamento crociato e rimane ai box per sei mesi. Un infortunio di tale portata sottintende un percorso graduale prima di poter tornare pienamente disponibile. L’Atletico decide di aspettarlo e opta per l’ennesimo prestito girandolo questa volta al Rayo Vallecano. Nella terza squadra di Madrid si rigenera e mette a referto 10 goal in soli sei mesi. Il recupero è totale e i colchoneros sono finalmente pronti per puntare le proprie fiches sul centravanti brasiliano. 

IL BIENNIO D'ORO CON L’ATLETICO MADRID E LA SCELTA DELLA NAZIONALE SPAGNOLA

Quello che sta per aprirsi è destinato a diventare il biennio più importante della sua carriera: nella stagione 2012-2013 segna 10 goal in Liga, 2 in Europa League e addirittura 8 in Copa del Rey trafiggendo anche il Real Madrid nella finalissima che spinge il trofeo tra le mani dell'Atleti. E' in questa stagione che la sua natura da combattente, ancor prima che da bomber, emerge in maniera clamorosa. Il più classico esempio di attaccante con cui un difensore non vorrebbe mai avere a che fare. Diego Costa è un leader tecnico e non solo, diviene centrale nel progetto di Simeone e proprio con il tecnico argentino cementa un rapporto viscerale, a dir poco simbiotico. Le premesse ideali per il capolavoro dell'anno seguente dove è chiamato a raccogliere l'eredità di un certo Radamel Falcao.

Diego Costa Atletico de Madrid Deportivo La Coruña La Liga 15032014Getty Images

Capolavoro, sì. Difficile trovare una definizione migliore. Nella stagione 2013-2014 l'Atletico Madrid vince il campionato all'ultima giornata lasciandosi alle spalle il Barcellona di Messi, Neymar e Suarez e il Real Madrid di Cristiano Ronaldo, Benzema e Bale. E Diego Costa? Semplicemente devastante. Il numero 19 è la star principale di una squadra che dopo il titolo nazionale sfiora una clamorosa doppietta arrendendosi soltanto in finale di Champions contro le merengues. Da riferimento centrale dell'attacco segna 36 goal stagionali, di cui 23 nelle prime 21 partite. 

La stagione della sua definitiva esplosione è segnata anche dalla querelle riguardante la scelta della Nazionale. Procediamo con ordine. A marzo del 2014, vanta solamente due presenze in amichevole con la maglia del Brasile ma, non essendo riconosciuti come match ufficiali, e risiedendo in Europa da ormai otto anni, ottiene la cittadinanza spagnola e di conseguenza la possibilità di scegliere quale paese rappresentare. E lui, brasiliano di nascita, spiazza tutti con una decisione che squarcia l'opinione pubblica: la sua scelta è la Spagna a due mesi esatti dall'inizio dei Mondiali che, manco a dirlo, si disputano in Brasile. E in patria fioccano le polemiche:

"E’ stata una decisione difficile per tutto quello che significa dover decidere fra il paese in cui sei nato e il paese che ti ha dato tutto, che è la Spagna. Ci ho pensato e la cosa giusta per me è giocare con la Spagna. Qui mi sento valorizzato ogni giorno, sento l’affetto della gente. Voglio che la gente capisca che in nessun momento ho rinunciato al Brasile. E’ il Paese in cui sono nato, dove ancora oggi vive la mia famiglia e dove vivrò io quando smetterò di giocare a calcio. Ma per me è un grande onore giocare per la Spagna". La sua spiegazione riportata da 'Repubblica'.

Decisamente più piccata e meno di cuore la replica della Federcalcio brasiliana che lo accusa senza giri di parole di essere stato pagato:

"Non c’è dubbio che Diego Costa sia stato sedotto. E’ ovvio che alla base della sua scelta ci sia una ragione economica”.

Il Ct Felipe Scolari parla dichiaratamente di tradimento:

"Diego Costa sta voltando le spalle al sogno di milioni di persone. Un giocatore brasiliano che rifiuta di vestire la maglia della propria nazione deve essere automaticamente escluso". La furia del tecnico riportata da 'La Stampa'.

Archiviate le polemiche indosserà la maglia delle Furie Rosse in 24 occasioni, giocando due Mondiali e segnando 10 goal complessivi.

IL TRASFERIMENTO AL CHELSEA: LE VITTORIE IN PREMIER E GLI ATTRITI CON CONTE

Tra numeri da urlo in campo e veleni al di fuori del rettangolo verde, l'hype attorno al giocatore è alle massime frequenze. Musica per le orecchie del suo agente che intavola il passaggio in pompa magna al Chelsea, maturato nell'estate del 2014 a fronte del pagamento della clausola rescissoria da 40 milioni di euro. Con i Blues, guidati da Josè Mourinho, segna all'esordio nel 3-1 contro il Burnley ma sarà solo il primo di venti centri stagionali che permetteranno ai londinesi di vincere la Premier League dopo un digiuno di cinque anni.

La Premier si rivela, per caratteristiche, il suo terreno di caccia ideale. Costa è un giocatore che vive ed interpreta un calcio fatto d'istinto, di fisicità, e con un impeto che lo porta spesso volentieri alle scintille con gli avversari nonché sul taccuino dei direttori di gara. Semplicemente è nato per combattere e per fare la guerra su ogni pallone. E' sempre stata la sua natura. E' sempre stata la sua forza.

Se il primo anno in riva al Tamigi si rivela trionfale, l'anno seguente accade l'esatto contrario: il Chelsea si rende protagonista di una stagione deludente e Diego Costa, nonostante i suoi 16 goal complessivi, non riesce ad evitare un anonimo decimo posto in classifica che cancella i Blues dalle cartine europee in vista dell'anno successivo.

Diego Costa Thibaut Courtois ChelseaGetty Images

Un fallimento di tali proporzioni costa la panchina a Mourinho e il suo posto a Stamford Bridge viene preso da un altro sergente di ferro che risponde al nome di Antonio Conte. Nella prima stagione i due sembrano viaggiare a braccetto, quantomeno sul campo: Diego Costa continua a segnare a raffica - altri 20 goal in Premier come il primo anno - ed esattamente come la sua prima annata a Londra, a fine stagione arriva un titolo stra meritato e dominato con i Blues capaci di vincere 30 partite su 38. 

Già nel mese di ottobre, però, il quadro idilliaco tra giocatore e timoniere inizia a mostrare le sue prime crepe: durante la partita interna che il Chelsea sta dominando con il Leicester, Diego Costa è bersaglio dei continui richiami di Conte fino a quando l'attaccante sbotta invocando il cambio che, ovviamente, non gli viene concesso.

La seconda puntata dell'odi et amo si registra invece nel mese di gennaio: il Chelsea vive un momento di forma straordinario ed è reduce da un filotto impressionante di 13 vittorie consecutive ma, a sorpresa, alla vigilia - di nuovo - della sfida con il Leicester il numero 19 non figura tra i convocati. La versione ufficiale dei fatti parla di infortunio, ma per la stampa britannica dietro alla clamorosa esclusione dell'attaccante si cela un ammiccamento di quest'ultimo nei confronti delle serene cinesi che lo stavano tentando a suon di milioni. Conte lo viene a sapere e tra i due scoppia una lite furibonda.

Lo scossone, però, si placa grazie soprattutto a ciò che succede sul campo: Diego Costa segna a ripetizione, il Chelsea è campione d'Inghilterra la tempesta si placa. Tutti felici, tutti contenti fino all'invio del fatidico sms con cui Conte comunica a Costa di non ritenerlo più un elemento valido per i suoi piani tattici.

"Ciao Diego, spero tu stia bene. Grazie per la stagione che abbiamo passato insieme. In bocca al lupo per il prossimo anno, ma non rientri nei miei piani", riporta 'AS'. 

Il detonatore è definitivamente azionato. La frattura è insanabile: il calciatore finisce fuori rosa, il Chelsea chiude la stagione seguente con un amaro quinto posto in campionato e una vittoria in FA Cup, insufficiente per garantire la permanenza di Conte in Inghilterra, il quale chiude i rapporti con il club in maniera tutt'altro che serena.

Intervistato da 'Marca' nel 2018, Costa è tornato sugli attriti avuti con l'ex allenatore di Inter e Juventus.

"È stato un brutto momento ma non è stata colpa mia. La gente parlava e diceva molte cose, ma il tempo sistema tutto. Guardate dov'è ora Conte, guardate come se ne è andato. Mi sono lasciato male con il Chelsea per colpa sua e del suo modo di fare. Al Chelsea era il contrario. Lo abbiamo fatto vincere e, dopo tutto, mi ha mandato un messaggio per dirmi che non mi voleva".

GLI ULTIMI ANNI: L'ATLETICO, IL RITORNO IN BRASILE, LA PREMIER

Nel gennaio del 2018 fa rientro all'Atletico Madrid - che lo riacquista sborsando 60 milioni di euro - riabbracciando il suo mentore Simeone. Insieme si toglieranno lo sfizio di vincere un'Europa League e una Supercoppa europea ma, alle porte dei 30 anni, il riscontro del campo mostra un giocatore che sembra ormai aver imboccato la 'discesa'. 

In poco meno di tre anni segna solo 19 goal in 81 partite, alla media di un centro ogni quattro match. La sua centralità all'interno del progetto viene progressivamente meno e quando il club madrileno acquista dal Barcellona un certo Luis Suarez nell'estate del 2020, il suo ciclo a tinte biancorosse si chiude definitivamente al punto da rescindere il contratto il 29 dicembre del 2020.

Dopo oltre sette mesi da svincolato, Diego Costa opta per un altro ritorno: quello in patria. Il 14 agosto firma con un altro Atletico, quello di Mineiro, con cui vince campionato e coppa prima di fare nuovamente le valigie per una nuova avventura in Europa: destinazione Inghilterra, Wolverhampton.

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