Nazionale italiana militare

La Nazionale militare, squadra vincente e 'dimenticata'

“Non posso dire solo stupide frasi

Anche se per caso mi piacessero i fiori

Non è detto che io debba fare il fiorista

Il questionario dei tre giorni è proprio fuori dal tempo”

(Bluvertigo, “Fuori dal tempo”, 1997)

Nel 1997, quando i Bluvertigo (il cui cantante e bassista era un certo Morgan) pubblicarono il pezzo “Fuori dal tempo”, i “tre giorni” erano ancora un momento irrinunciabile per tutti i maschi italiani prossimi a compiere 18 anni. Irrinunciabile nel vero senso della parola, perchè non presentarsi in caserma nella data e ora stabilita per la visita medica, che eufemisticamente definiremo “omnicomprensiva”, faceva scattare il reato di renitenza alla leva.

Un vero rito di passaggio che almeno nelle intenzioni metteva tutti sullo stesso piano: studenti, lavoratori, ricchi, poveri e... calciatori. Anche per loro, nonostante una carriera professionistica già avviata o sul punto di scattare, era inevitabile il passaggio in caserma. Essendo poi per definizione degli atleti “di sana e robusta costituzione”, l’essere riformati era un’eventualità nemmeno presa in considerazione: così, per dirla con Ligabue (e quasi certamente con lo stesso “entusiasmo”), scattava il “giuramento e l’anno di tua proprietà”, ovvero i dodici mesi di naja.

Rispetto agli sportivi di altre discipline, dall’atletica al nuoto fino agli sport invernali, i calciatori non hanno bisogno di arruolarsi nei corpi militari per poter sostenere, anche economicamente, la propria carriera agonistica. Per questo il servizio militare era visto da giocatori e club come una scomodità da espletare nella maniera più indolore possibile: un’esigenza che l’Esercito non ebbe problemi ad accogliere, prendendo atto della specificità del calcio (un concetto che non nasce oggi, evidentemente).

Nazionale italiana militare

La settimana tipo dei calciatori nell’anno di servizio militare era quindi molto particolare: in caserma dal lunedì al venerdì, tendenzialmente senza incarichi operativi ma con un programma di esercizio fisico specifico, poi libera uscita nel fine settimana per raggiungere il resto della squadra ed essere a disposizione per la partita della domenica. Per le eventuali partite di Coppa, serviva una dispensa speciale del responsabile del proprio Corpo d’armata, trattandosi di espatrio. La difficoltà era chiaramente logistica, visto che la Caserma Atleti più importante d’Italia era a Barletta, ma anche puramente professionale: quando non ti alleni con i compagni per tutta la settimana, non è facile mantenere il proprio posto in squadra.

Un’altra caserma famosa era quella di Avellino, dove nel 1995 prestarono servizio come Bersaglieri Fabio Cannavaro, Marco Delvecchio, Fabio Galante e Alessandro Del Piero. Proprio l’ex capitano della Juventus fu al centro di un incidente diplomatico allorchè, presentatosi al Partenio assieme ai commilitoni per assistere ad Avellino-Juventus di Coppa Italia, venne cooptato da Luciano Moggi che lo fece inserire in distinta: Del Piero non solo giocò, ma segnò pure nel finale di partita, violando il divieto di giocare fuori dal presidio e prendendosi qualche giorno di “consegna” in caserma.

La totalità dei giocatori professionisti sceglieva di arruolarsi nell’esercito, l’idea dell’obiezione di coscienza era praticamente non considerata almeno fino al 1995, quando fece scalpore la scelta di un centrocampista del Verona, allora in Serie B, che scelse di svolgere il servizio civile presso l’emittente locale Telepace. Il giocatore in questione era Damiano Tommasi, e su quella scelta controcorrente ha posto le basi per una carriera da giocatore totalmente fuori dagli schemi e dai luoghi comuni.

L’attività dei calciatori in caserma non era solo fine a se stessa, ma era legata anche alla cosiddetta Nazionale militare, che partecipava ogni due anni ai Mondiali di categoria. Finchè la squadra è esistita, ovvero fino al 2005, quando ormai la leva obbligatoria era stata abolita, ha rappresentato uno dei punti d’orgoglio dello sport italiano, vincendo ben 8 mondiali, spesso schierando una formazione molto simile a quella della parallela nazionale Under 21. Degli otto trionfi, il più memorabile resta quello del 1987 ad Arezzo, quando gli azzurri, con in campo tra gli altri Ciro Ferrara e Gianluca Vialli, batterono 2-0 la Germania Ovest, che schierava un 19enne Oliver Bierhoff a centrocampo (!).

Storie di un calcio e di un’Italia che non ci sono più, anche se il Mondiale militare permane tuttora: l’ultima edizione, disputata a Wuhan nel 2019, ha visto il Bahrein battere in finale il Qatar, mentre nella finalina per il terzo posto l’Algeria ha battuto la Corea del Nord. Le gerarchie sono state prevedibilmente sovvertite dall’abbandono della leva obbligatoria da parte di quasi tutti i Paesi europei.

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