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La leggenda di Vampeta, il "Tardelli moderno" che all'Inter durò 4 mesi

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È un diavolo. O un vampiro. O meglio: entrambe le cose. E pure un ottimo giocatore di calcio, a quanto pare. “Un Tardelli moderno”, addirittura. Quando Marcos André Batista Santos, in arte Vampeta, atterra a Milano nell'estate del 2000, praticamente tutti sono convinti di aver fatto un affare. Lo ha preteso Marcello Lippi in persona. Lo ha raccomandato Ronaldo, suo amico sin dai tempi del PSV e poi in Nazionale. L'Inter si è svenata per averlo, lo ha pagato 30 miliardi delle vecchie lire e quattro a stagione li ha promessi al calciatore, ma sembra convinta dell'operazione.

La leggenda al contrario di Vampeta inizia lì, nel caldo agostano di 22 anni fa. Baffetti iconici, sguardo sicuro di sé. Arriva dal Corinthians, in Brasile si è fatto un nome a suon di buone prestazioni. “Sono conosciuto quanto Romario e Ronaldo”, dirà, esagerando giusto un filo. L'Inter lo ha preso per aggiungere due piedi buoni al centrocampo di Lippi. Lo avrebbe voluto anche la Fiorentina, tanto che qualche mese prima, dopo averlo visto all'opera dal vivo, Giancarlo Antognoni si è lasciato scappare l'improvvido paragone di cui sopra, quello – rullo di tamburi – con Marco Tardelli.

“Vampeta simile a Dunga? No, non concordo in pieno su questo accostamento. In realtà lo vedo come un giocatore più offensivo, una specie di Tardelli moderno. È senza dubbio più tecnico rispetto ad Emerson. È un giocatore in grado di abbinare qualità alla quantità, anche se predilige la prima, e poi sa segnare. E poi ha anche una notevole esperienza, pur essendo ancora abbastanza giovane”.

Tale e tanta è l'attesa per il nuovo arrivato che la sua presentazione ufficiale a stampa e tifosi viene trasmessa in diretta audio-video su Internet attraverso il sito dell'Inter. Si collegano in 1260, "il massimo consentito", come spiega il club nerazzurro. Lele Oriali, seduto accanto a Vampeta, rivela di aver lavorato all'operazione per lungo tempo. Ed è entusiasta al solo pensiero di averla portata a termine.

“Vampeta è un giocatore che può far fare un salto di qualità al nostro centrocampo. Si tratta di un giocatore eclettico, con tecnica, forza fisica e continuità. È bravo anche in fase offensiva, sa far goal e l'ultimo passaggio. Il suo ruolo è sul centro-destra, ma è così bravo che la sua collocazione non non sarà certamente un problema”.

Il problema è che Vampeta parte immediatamente col piede sbagliato. Nemmeno per colpa sua, in realtà: ironia della sorte, il giorno del suo arrivo a Milano coincide con quello della storica e celeberrima eliminazione dai preliminari di Champions League per mano dei modesti svedesi dell'Helsingborgs, la partita del rigore sbagliato da Recoba a una manciata di secondi dal termine. Vampeta assiste a quella sfida dalla tribuna, impietrito come tutto San Siro, immaginando forse sin dal primo momento di essere giunto nel posto sbagliato al momento sbagliato. Ma non può ancora rivelarlo apertamente.

“Sono tornato in Europa per vincere. Conosco già il vostro calcio e questo mi aiuterà, credo che non avrò problemi di ambientamento. Ronaldo mi ha detto: hai fatto la scelta giusta. Negli ultimi tempi mi ha parlato molto dell'Inter, è molto contento che sia venuto qui. Non vedo l'ora che guarisca, voglio vincere assieme a lui”.

Ronaldo e Vampeta si sono conosciuti qualche anno prima al PSV, entrambi molto giovani. Ma in quel 2000 non incroceranno mai le rispettive strade. Il Fenomeno è costantemente ai box a causa del tremendo infortunio al ginocchio rimediato ad aprile, nella finale di andata di Coppa Italia contro la Lazio. In quella stagione non giocherà nemmeno una volta. Il connazionale lo farà, invece. Solo che lo farà male. Già l'esordio in Supercoppa Italiana con la Lazio, gara persa per 4-3, è in chiaroscuro: Vampeta prima commette un fallo da rigore affossando Nedved in area, poi segna con un fortunoso tiro-cross in cui è palese l'indecisione dell'ex Peruzzi.

Lippi, colui che lo ha voluto all'Inter, dura pochissimo. Il quarto posto dell'anno precedente, acciuffato solo grazie al 'nemico' Baggio nello spareggio contro il Parma, ha provocato i primi scricchiolii. Il tecnico viareggino è già stato estromesso dalla Champions League, ha visto svanire la Supercoppa e il 1° ottobre perde anche l'esordio in campionato in casa della Reggina, con Vampeta in campo per 72 minuti. È l'indimenticabile domenica del “se fossi il presidente manderei via subito l'allenatore, prenderei i giocatori, li attaccherei tutti al muro e darei dei calci nel culo a tutti”. Massimo Moratti lo prende in parola, il Marcello nazionale se ne va e in panchina arriva Marco Tardelli. Quello vero. Che col “Tardelli moderno” lega ben poco.

"Dopo un allenamento – ha raccontato in un'intervista di qualche anno fa a 'Extratime', settimanale di calcio estero della 'Gazzetta dello Sport' –Tardelli, l’allenatore all’epoca appena arrivato, mi disse che non mi conosceva proprio. Io gli risposi che neanche io lo conoscevo e me ne andai. Rimasi 7-8 mesi all’Inter".

Non esattamente i presupposti migliori per costruire un rapporto. E infatti l'avventura italiana, in pratica, finisce lì, ancor prima di cominciare. Vampeta colleziona tre comparsate in Coppa Italia e altrettante in Coppa UEFA. Nelle rare occasioni in cui viene schierato mette in mostra una lentezza esasperante, da moviola, stile calcio brasiliano anni ottanta. Un Andrade proiettato nel nuovo millennio. Il calcio si sta evolvendo, ma lui ancora non lo sa. Non è un caso che in campionato non giochi più, limitandosi a quell'unica presenza a Reggio e mettendo in fila una serie infinita di panchine e mancate convocazioni.

I mesi all'Inter sono in realtà meno dei sette-otto di cui parla Vampeta: sono appena quattro. Durante i quali accade un po' di tutto. A novembre, per esempio, Tardelli gli concede qualche giorno di permesso per tornare in Brasile, ma il giocatore rientra a Milano 48 ore dopo il termine previsto. Il tecnico getta acqua sul fuoco, parlando di un “professionista serio” e spiegando che “non ho nulla da eccepire sul suo comportamento”. Lo stesso Vampeta chiede scusa per il ritardo. Ma poi esplode in conferenza stampa.

“Ho incontrato Moratti e gli ho detto di essere disposto a restituirgli tutti i soldi che ho guadagnato fino a questo momento pur di tornare in Brasile. Mi dicono tutti che hanno fiducia in me, che sono importante. Io sono un tipo tranquillo, ma non così tranquillo da accettare l'idea di una vacanza pagata. Non sono venuto all'Inter per i soldi: sono venuto perché questa è una squadra famosa in tutto il mondo e perché ci gioca Ronaldo. Avevo offerte anche dalla Spagna e dalla Francia. Sono titolare nella Seleção, eletto miglior giocatore del campionato brasiliano, però qui non gioco. In Brasile sono conosciuto quanto Romario e Ronaldo. Per cui mi chiedo: è possibile che 175 milioni di brasiliani siano degli stupidi e che in Italia abbiano tutti ragione?”.

Vampeta Inter gfxGoal

Uno sfogo pesante, pesantissimo. Accuse in piena regola. E nelle stesse ore è il suo procuratore Giovanni Branchini a gettare benzina sul fuoco, con tanto di esplicita apertura nei confronti di una separazione immediata:

“Il problema esiste e va affrontato. Con serenità e con la reciproca volontà di trovare la migliore soluzione possibile. Bisognerà riunirsi con i dirigenti e i tecnici per valutare cosa conviene fare. È emerso uno scoramento, Vampeta mi ha manifestato il suo disagio. Da quando c'è Tardelli non è mai stato utilizzato in campionato. Ha disputato un'ora in coppa UEFA contro il Vitesse e da allora solo panchine e tribune”.

L'addio è inevitabile. A dicembre viene preannunciato dalla decisione di Vampeta di autoescludersi dalla rosa. E a gennaio si concretizza: si fa avanti il Paris Saint-Germain, che lo acquista in comproprietà in cambio del cartellino di Stephane Dalmat. Tardelli rivela: “Dopo la partita contro il Napoli è venuto a dirmi che voleva tornare in Brasile perché aveva nostalgia, non tanto perché qui faceva panchina”. E giura: “Non è colpa di nessuno se Vampeta è andato via. È stata una sua volontà. Mercoledì ci siamo salutati molto cordialmente”.

Dopo 6 mesi parigini e altre 8 presenze complessive, il problema si ripropone: che fare di Vampeta? Il giocatore confesserà in seguito di aver apprezzato Parigi, sì, “però alla Tour Eiffel e ai musei preferisco le spiagge baiane e l'Olanda, un paese libero dove le persone fumano, bevono e si fanno gli affari propri”. Metà cartellino è del PSG, l'altra metà è sempre dell'Inter. Alla finestra si affaccia il Flamengo. Vuole Vampeta, ricambiato, e così parte una trattativa a tre che va a buon fine: in Francia approda Reinaldo e a Milano tale Adriano, 19 anni appena. Il mito incompiuto dell'Imperador nasce lì. Ma questa è un'altra storia.

OLTRE L'INTER: LA RIVISTA GAY E IL MONDIALE 2002

E poi c'è l'altro Vampeta. Quello che in Brasile non sarà amato esattamente come Romario e Ronaldo, ma è comunque un personaggio. Dentro e fuori dal campo. A partire da quel nome così strano che in realtà è un apelido, un soprannome. Gli viene appiccicato quand'è giovanissimo e gioca nel Vitoria, a Salvador de Bahia. Gli mancano i denti anteriori e ha gli occhi spiritati. E così ecco Vampeta, la crasi di vampiro e capeta, ovvero "diavolo" in portoghese:"Anche se il mio nome è Marcos André Batista Santos, nessuno mi chiama così. Nemmeno la mia famiglia”.

E poi: non tutti se lo ricordano, ma anche lui, dopo aver già alzato la Copa America nel '99, fa parte della spedizione mondiale in Corea del Sud e Giappone che nel 2002 frutta alla Seleção il quinto titolo iridato. In Asia gioca una ventina di minuti in tutto, all'esordio contro la Turchia, ma gli basta e avanza. E al ritorno in patria, alla presenza del Presidente della Repubblica Fernando Henrique Cardoso, si esibisce in una serie di inaspettate capriole che mandano tutti in visibilio.

“Tutti dicevano che bevevo. 'Ha fatto quelle capriole, per cui dev'essere per forza ubriaco'. Ma io ho avuto una serie di allenatori nella mia carriera: Zagallo, Carlos Alberto Torres, Luxemburgo, Parreira, Scolari, Joel Santana, Evaristo de Macedo, Oswaldo de Oliveira... Chiedete a ciascuno di loro se mi abbia mai visto ubriaco o in ritardo a un allenamento”.

La sua squadra del cuore, quella a cui viene unanimemente associato, è il Corinthians. Vi gioca in tre spezzoni di carriera distinti, vince il campionato nel 1998 e il prototipo del Mondiale per club due anni più tardi, ma nell'ultima occasione (2007) retrocede in B. A Rio de Janeiro indossa invce le casacche del Fluminense e del già menzionato Flamengo. Al Fla rimane pochi mesi senza mai incidere, tanto che qualcuno sospetta che giochi male di proposito per protestare contro il costante ritardo nel pagamento degli stipendi mensili. E lui ci mette del suo, inventando una frase divenuta leggendaria nel futebol brasiliano: “Eles fingem que pagam e eu finjo que jogo”. Ovvero: “Loro fingono di pagarmi e io fingo di giocare”.

Infiniti gli episodi curiosi della vita di Vampeta. Nel 1999, poco prima di arrivare all'Inter, fa scalpore posando nudo per una rivista gay brasiliana.“Ma l'ho fatto per beneficenza, per aiutare una vecchia sala cinematografica del mio paese: mi hanno spiegato che è la più antica del mondo”, si giustificherà in seguito. Gli piacciono le belle donne, e in un'intervista al 'Diario de São Paulo' ha sparato una cassanata: “Ne ho avute più di 400”. Nel 2003, reduce da un infortunio, si ripresenta all'allenamento del Corinthians con un inguardabile taglio di capelli “alla samurai”, lunghi ai lati e rasati sopra.

Il presente vede Vampeta nel ruolo di commentatore della radio Jovem Pan di San Paolo. Ha qualche chilo in più e i baffetti sono spariti, ma il buonumore e la voglia di far sorridere ci sono sempre. Spesso è ospite nelle varie emittenti brasiliane, dove si diverte a raccontare episodi inediti della sua carriera. Nel 2013 ha provato a fare il presidente del Gremio Osasco, diventato poi Audax, dove per pochi mesi aveva già ricoperto la posizione di giocatore-allenatore, ma lo scorso anno ha ceduto il testimone.

Certo, il Vampeta rimasto nella memoria in Italia è l'altro, quello dell'Inter, quello dell'unica presenza in Serie A a fronte di una spesa di 30 miliardi. All'interno dei sondaggi online che puntualmente vengono proposti per votare il più grande bidone della storia della Serie A, il suo nome non manca mai. E spesso esce vincitore. Del resto l'ha detto lui stesso: “Sono conosciuto come Romario e Ronaldo”. E come dargli torto?

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