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Gremio batalha dos Aflitos gfxGOAL

La leggenda della "Batalha dos Aflitos": quando il Grêmio andò in A in 7 uomini

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Até a pé nós iremos/Para o que der e vier/Mas o certo é que nós estaremos/Com o Grêmio onde o Grêmio estiver”

Resteremo sempre con il Grêmio, è il senso della prima strofa dell'inno tricolor. I tifosi dell'Imortal gaúcho, quest'anno, hanno la necessità di rispettarla alla lettera. Il club è retrocesso dalla Serie A alla Serie B brasiliana nonostante la presenza in rosa di Douglas Costa, dell'ex Bayern Rafinha e di altri calciatori di buon livello. E in questi primi mesi del 2022 è partito pure peggio, facendosi immediatamente eliminare dalla Copa do Brasil. Un crollo imprevisto e roboante. Non il primo, però. Perché il Grêmio era già caduto in B altre due volte, nel 1991 e poi nel 2004, in entrambi i casi tornando immediatamente al piano superiore.

Normale la prima promozione, nel 1992. Addirittura esaltante la seconda, quella del 2005. Non tanto per la gioia in sé di allontanarsi dall'inferno sportivo, quanto per il modo in cui si è conclusa la partita decisiva. L'hanno ribattezzata “la Batalha dos Aflitos”, dal nome dello stadio del Náutico, che a sua volta deriva dal quartiere di Recife in cui l'impianto è situato. Tutti, in Brasile, ne hanno sentito parlare almeno una volta. Grandi e piccini. Non è mai stata davvero storia, ma molto di più: è entrata subito nella leggenda. Perché mai, prima di allora, si era vista una squadra trionfare con 7 giocatori rimasti sul terreno di gioco. E mai, con ogni probabilità, l'eventualità si verificherà in futuro.

26 novembre 2005. Náutico e Grêmio si sfidano in una finale vera e propria, anche se formalmente non lo è. Chi vince approda in Serie A; chi perde resta in Serie B. È l'atto finale di un meccanismo piuttosto contorto: il regolamento di quel torneo, composto da 22 partecipanti, prevede che ogni formazione incroci tutte le altre in gare di sola andata. Le prime 8 classificate accedono a una Final Eight suddivisa in due gironi e, infine, a un gironcino finale da 4 formato dalle prime due di ogni raggruppamento.

Sia il Grêmio che il Náutico sono usciti indenni da quel labirinto. Hanno trovato la porta che conduce in Paradiso e ora non devono far altro che varcarla. I gaúchos, allenati da un giovane Mano Menezes, hanno chiuso al secondo posto sia la regular season che il primo girone, in entrambi i casi dietro al Santa Cruz. Il Náutico, invece, è entrato per un soffio nella Final Eight (settimo con appena un punto di vantaggio sulla nona posizione), ma il proprio raggruppamento l'ha concluso in testa.

Sono lo stesso Santa Cruz e la Portuguesa le altre due concorrenti per la A. E sono particolarmente agguerrite. Tanto che quel 25 novembre 2005, la giornata decisiva, tutto è ancora possibile. La classifica dice che il Grêmio comanda con 9 punti, il Santa Cruz segue con 7, quindi Náutico 6 e Portuguesa 5. Il calendario prevede Náutico-Grêmio e Santa Cruz-Portuguesa. Al Grêmio basta il pareggio e al Náutico un successo semplice: con un 1-0 raggiungerebbe il Grêmio in classifica, venendo però promosso grazie al maggior numero di vittorie ottenute. Entrambe le partite si giocano nel Pernambuco, nel Nord del Brasile, e sono in tanti a credere in una doppia impresa regionale. Non immaginano, non possono farlo, che quel pomeriggio è destinato a diventare un kolossal del futebol.

La batalha inizia presto, ben prima del fischio di partenza. La notte precedente la partita, alcuni tifosi del Náutico sparano fuochi d'artificio e fanno baccano all'esterno dell'hotel in cui alloggiano i giocatori del Grêmio: normalità sudamericana. Nel giorno della rifinitura, uno dei 16 palloni portati da Porto Alegre viene rubato. L'arrivo allo stadio non è meno traumatico. L'autobus gremista non riesce a passare in mezzo alla folla di sostenitori di casa e i calciatori sono costretti a raggiungere l'impianto a piedi, scortati dalla Polizia, tra grida, insulti e minacce. Non solo: lo spogliatoio ospite è stato dipinto pochi minuti prima e l'odore di vernice è insopportabile. In più, la porta che conduce al terreno di gioco è bloccata da un lucchetto e la squadra di Mano Menezes non può effettuare il classico riscaldamento prepartita: riuscirà a entrare sul terreno di gioco solo poco prima del fischio d'inizio.

In campo, naturalmente, è una corrida. Il clima pesantissimo trasforma la partita in una questione di vita o di morte. Al calcio, le due squadre preferiscono qualche calcione. Il primo cartellino giallo arriva già al 12', il secondo al quarto d'ora. Poco dopo la mezz'ora, ecco il primo episodio chiave: il centrale ospite Domingos affossa in area Paulo Matos e Djalma José Beltrami Teixeira, l'arbitro, indica il dischetto a favore del Náutico. Sul pallone va il terzino Bruno Carvalho, che calcia bene, fin troppo bene: palo pieno. Il Grêmio, per il momento, si salva. Il punteggio non si schioda dallo 0-0.

Ma è nella ripresa che accade l'impensabile. A un quarto d'ora dalla conclusione della partita, intanto, il Grêmio resta in 10 uomini per l'espulsione per doppia ammonizione del cileno Escalona. Pochi secondi e il portiere ospite Galatto rifila una manata sul volto a Miltinho: è rigore per tutti, tranne per il fischietto. Ma Djalma Beltrami non ci metterà molto a far scattare la legge della compensazione. All'80' accade di tutto: stavolta il penalty al Náutico viene concesso, ma è un'invenzione pura, perché un pallone calciato dal limite sbatte contro un gomito di Nunes, che ha il braccio attaccatissimo al corpo.

Apriti cielo. Cinque giocatori del Grêmio circondano con fare minaccioso il direttore di gara, che inizia a estrarre cartellini rossi come se piovesse: uno è per Patricio, reo di averlo spintonato, un altro per Nunes, un altro ancora per Domingos. Rischia grosso anche Marcelo Costa, che tenta di rifilare – non riuscendoci, e non visto – un calcio nel sedere a Djalma Beltrami. I gaúchos sono rimasti in 7 uomini. E schiumano la loro rabbia nei confronti del diavolo col fischietto. Che, impaurito, chiama a sostegno la Polizia Militare presente ai bordi del campo.

Agli Aflitos non si gioca più. Il campo è un pullulare di personaggi interni ed esterni: calciatori, allenatori, dirigenti, militari, qualche tifoso invasore. Un caos totale che stoppa la partita per un'eternità. Nel bel mezzo della bagarre c'è anche un giovane Lucas Leiva, ai tempi conosciuto appena come Lucas. Un altro ragazzino, il diciassettenne Anderson, il mancino che negli anni a venire giocherà nel Manchester United con Cristiano Ronaldo e pure nella Fiorentina, si vede piazzare un microfono sotto al naso dalla tv brasiliana e spara a zero in diretta: “Il campionato brasiliano è una pagliacciata, lo sanno tutti”.

Mentre Domingos, uno degli espulsi, torna nello spogliatoio e distrugge tutto quello che trova, tra specchi, porte e lavandini, il presidente del Grêmio, Paulo Odone, pensa addirittura di ritirare la squadra dal campo in segno di protesta. È un suo dirigente, Renato Moreira, a dissuaderlo dall'idea: “Presidente, ci sarebbero sanzioni pesantissime: potrebbero mandarci in Serie C a tavolino”.

Alla fine, faticosamente e parzialmente, la calma riprende il sopravvento. Dopo 24 minuti, finalmente, si può riprendere: in campo sono rimasti solo i calciatori e il direttore di gara. Ma il Náutico è in 11 e il Grêmio in 7. E i padroni di casa hanno a disposizione un rigore da calciare. Sul dischetto va Ademar, che calcia centralmente col sinistro: Galatto sceglie un lato, ma distende le gambe a tal punto da riuscire a respingere l'esecuzione. Forse aiutato dal compagno Marcel, che in precedenza si è messo a strappare l'erba dalla zona del dischetto. A proposito del portiere gremista: dopo pochi minuti dall'inizio della partita si era scontrato col compagno Pereira, rimediando una botta a un ginocchio e rischiando di abbandonare il campo. All'intervallo il suo secondo, un giovane e terrorizzato Marcelo Grohe, che in seguito diventerà grande a Porto Alegre e in Brasile, lo aveva pregato: “Non uscire, non uscire”.

La respinta di Galatto è la spinta per l'impossibile. Pochi secondi e Anderson scappa sulla sinistra, Batata lo stende e si prende il secondo giallo e il conseguente rosso. 7 contro 10. Pochi secondi ancora e la storia lascia il posto all'epica: punizione battuta velocemente, ancora Anderson entra in area palla al piede da sinistra, supera in velocità un paio di avversari e non dà scampo al portiere Rodolpho. 1-0 Grêmio. In 7 uomini. Da non crederci.

Io mi ero piazzato dietro alla nostra porta – ha raccontato anni dopo Moreira, il dirigente che ha evitato il ko a tavolino, a 'Zero Hora' – Quando la palla ha sbattuto contro la gamba di Galatto, sono sceso correndo negli spogliatoi per dirlo ai giocatori che erano stati espulsi. C'era un clima da funerale e io gridavo come un matto: “Galatto ha respinto il rigore!”. Tutti sono impazziti di gioia, ma io pensavo: “Mancano 15 minuti e noi siamo in 7”. Sono tornato in campo e ho chiesto a Odone: “Com'è la partita?”. E lui: “Abbiamo segnato”. Ma come? Mi sono perso il goal di Anderson, perché è arrivato proprio quando sono andato negli spogliatoi”.

Non esistono parole per descrivere quei momenti. Non ne ha il radiocronista Ruy Carlos Ostermann, della Rádio Gaúcha, che in preda all'emozione lascia cadere il microfono: “Mai vista una cosa del genere”. Il collega Pedro Ernesto Denardin perde completamente il controllo: “Solo il Grêmio, con la sua forza, con la sua fede. Non ho mai visto niente di simile, il mondo non ha mai visto niente di simile. Il Grêmio sta compiendo un'impresa che non ha paragoni nella storia mondiale”.

L'impresa viene portata a termine. Il goal di Anderson ha ammazzato psicologicamente il Náutico, che non riesce più a reagire. Il risultato non cambia più: il Grêmio si impone per 1-0 e risale dopo un anno in Serie A, i padroni di casa restano incredibilmente in B. Quando il direttore di gara fischia per tre volte, la partita è già entrata nella leggenda del calcio brasiliano e mondiale. Diventerà per tutti “la Batalha dos Aflitos”, sarà ricordata in libri e documentari, il 26 novembre sarà immortalato nella storia tricolor.

E Djalma Beltrami, l'arbitro che inconsapevolmente e involontariamente ha dato vita all'epica? I media brasiliani lo hanno intervistato più volte, come no. E lui, istrionico come in campo, non si è mai negato. La sua versione dei fatti, ad anni di distanza, è singolare: sono certo di aver fatto la cosa giusta con tutte quelle espulsioni, ma grazie al cielo è finita com'è finita.

Quando Galatto compie quella parata, sento Dio che pone un dito sulla mia testa – ha detto nel 2020 – Mi vengono i i brividi anche dopo 15 anni. E quando Anderson segna, sento Dio che pone una mano sulla mia testa. Se Anderson mi avesse passato la palla, avrei segnato io stesso. Quella rete ha salvato delle vite. C'era un clima tesissimo allo stadio, ma il goal ha avuto il potere di calmare i tifosi. Non c'erano più risse, la gente non cantava più, niente di niente”.

Anderson, che per un breve periodo della carriera indosserà anche la maglia dell'Internacional, diventando un traditore e pure retrocedendo in B, qualche tempo fa ha scritto una lunga lettera pubblicata da 'Zero Hora': “Sono grato, perché posso raccontare questa storia ai miei figli”. Galatto ha raccontato: “Al Malaga mi hanno chiesto se quella partita fosse reale o se fosse stata gonfiata. Ho giocato pure in Bulgaria, dove c'erano dei sospetti su alcuni risultati combinati, e pure lì pensavano che la Batalha dos Aflitos fosse una montatura. Io rispondevo che no, è stato epico”. E lo è stato davvero.

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