C'era un tempo, nemmeno troppo lontano, in cui il Manchester City non era la corazzata di oggi e faceva fatica persino a qualificarsi per l'Europa. Spesso a fine campionato si trovava fuori dalle coppe, tuttavia come suo alleato poteva contare su una speciale classifica che gli permetteva comunque di giocare in Europa.
Stiamo parlando della Classifica UEFA Fair Play , che dal 1994 al 2015 permetteva a tre club di diverse nazionalità (che avevano concluso il campionato fuori dalle coppe europee) di qualificarsi alla Coppa UEFA/Europa League. Ovviamente non si tratta di fair play finanziario, ma di far play nel vero senso della parola. Alla base c'erano dunque il gioco pulito e il rispetto per gli avversari.
Il Manchester City vinse per due volte la Classifica UEFA Fair Play: nel 2003/04 e nel 2007/08, qualificandosi così all'Europa League nonostante i due noni posti ottenuti in campionato. Ogni federazione europea aveva un suo punteggio, derivante dalle partite disputate dai club e dalle nazionali in tutte le competizioni, e al termine della stagione le prime tre federazioni del ranking fair play portavano in Europa League il club con il miglior coefficiente nazionale Fair Play.
Sembra difficile, ma in realtà il ragionamento è molto semplice: nel 2007/08, per esempio, nei primi tre posti della Classifica Fair Play si piazzarono Inghilterra, Germania e Danimarca. E in base alla classifica fair play dei club delle rispettive federazioni, si qualificarono in Europa League il Manchester City, l'Hertha Berlino e il Nordsjaelland.
Ma come funzionava la Classifica UEFA Fair Play? Di seguito, ecco i criteri che determinavano punteggi e classifica delle squadre:
- Cartellini gialli e rossi: 10 punti se nessun giocatore ne riceveva, -1 per ogni ammonizione e -3 per ogni espulsione
- Gioco positivo: tattica offensiva e propositiva, niente perdite di tempo e sforzarsi di segnare più goal possibili anche ad obiettivo raggiunto. Da un minimo di 1 a un massimo di 10 punti
- Rispetto per l'avversario: restituire il pallone con una rimessa laterale, il più comune. Da un minimo di 1 a un massimo di 5 punti
- Rispetto per l'arbitro: accettare le decisioni senza protestare. Da un minimo di 1 a un massimo di 5 punti
- Comportamento dello staff: da un minimo di 1 a un massimo di 5 punti
- Comportamento dei tifosi: cori e tutto quello che succede all'interno dello stadio. Da un minimo di 1 a un massimo di 5 punti
In poche parole si qualificavano in Europa i club più 'buoni' e sportivi. A beneficiare della Classifica UEFA Fair Play sono state soprattutto le squadre scandinave, mentre tra i top 5 campionati europei è stata l'Inghilterra a primeggiare, con tre vittorie e otto qualificazioni complessive. Il dato curioso e per certi versi anche un po' imbarazzante è quello relativo all'Italia: nessun club italiano, infatti, si è mai qualificato in Europa grazie alla Classifica Fair Play.
Due tedesche, una francese, una spagnola, ma mai nessuna italiana dalla prima edizione del 1994/95 all'ultima del 2014/15. Non benissimo, o meglio, non 'buonissime' le nostre squadre. Fatto sta che dopo il 2015 la Classifica Fair Play ha di fatto cessato di esistere. I premi fair play della UEFA ci sono ancora oggi, ma riguardano esclusivamente le federazioni e sono soltanto in denaro. Niente più qualificazione in Europa per i più 'buoni', al netto di qualche rara eccezione.
Nel 2018, infatti, in occasione dei Mondiali di Russia, il Giappone si qualificò agli ottavi di finale ai danni del Senegal proprio grazie alla Classifica Fair Play. Le due squadre avevano concluso il girone a pari punti, con la stessa differenza reti, gli stessi goal fatti e gli stessi goal subiti, pareggiando pure lo scontro diretto. Ed ecco allora che è entrata in scena la cara vecchia Classifica Fair Play: 4 gialli per il Giappone, 6 per il Senegal. Africani eliminati e giapponesi avanti. A testimonianza che essere più 'buoni', nel calcio, ogni tanto serve ancora.
