Immaginate che vi chiami l'Inter. Che il vostro nome venga catapultato su giornali e siti per giorni, per settimane, per mesi. Che tutti – quelli che ne sanno e quelli che ne sanno un po' meno – dicano che sì, il nero e l'azzurro fanno proprio al caso vostro. Che il Jiangsu, la squadra in cui state militando, sia guarda caso legato a doppio filo proprio all'Inter: stessa proprietà, ovvero Suning, e un collante chiamato Walter Sabatini, vostro grande estimatore. Immaginate, poi, che sul più bello il grande calcio si dimentichi di voi. Puff. Come un sogno, come un'illusione rimasta tale.
Roger Martínez da Cartagena, Colombia, sa piuttosto bene che cosa significhi essere sedotto e abbandonato. Per qualche mese, tra il 2016 e il 2017, è uno dei grandi nomi che orbitano attorno al mercato italiano ed internazionale. Del resto è un attaccante, ed è palese che gli attaccanti abbiano quel pizzico di appeal in più rispetto a tutti gli altri. E poi è piuttosto completo: bel fisico, rapidità, killer instinct. Un allenatore delle giovanili, ha rivelato, lo paragonava a Romário. Il Racing di Avellaneda lo ha portato in Argentina ad appena 18 anni, lo ha prestato per un anno prima al Santamarina e poi all'Aldosivi, quindi se l'è ripreso. Nella prima parte del 2016 ha esultato assieme a lui 6 volte in 10 partite. Numeri che lo hanno portato dritto in Nazionale, con tanto di rete all'esordio assoluto e di convocazione per la Copa America del Centenario.
“Qualcuno dice che assomiglio ad Agüero, ma non ne sono certo – dice Martínez ai tempi – ma io non ne sono sicuro. Ho sempre ammirato Ronaldo, guardo i suoi video per cercare di imparare qualcosa da lui”.
Ci sa fare, Martínez. Tanto che, in quel 2016 dorato, lo adocchia l'Inter. O meglio: Suning. E Sabatini, suo grande estimatore. Che lo fa prelevare dal Racing per 9 milioni di euro, cifra tutt'altro che modica se rapportata al pallone sudamericano. E se lo porta al Jiangsu. È ancora l'epoca dorata del calcio cinese. Nessuno può ancora concretamente immaginare che la bolla sarà destinata a scoppiare di lì a qualche anno, ma intanto, tra i Pato e i Witsel, gli Oscar, gli Hulk e i Lavezzi, ecco anche Roger Martínez. Un altro gioiello luccicante da esporre nell'argenteria di famiglia. Obiettivo del club e della sua proprietà: contrastare lo strapotere del Guangzhou Evergrande, ingiocabile per tutti in quegli anni. Obiettivo del colombiano: mettersi in mostra per l'Inter.
Perché è questo il progetto di Suning, anche se nessuno lo conferma ufficialmente: testare Martínez in Asia per poi dirottarlo a Milano. Quando? Magari già nel gennaio del 2017, al massimo l'estate successiva. Pare tutto abbastanza semplice, una pura formalità. Come trasportare il proprio televisore dal soggiorno alla camera da letto. O come trasportare Trent Sainsbury da Nanchino a Milano. Nei piani dell'Inter, dovrebbe essere proprio il colombiano l'alternativa offensiva a Mauro Icardi. Il problema è principalmente uno: non si può fare subito perché nella rosa nerazzurra i posti da extracomunitario sono tutti occupati. Poco male: Roger è uno che sa aspettare con pazienza.
"Sono contento per l'opportunità che mi si presenta – rivela appena l'operazione col Jiangsu è conclusa – ho parlato con il direttore sportivo dell'Inter e mi ha lasciato molto motivato. Ora vado in Cina per avere poi una possibilità in Italia, che resta il mio sogno. Il progetto della proprietà cinese è chiaro: quando si libererà un posto da extracomunitario potrò andare all'Inter. Naturalmente dipenderà anche dal mio rendimento. Io sono qui per dare il meglio".
Il “baby fenomeno di Cartagena che faceva gola a mezza Europa”, come lo definisce nel luglio del 2016 la 'Gazzetta dello Sport', si presenta alla grandissima anche in Asia. Alla prima presenza, 4-0 all'Hebei, timbra una doppietta. Alla seconda mette a referto una rete e un assist nel 4-1 all'Henan. Il boom realizzativo prosegue praticamente per tutto il 2016: fanno 12 caps totali e 10 reti. Va leggermente peggio l'anno successivo: 18 presenze e 7 reti, più un'altra nella Champions League asiatica. Medie alte, in ogni caso.
Il problema, dal suo punto di vista, è che in quei mesi l'Inter sta cambiando strategia. Non sono ancora sorti i primi problemi di convivenza con Mauro Icardi, che porteranno alla separazione con l'argentino nell'estate del 2019. Però, lo stesso, pian piano il nome del colombiano inizia a perdere consistenza. L'hype in salsa sudamericana creato dal suo accostamento all'Inter svanisce con il passare del tempo. Anche perché, nel frattempo, a Milano si sono invaghiti di un altro: gioca anche lui nel Racing, è giovane pure lui, è un attaccante come lui. Anche lui fa Martínez di cognome. Ci lavorano per mesi, lo seguono, lo trattano. Saranno premiati nel luglio del 2018, quando Lautaro atterrerà a Milano per dare il via a una nuova era.
Il Martínez della Colombia, cioè Roger, se n'è ampiamente fatto una ragione. Del grande sogno chiamato Inter non ha più parlato, come faceva un paio d'anni prima al momento di partire per la Cina. Anche perché l'Europa, alla fine, lo ha accalappiato lo stesso: nel gennaio del 2018 diventa ufficiale il suo trasferimento al Villarreal, in Liga, in prestito con diritto di riscatto. Ironia della sorte, è una specie di scambio alla pari con Cedric Bakambu, che qualche giorno dopo si trasferirà al Beijing Guoan per la folle cifra di 40 milioni di euro, il valore della sua clausola rescissoria.
A farsene una ragione è anche l'Inter. Che da lontano guarda Martínez faticare a Vila-Real e si compiace di aver fatto la scelta giusta. In Spagna il colombiano rimane soltanto sei mesi, da gennaio a giugno 2018. Scende in campo 8 volte in Liga, delle quali appena un paio da titolare e soltanto una dal primo all'ultimo minuto. E trova la via della rete in un'occasione, peraltro in una delle partite meno banali di tutte: in un 2-2 casalingo contro uno degli ultimi Real Madrid di Cristiano Ronaldo, destinato una settimana più tardi a conquistare la Champions League di Kiev contro il Liverpool.
Sembra l'avvio di una ripartenza. Anche perché, un paio di mesi prima, il Villarreal ha tramutato il prestito di gennaio in acquisto a titolo definitivo, una dimostrazione di fiducia nonostante le difficoltà in campo. Ma non sarà così. Poco più di un mese dopo la gioia contro il Real, a giugno inoltrato, l'América di Città del Messico bussa alla porta del Sottomarino. E la trova aperta. Il “giro del mondo in 710 giorni”, il periodo di tempo in cui Martínez è passato dal Sudamerica all'Asia e dall'Asia all'Europa, si completa col Messico. Nella periferia del calcio, di nuovo.
Alti e bassi anche lì, tra un contratto milionario, reti, la Coppa del Messico alzata nel 2019 e qualche polemica. Una volta fa storcere il naso alla gente, perché viene beccato a una festa nonostante sia stato da poco escluso dai convocati per la Copa América del 2021. Un'altra volta si vede dare del “muerto” a distanza dal Bofo Bautista, simbolo dei Chivas di Guadalajara, quello che quando segnava si sfilava una scarpa e la lanciava in tribuna ai tifosi. Un'altra volta ancora si fa fotografare seduto su una delle sue auto di lusso: tre, opportunamente affiancate.
Però, nonostante tutto, Martínez rimane una persona semplice. A 27 anni ha trovato la propria dimensione in Messico, che non ha mai lasciato. Qualche tempo fa ha detto che “voglio solo divertirmi in campo, essere felice, perché è tutto ciò che desidera un calciatore”. Anche se la grande Europa sembra essergli sfuggita dalle dita. La Colombia, a dire il vero, sta continuando a chiamarlo e il sogno di andare ai Mondiali è più concreto che mai. Neppure l'Italia e la Serie A si sono completamente scordate di lui: il Genoa e soprattutto il Bologna ci hanno fatto un pensierino, ma tutto è evaporato nel nulla. Più concreta la possibilità di trasferirsi a Miami. Ma pure con l'altra Inter, com'era già accaduto con quella milanese, non se n'è fatto nulla. Destino.


