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Simon Kjaer MilanGetty

Il percorso di Kjaer: da girovago d'Europa a pilastro del Milan

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"Non cambierei la mia carriera, o forse sì, se avessi potuto giocare nel Milan per 15 anni. Ma la mia storia non avrebbe potuto essere scritta meglio: sono finito a Milano dopo tutti i posti in cui sono stato e le esperienze che ho avuto dentro e fuori dal campo".

Per la serie, sono sempre il nostro passato e la nostra storia a forgiare ciò che siamo oggi. Deve averlo di certo pensato anche Simon Kjaer che, con queste parole rilasciate ai microfoni di 'BT', ha ripercorso il film della sua carriera.

Un percorso, quello con il pallone tra i piedi, che inizia a scandire i primi importanti passi tra i professionisti in patria: Kjaer, infatti, esordisce a 18 anni con la maglia del Midtjylland, dopo aver percorso la trafila delle giovanili dell'Horsens, squadra della sua città Natale.Siamo nel cuore della stagione 2007-2008, quella dove il centrale danese prende parte anche alla grande classica del 'Torneo di Viareggio', a tutti gli effetti la sua prima presa di contatto con il Belpaese. La sua è una rassegna di spessore - con tanto di goal realizzato all'esordio contro il Sansovino - e le prestazioni contro Atalanta e Ujpest non passano sottotraccia. Per informazioni chiedere all'ex direttore sportivo del Palermo, Rino Foschi, protagonista del blitz vincente che veste il calciatore di rosanero per una cifra di circa 4 milioni di euro, superando la concorrenza nostrana di Cagliari e Udinese oltre a quella di marca britannica rappresentata da Chelsea e Middlesbrough.

Morale della favola, il 26 ottobre 2008 esordisce in Serie A con i siciliani subentrando al posto di Dellafiore nel corso della gara interna contro la Fiorentina. Da rincalzo a titolare, però, il passo è breve. In Sicilia, Kjaer mostra subito i muscoli: solidità in fase di marcatura, senso dell'anticipo e forza dirompente nei duelli aerei. La concorrenza all'interno del reparto è letteralmente sbaragliata e in due anni gioca 65 partite, centra due salvezze e conquista anche la Nazionale con cui disputa il suo primo Mondiale nell'estate del 2010 in Sudafrica.

Kjaer PalermoGetty

Meglio di così evidentemente non si può. Ed è per questo che poche settimane dopo la rassegna iridata, il centrale danese fa le valigie e passa al Wolfsburg per 12 milioni di euro. Addio al Palermo, dunque. Soltanto un arrivederci all'Italia.

"Per quanto riguarda i pregi, è molto forte nell'uno contro uno, è molto bravo di testa, anche se è alto è molto veloce, e poi possiede una buona tecnica soprattutto col destro. Per quanto riguarda i difetti io posso parlarne con riferimento al periodo in cui l'ho allenato io, ovvero due anni fa: diciamo che siccome è molto forte fisicamente, a volte si beava della sua forza fisica e non curava il dettaglio, doveva migliorare la tecnica, ma comunque resta il difensore più forte che io abbia mai allenato". Dirà il suo ex allenatore Delio Rossi a 'Impero Romanista'.

La stagione dei 'Lupi' - che quell'estate strappano anche Diego alla Juventus oltre ad avere in squadra un certo Dzeko - si rivela però un clamoroso flop: Kjaer è un perno centrale, gioca 32 partite ma la squadra di Magath chiude al quindicesimo posto schivando in extremis una drammatica retrocessione in Zweite Liga.

kjaer wolfsburgGetty

Durante il suo biennio al Palermo, Rino Foschi aveva chiuso il proprio mandato da direttore sportivo per lasciare spazio all'arrivo in società di Walter Sabatini. Ed è proprio l'attuale DS della Salernitana ad irrompere alle porte della seconda annata tedesca di Kjaer portandolo alla Roma con la formula del prestito con diritto di riscatto. Nella capitale tira aria di rivoluzione e quella che sta prendendo corpo è la nuova Roma di Luis Enrique, regina indiscussa del mercato estivo con gli ingaggi tra gli altri dei vari Pjanic, Heinze, Gago, Bojan e Osvaldo. All'ombra del Colosseo, però, i buoni propositi vengono puntualmente ridimensionati e sotto la guida tecnica spagnola va in scena un'altra annata fallimentare: i giallorossi chiudono al settimo posto e a fine anno Kjaer non viene riscattato, facendo così mesto ritorno al Wolfsburg. Di quell'anno in maglia romanista sono due gli emblematici frame destinati a macchiare la sua seconda esperienza tricolore: il 16 ottobre del 2011 gioca il suo primo derby e, con la Roma avanti 1-0, si fa espellere ad inizio ripresa per un fallo su Brocchi, provocando il calcio di rigore trasformato da Hernanes. La partita si risolverà poi a tempo praticamente scaduto con la beffa finale targata Miroslav Klose, autore del definitivo 2-1 al fotofinish.

"Il fallo può starci, Brocchi è stato bravo a buttarsi una volta sentito il contatto - L’ammissione del difensore danese a 'Sky Sport' - Sono stati due giorni duri, ma la mia famiglia mi ha aiutato. Molti compagni mi hanno rincuorato. Sono dispiaciuto per i tifosi, ci tenevano tanto"

Il 24 gennaio 2012, invece, infila il proprio portiere Stekelenburg con una goffa autorete contro la Juventus nei quarti di finale di Coppa Italia: altra gara a senso unico vinta 3-0 dai bianconeri.

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La stabiliità, tuttavia, non è decisamente un tratto dominante della sua carriera e dopo il rientro nella Bassa Sassonia, al termine della stagione 2012-2013 lascia nuovamente la Germania per misurarsi con il palcoscenico della Ligue 1, dove il nuovo capitolo tutto da scrivere si chiama Lille.

Sotto la guida tecnica di René Girard trova grande continuità di rendimento e debutta ufficialmente nelle coppe europee disputando i preliminari di Champions League prima di 'retrocedere' in Europa League. E proprio sul palcoscenico della vecchia Coppa UEFA si toglie lo sfizio di realizzare il suo primo goal internazionale griffando un meraviglioso calcio di punizione contro il Krasnodar. All'interno di un panorama transalpino cannibalizzato dall'egemonia PSG, sognare la vittoria di un trofeo è compito decisamente arduo. Per questo motivo, dopo un terzo e un ottavo posto in Ligue 1, Kjaer mette la parola 'fine' cambiando tutto, ancora una volta: paese, campionato e squadra.

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Altro giro e altra avventura all'orizzonte? Certo che sì. Dopo aver testato tre dei cinque principali campionati del Vecchio Continente, il classe 1989 opta per l'esodo in Turchia mettendo nero su bianco l'accordo che lo porta a diventare un calciatore del Fenerbahce. E anche in quel di Istanbul il leitmotiv non cambia di una virgola: disputa due stagioni - chiuse con un secondo e un terzo posto - e saluta la compagnia dopo aver perso una finale di Coppa di Turchia contro il Galatasaray. Ad oggi, però, quella turca rimane la squadra di club con cui ha ottenuto il maggior numero di presenze ufficiali, per la precisione 88 tra il 2015 e il 2017.

 kjaer fenerbahceGetty

La sua natura incline al cambiamento lo spinge verso la ricerca di lidi inesplorati e di sfide nuove di zecca. La Liga e il Siviglia offrono gli argomenti necessari per sbloccare il suo approdo in Spagna: con quella andalusa, Kjaer firma con la settima squadra diversa in dieci anni da professionista. Inizialmente agli ordini di Vincenzo Montella - e successivamente con Pablo Machìn - anche in Andalusìa trova un buon minutaggio, ma deve nuovamente rimandare l'appuntamento con il primo titolo della sua carriera: in terra iberica, infatti, perde una finale di Coppa del Re contro il Barcellona e una di Supercoppa sempre contro i blaugrana.

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Alle porte della sessione estiva del 2019, si perfeziona il terzo, e ad oggi ultimo, rientro di Kjaer su suolo nostrano: è l'Atalanta, rivelazione degli ultimi anni, ad individuarlo come elemento d'esperienza per puntellare il reparto difensivo di Gian Piero Gasperini. Con il tecnico di Grugliasco, però, il feeling non sboccia e nei primi sei mesi gioca la miseria di sei partite. Il motivo è facilmente riscontrabile in una questione di natura tattica: Kjaer fatica ad assimilare i capisaldi della difesa a tre, ma a preoccupare maggiormente il tecnico atalantino è la tenuta fisica del calciatore:

"È un giocatore molto forte, ma fa fatica a interpretare il nostro modo di giocare sotto l’aspetto dinamico. Ha altre caratteristiche, io volevo farlo giocare questa settimana, ma non sono stato convinto". Le parole del tecnico atalantino a 'Sky Sport' dopo il 3-0 sul campo dello Shakhtar valso lo storico approdo agli ottavi di Champions League.

Suona quasi paradossale il fatto che Kjaer sia arrivato a Bergamo per sostituire Skrtel - suo ex compagno al Fenerbahce - epurato dalla rosa atalantina per le medesime motivazioni che hanno sbarrato la strada anche al centrale scandinavo.

kjaer atalantaGetty

Come detto, sei gare in sei mesi hanno il forte sentore della bocciatura e a gennaio sono già maturi i tempi peril cordiale 'grazie e arrivederci'. Kjaer lascia Bergamo senza grossi rimpianti ma si regala una nuova opportunità in Serie A passando al Milan in prestito con diritto di riscatto nel gennaio 2020 (il suo cartellino è ancora di proprietà del Siviglia) e al culmine di un'operazione che fa fare a Suso il percorso inverso, destinazione Spagna:

"A Bergamo ho giocato sei partite, non abbiamo mai perso. Gasperini non mi ha mai detto “sei troppo in là con gli anni” o “giochi male”, lasciarmi fuori è stata una decisione tattica. Ma non ho nulla contro di lui: non ha funzionato. Ho accettato le sue scelte, e quando non giocavo ne approfittavo per allenarmi. Volevo farmi trovare al top per la chiamata successiva, è arrivato il Milan. È andata bene, no?". La spiegazione del giocatore a 'MilanNews'.

La risposta è ovviamente affermativa. Kjaer sposa la causa rossonera dopo aver varcato la soglia dei 30 anni e agli ordini di Stefano Pioli impiega davvero poco per imporsi: esperienza, fisicità e regia difensiva sono i pezzi forte di un repertorio che in quel di Milano trova la sua massima espressione. Lo stato maggiore del Diavolo, dal canto suo, non rimane con le mani in mano e il 15 luglio esercita l'opzione per rilevarne il cartellino a titolo definitivo. Una mossa semplicemente azzeccata nei confronti di un giocatore di piena affidabilità che, dopo il rodaggio nell'insolita parentesi estiva della Serie A post Covid, si erge a pilastro del torneo nell'annata successiva: la 2020-2021. Non una stagione qualunque, perché è quella che riporta il Milan in Champions League dopo un interminabile digiuno di sette anni, grazie al secondo posto - con qualificazione annessa - conquistate all'ultima giornata al termine di una lotta serratissima con Atalanta, Juventus e Napoli. Kjaer non è altro che uno degli uomini copertina dell'annata e in Europa League, competizione nella quale i rossoneri si fermano agli ottavi, trova il suo primo centro in maglia meneghina segnando il goal del definitivo 1-1 contro il Manchester United all'Old Trafford.

 kjaer manchester united milanGetty

Decisamente il modo migliore per prepararsi alla vetrina di Euro 2020, posticipata di un anno a causa dell'emergenza Covid. Kjaer si presenta ai nastri di partenza della rassegna in qualità di capitano della Danimarca. Entrato nel giro della De rød-hvide addirittura nel 2009, il centrale del Milan è uno dei totem del collettivo scandinavo e il 12 giugno 2021, la selezione allenata Kasper Hjulmand si prepara al debutto casalingo contro la Finlandia. Dopo il fischio d'inizio sembra di assistere ad una partita come tante, in una giornata come tante altre. L'apparente normalità, però, viene squarciata al 43' del primo tempo. Dopo la battuta di una rimessa laterale, Christian Eriksen crolla esanime sul terreno di gioco. E' il gelo al Parken Stadium di Copenaghen. L'ex centrocampista dell'Inter rimane a terra privo di sensi, colto da un arresto cardiaco. Percepita da subito la gravità della situazione, i compagni si precipitano per prestare soccorso, ma prima di tutti è proprio Kjaer a giungere nelle vicinanze di Eriksen riuscendo ad aprirgli la bocca e a tiragli fuori la lingua per evitare un possibile soffocamento. Intervento provvidenziale il suo, ma ovviamente non basta. Serve un massaggio cardiaco e quando i medici avviano la manovra, Kjaer invita i compagni a formare un autentico scudo umano a protezione dell'attuale centrocampista del Brentford sempre immobile a terra.

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Il capitano affronta quei drammatici istanti con una lucidità e una tranquillità rare se rapportate alla tragicità del momento, distogliendo lo sguardo dal compagno soltanto quando in campo scende Sabrina, la moglie di Eriksen, confortata nella sua disperazione dall'abbraccio protettivo dello stesso Kjaer e del portiere Schmeichel. Trascorrono interminabili minuti e l'allarme gradualmente rientra. Dall'ospedale arriva la conferma che Eriksen è cosciente, fuori pericolo. Le due squadre tornano addirittura in campo dopo una lunga attesa, ma lo shock è ancora troppo forte. La Danimarca perde 1-0 e Kjaer si fa sostituire al 63'. Impossibile continuare così. Del risultato, dopotutto, non importa niente a nessuno:

"Kjaer era troppo scosso, ha dovuto lasciare il campo. Era profondamente toccato dalla vicenda, era scosso. E' un grande amico di Christian. Non eravamo sicuri che potesse riprendere la partita, Simon ci ha provato ma non ce la faceva". Le parole del tecnico scandinavo riportate da 'MilanNews.it'.

Pochi mesi più tardi, con Euro 2020 passato agli archivi con il trionfo dell'Italia, Kjaer confiderà al 'Corriere dello Sera' il racconto di quella tragedia sfiorata:

"Ho avuto la prontezza di restare lucido, come i miei compagni. È stato un lavoro di squadra, avremmo fatto ovviamente lo stesso se fosse stato un avversario. Ho fatto tutto senza riflettere, l'istinto mi guidava e ho fatto quello che dovevo, automaticamente. Era la prima volta che mi succedeva, spero anche l'ultima. L'unica cosa che conta è che Christian ora stia bene. Solo questo è importante".

Pochi giorni dopo l'intervista, Kjaer e lo staff medico della Danimarca verranno premiati con il President Award 2021, riconiscimento promosso dalla UEFA e conferito a tutti coloro che hanno giocato un ruolo determinante nel fare sì che la situazione di Eriksen non sfociasse nel dramma più buio.

"Quest'anno, il Premio del Presidente trascende il calcio. Ci fa ricordare, per sempre, che la vita è la cosa più importante e mette tutto nella prospettiva giusta. Voglio fare i miei migliori auguri a Christian Eriksen e alla sua famiglia mentre prosegue il suo recupero". La spiegazione del presidente UEFA, Aleksander Ceferin, riportata da 'La Gazzetta dello Sport'.

Il 2021 dall'alto tasso emozionale di Kjaer, però, non è ancora concluso e riserva un finale in salsa agrodolce: l'8 ottobre, il numero 24 del Milan viene inserito nella lista dei 30 candidati al Pallone d'Oro dove chiuderà al 18° posto finale. A dicembre, invece, ecco servita la proverbiale 'mazzata': nel corso del match dominato dal Milan sul campo del Genoa, si fa male ad inizio ripresa ed è costretto ad abbandonare il campo. La diagnosi dei giorni seguenti è la peggiore auspicabile: rottura del legamento crociato e del collaterale mediale. In altre parole, sei mesi di stop e sipario anticipato sulla sua stagione. Il 'magic moment' di Kjaer in rossonero registra una brusca frenata dopo due anni e mezzo e 72 presenze ufficiali di altissimo livello:

È il mio primo infortunio in carriera - spiega all'emittente danese 'TV2 Sport' - È dura, ma fa parte del calcio. Tornerò più forte di prima".

Il conto alla rovescia è già cominciato. E il 'suo' Milan lo aspetta a braccia aperte.

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