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Jorge ValdiviaGetty Images

Magia y locura: genio e follia di Jorge Valdivia, il Mago che calciava l'aria

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Il Mago è seduto in panchina, ancora una volta mero spettatore degli spettacoli altrui. Il cilindro da prestigiatore riposto nella valigia assieme a costume e bacchetta, lo sguardo di chi non sa se dovrà procrastinare i propri numeri a un'altra serata. Il 10 ottobre del 2009, Jorge Valdivia non è il protagonista della scena. È un mero comprimario, perché i riflettori sono posati su altri ventidue maghetti, aspiranti o conclamati. E lui li sta ad osservare. Non tenta di copiarne i trucchi: non ne ha affatto bisogno. Cerca l'ispirazione, questo sì. E spera che qualcuno gli dia l'opportunità di organizzare il proprio show.

Quel qualcuno è Marcelo Bielsa. El Loco, il matto. Il commissario tecnico del Cile che, in quella sera di ottobre, si gioca in Colombia una fetta di Mondiale. Vincendo, la Roja approderebbe in Sudafrica con una giornata d'anticipo; perdendo, tutto sarebbe rimandato agli ultimi 90 minuti. Ed è l'opzione più probabile, a ben vedere. Perché a Medellín i padroni di casa passano quasi subito in vantaggio, favoriti da un'autorete di Vidal, e apparentemente prendono il controllo della partita. Fino a quando Bielsa opta per una mossa clamorosa: fuori Mati Fernandez, il suo pupillo, l'interprete perfetto del 3-3-1-3, e dentro Valdivia. Alla mezz'ora del primo tempo.

“Jorge, Jorge - gli urla il Loco al momento di mandarlo in campo - È molto importante che tu ribalti la partita. E subito".

Lo show può cominciare. Il Mago indossa mantello e cilindro, prende in mano la bacchetta e prende a dar vita a un numero dopo l'altro. Prima scodella sulla testa di Waldo Ponce la punizione che vale l'1-1. Poi apre l'azione che porta alla rimonta firmata da Humberto Suazo. Quindi, dopo il 2-2 colombiano di Gio Moreno, decide che è il momento di far tutto da solo: si inserisce da dietro, penetra in area palla al piede e la appoggia dolcemente alle spalle del portiere Ospina. Sarà sempre lui, Valdivia, a mandare in porta con un perfetto taglio Fabián Orellana, autore del definitivo 2-4. Totale: un goal e due assist e mezzo. Il Cile se ne va in Sudafrica. E il merito è quasi tutto del suo prestigiatore.

Valdivia Colombia Chile 2009Getty Images

Valdivia compie 41 anni oggi e da un paio ha lasciato il calcio. Il giorno del ritiro Jorge Sampaoli, suo ex ct, lo ha definito su Instagram “il mago con sei occhi”. Nato in Venezuela ai tempi in cui il padre, funzionario dell'aeroporto di Santiago del Cile, lavorava a Maracay, si è issato al rango di idolo di un'intera generazione. Una volta si è autoproclamato “miglior 10 della storia del Cile, perché gli altri non hanno mai vinto nulla: io sì”. Riferimento alla storica Copa America del 2015, conquistata in casa dopo aver battuto ai rigori l'Argentina. Non tutti l'hanno presa bene. Il 'Mortero' Jorge Aravena, un altro grande della storia cilena, ha ribattuto: “Non possiamo essere tutti liberi di dire stupidaggini. Peggio ancora se vengono dette con enfasi”.

Del resto, Valdivia è sempre stato così. Divisivo, in campo e fuori. Polemico, sempre. E costantemente capace di attirare su di sé le attenzioni, nel bene o nel male. Ultimo baluardo di un calcio antico, forse romantico, in cui qualità e sregolatezza andavano più o meno di pari passo. Quanto a qualità, poi, Jorge ne ha sempre avuta. Trequartista classico, maglia numero 10 sulle spalle, piede destro fatato, movenze raffinate. Anche se in Europa non ha praticamente giocato, escludendo un paio di dimenticabili avventure in Spagna (Rayo Vallecano) e Svizzera (Servette) quando ancora era molto giovane. Ha legato gran parte della propria carriera a un club brasiliano, il Palmeiras, di cui è idolo ancor oggi.

Nonostante questo, Pelé non ha mai fatto mistero di adorare il suo stile di gioco. Una volta è giunto a definirlo “il miglior giocatore attualmente militante nel calcio brasiliano”, e non era una definizione campata per aria, perché nel 2007 il premio di Craque do Brasileirão è andato davvero a Valdivia. Carlos Valderrama, un altro che quanto a magia ci sapeva fare parecchio, è andato ben oltre: “Jorge è uno dei cinque migliori giocatori del mondo”. Questo no, non lo è mai stato. Però non andate a svelarlo a David Osorio, tifoso cileno che di professione non farebbe nemmeno il cantante, però gli ha dedicato una canzone dal titolo “Magia y locura”. Ovvero magia e pazzia. Anche pazzia, sì. Perché è proprio questo l'altro lato della medaglia.

Gli episodi extracampo di Valdivia sono tanti, troppi, infiniti. Per dire: Claudio Borghi, suo ex ct, lo adorava. Poi qualcosa si è rotto, tanto che anche negli ultimi mesi i due hanno continuato ad attaccarsi a vicenda per mezzo di dichiarazioni pubbliche. L'origine della rottura risale al celeberrimo “Bautizazo” dell'8 novembre 2011, la festa di battesimo della figlia di Jorge trasformatasi in una maratona alcolica. Il tutto nel bel mezzo di un ritiro per giocare le qualificazioni ai Mondiali del Brasile. E prima di una sfida contro l'Uruguay. In cinque si sono presentati a un allenamento mattutino alticci e con circa un'ora di ritardo: Valdivia, of course, ma anche Arturo Vidal, Jean Beausejour, l'ex reggino e atalantino Carlos Carmona e Gonzalo Jara. Tranne Vidal, tutti sono stati puniti con una decina di giornate di sospensione e una multa dalla Federazione cilena. Un quotidiano cileno, 'El País', se n'è uscito con una definizione memorabile, definendo quella combriccola un “drink team”.

“Sono andato a vedere la casa di Valdivia e non mi ha fatto una bella impressione – diceva Borghi nella conferenza stampa in cui annunciava la sospensione dei cinque – Non so in che stato etilico si trovassero, però chiaramente non erano in buone condizioni. Non riuscivano nemmeno a difendersi”.

Il bello – o il brutto? – è che Valdivia era pure recidivo. Perché prima del “Bautizazo” c'era stato il “Puerto Ordazo”. Copa America 2007, Venezuela. Il Cile di Nelson Acosta ha superato i gironi e si prepara a sfidare il Brasile nei quarti di finale. Alle 7 del mattino successivo allo 0-0 contro il Messico, ultima partita della fase a gruppi, sei componenti della rosa si recano nella sala colazioni dell'hotel di Puerto Ordaz in cui sta alloggiando la Roja. Sono alticci, ancora una volta. E iniziano a dare spettacolo. Lanciano fette di prosciutto e pizza verso il soffitto, giocano con i barattoli di marmellata come dei bambini, provocano una cameriera e il personale. Valdivia è in prima fila, naturalmente. Con lui Rodrigo Tello, Reinaldo Navia, Pablo Contreras, Jorge Vargas e Álvaro Ormeño. A tutti e sei vengono comminate venti giornate di squalifica, poi ridotte a dieci. Il Cile, squassato da tutta quella vicenda, perderà 6-1 contro la Seleção.

Anche durante la propria permanenza in Brasile Valdivia ha fatto arrabbiare un po' tutti. Al Palmeiras è ancora un idolo, si diceva. Anche se con riserva. I tifosi che lo hanno adorato in campo mal sopportavano una vita privata – come dire – poco professionale. Donnaiolo incallito, sposato dal 2004 con la showgirl Daniela Aranguiz, non ha mai perso occasione per flirtare con altre donne. Habitué delle discoteche di San Paolo, ha pagato a caro prezzo il proprio stile di vita: dei suoi infortuni di stampo muscolare si potrebbe scrivere un trattato medico. Una sfilza infinita, semplicemente. Per la tifoseria era un “chinelinho”. Che tradotto in maniera letterale dal portoghese significa infradito, ma nel gergo calcistico brasiliano indica quei calciatori dal fisico di seta che giocano una partita sì e tre no. Spesso saltando quelle decisive.

Valdivia Palmeiras Palmeiras

Se le punture reciproche con l'opinionista ed ex giocatore Neto, bandiera del Corinthians, sono sempre state all'ordine del giorno, pure mamma Rede Globo una volta si è riservata la libertà di prendere in giro Valdivia. Nel 2014 il presentatore Tiago Leifert, dopo aver concluso il programma “Globo Esporte”, ha finto di lasciare lo studio zoppicando per un problema a una coscia, facendo il gesto della sostituzione con le mani. Riferimento più che evidente all'ennesimo infortunio muscolare rimediato in quei giorni dal cileno. Che su Twitter ha perso la testa nei confronti del giornalista: “Voglio vedere se hai il coraggio di farlo davanti a me”. Più altri insulti non traducibili.

Al Palmeiras, a dire il vero, Valdivia è rimasto anche nel periodo più duro della storia recente del club: la retrocessione del 2012, lo stesso anno in cui i rivali del Corinthians conquistavano Copa Libertadores e Mondiale per Club, e poi l'anno in Serie B del 2013. Ma anche il rapporto coi compagni che si sono succeduti nel corso delle stagioni non è sempre stato semplice. Una volta è quasi venuto alle mani in allenamento col portiere Bruno, reo di non avergli lanciato un pallone. Un'altra volta una rissa è scattata davvero, nell'anno del crollo in B: perfino un personaggio tranquillo come l'ex romanista Marcos Assunção ha perso la pazienza, arrivando a rifilargli un pugno al volto prima di una partita di campionato, a seguito di qualche dichiarazione di troppo rilasciata alla stampa dal cileno.

“Noi due ci siamo parlati quel giorno, poi mai più – ha detto Assunção qualche anno più tardi – Non voglio nemmeno parlare con questo personaggio. Io posso uscire di casa tranquillo, cosciente di aver avuto una carriera pulita e senza polemiche. Diversamente da Valdivia, che ha bisogno della scorta per andare in giro. C'è tanta di quella gente che vuole picchiarlo...”.

Ecco: anche a qualche tifoso del Corinthians non dispiacerebbe ancor oggi mettergli le mani addosso. La rivalità tra Valdivia e il Timão è sempre stata sentitissima, quasi esagerata. Tra provocazioni continue in campo e pure sui social network. Una volta, il Mago ha scritto su Twitter di aver “chiamato la NET (agenzia di telecomunicazioni brasiliane, nda) per acquistare una partita del Brasileirão, ma mi hanno risposto che il Corinthians le ha già comprate tutte”. Nel 2008, il capitano avversario, Willian, prima di un derby gli ha sostanzialmente dato del “piangina” per aver reclamato di un trattamento poco protettivo da parte degli arbitri brasiliani. La partita è finita 1-0 per il Palmeiras e la rete decisiva l'ha firmata proprio Valdivia. Che dopo aver segnato ha esultando a modo suo, strofinandosi le mani sugli occhi e fingendo di piangere.

È proprio nel clássico più sentito di San Paolo che il cileno ha più volte estratto il suo numero da circo più celebre. In Cile lo chiamano “espanta chunchos”, in Brasile “chute no vácuo”. Ovvero calcio nel vuoto. Valdivia teneva palla in una zona laterale del campo, fissava negli occhi l'avversario di turno e calciava l'aria. Una via di mezzo tra una finta e una provocazione, spesso a risultato acquisito. Non è che gli sia sempre andata sempre benissimo, a dire il vero: in un'occasione, proprio contro il Corinthians nel 2011, la giocata gli ha... provocato l'ennesimo infortunio muscolare e le risate di mezzo Brasile. E quando il rivale Jorge Henrique lo ha imitato, in un clássico giocato pochi giorni dopo la morte di Sócrates e valso il titolo nazionale 2011 al Timão, in campo si è scatenata una rissa generale.

Ha giocato un po' dappertutto, Valdivia. Poco o quasi nulla in Europa, come detto. Molto in Brasile, ma anche in patria e negli Emirati Arabi, prima con l'Al Ain e poi con l'Al Wahda. Nel 2015, a Dubai, è stato squalificato per due giornate per aver alzato il dito medio verso la tribuna (ma scherzosamente diretto, pare, verso un gruppetto di amici). Il posto in cui lo hanno apprezzato in misura minore è il Messico, dove ha giocato con tre squadre diverse: quando è arrivato per la prima volta, nel 2019, un quotidiano locale ha scritto che “il Monarcas Morelia ha messo sotto contratto il Mago dell'indisciplina”.

Anche col Colo Colo non è che la storia si sia conclusa nel migliore dei modi. Valdivia avrebbe voluto finire la carriera lì, nel club dove un paio di decenni prima si era messo in mostra agli esordi. E invece c'è rimasto tre anni, sì, scivolando però verso una fase calante caratterizzata dai soliti infortuni e da una squalifica di quattro giornate rimediata nel 2019. A settembre è tornato al Monumental di Santiago, già nelle vesti di commentatore di Radio ADN, per la sfida tra il Cacique e l'Unión Española. Ma inizialmente uno degli uomini della sicurezza non lo ha riconosciuto, ritardando il suo ingresso allo stadio. Forse perché il Mago si era tolto il cilindro da prestigiatore.

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