Barreiro è molto più che una piccola comunità di poco meno di 80mila anime bagnate dal Tago, che le separa per chilometri da Lisbona. I mulini presenti sulle rive tradiscono un nesso col passato impossibile da non notare ad occhio nudo, lì dove il tempo si è fermato: “o Gigante”, “o Poente” e “o Nascente” fanno da guardia al paesaggio, pur relativamente moderno.
Ben più antico, invece, è il legame con Don Vasco da Gama, che in Barreiro, come molti esploratori, aveva visto un punto strategico per la costruzione delle proprie imbarcazioni, prima di salpare verso l’ignoro: agili e resistenti alle intemperie. Decise: non è un caso che da quelle parti sia stato forgiato, ma per mani umane, Joao Pedro Cavaco Cancelo.
Sono già passati parecchi mesi da quando l’Etihad Stadium si è alzato in piedi ad applaudire una delle prestazioni più complete viste a Manchester e dintorni: non che da lì campioni non ne siano passati. Ecco, “campioni”: che poi è uno dei termini che più contraddistinguono il dibattito tutto italiano relativo alla figura di Cancelo. “Tiettelo” compreso: ma magari.
Chi nei tre assist (tre, lo ripetiamo, tre) in una sola gara contro il Club Brugge ci ha visto solo la normale espressione calcistica di un atleta al di sopra della media degli avversari, sbaglia di grosso. E soprattutto focus: Cancelo ha disputato nell’ultima stagione, trentadue gare da terzino sinistro e le restanti venti a destra. Che, per intenderci, è la sua porzione di campo naturale. Ciò comunque non gli ha impedito di mettere a segno tre reti e a referto dieci assist. Se questo non basta, facciamo un passo indietro.
Getty ImagesCancelo lascia il Portogallo quando i frutti della sua crescita calcistica, trascorsa al Benfica, sono maturi. Ciò che ci interessa, però, è la prima svolta tattica che lo riguarda: in poco più di un anno al Valencia passa dalla linea di difesa a quella di trequarti, con la definitiva affermazione come ala destra del 4-2-3-1 di CesarePrandelli, subentrato a Pako Ayestaràn nel novembre del 2016 Il primo a provarlo largo e alto a destra, in realtà, fu Nuno Espirito Santo, ma insomma: il ragazzo ha corsa, ha dribbling, ha le sterzate in velocità, proprietà di palleggio. Sa fare tutto ciò che saprebbe fare un giocatore offensivo, solo che in più è cresciuto in difesa. Ecco, “difesa”: teniamola a mente, servirà tra poco.
Conclusa la stagione dalle parti del Mestalla si fa vedere l’Inter, interessata a Cancelo: è la “prima” di Luciano Spalletti e il portoghese ci mette un po’ per carburare. Da titolare in Serie A gioca a dicembre, nella debacle del Mapei Stadium contro il Sassuolo, non lasciando praticamente mai il campo. È tornato sulla linea dei difensori, ma ciò che colpisce è la preparazione al cross: un tocco accorciato, accennato, con una particolare propensione del busto in avanti che permette al pallone di abbassarsi rapidamente. Qualcosa che in Italia non si vede spesso, insomma. Tra lui e il suo futuro a Milano c’è solo la trattativa per il riscatto: i nerazzurri non ne esercitano il diritto e lui torna in Spagna, prima di trasferirsi alla Juventus.
“Quando arrivai in Italia fu un cambiamento radicale per me, arrivavo dalla Spagna dove si predilige la tecnica, mentre qui la tattica è una parte davvero fondamentale, Spalletti mi ha aiutato molto, anche nell’apprendere concetti difensivi, gli sono grato”, spiegò a DAZN.
Al momento del suo passaggio in bianconero il tema non è più quello dell’ambientamento in Italia, già avvenuto (non senza fatica) nel suo periodo interista, quanto l’equivoco tattico: è un terzino, un esterno di centrocampo o un’ala? Uno dei fenomeni più importanti tra quelli associati alle disfunzioni del pensiero è il rimuginio. E più passano gli anni, più c’è la netta sensazione che il calcio italiano abbia passato troppo tempo a rimuginare sulla natura tattica di Cancelo e troppo poco a goderselo per ciò che è. Un giocatore moderno.
Getty ImagesImprigionate dagli schemi, le analisi calcistiche ne hanno frenato l’espressione pura del concetto di “tuttocampista” legato a quello di “laterale che sa far bene le due fasi”: non solo non è concepibile, in Italia, l’idea di un terzino che sappia anche impostare, ma può anche apparire persino impopolare affidargli così tante responsabilità. Basti pensare al concetto rivoluzionario di “centrale difensivo-regista” portato avanti da Antonio Conte con Leonardo Bonucci. Puro e semplice elemento del calcio già in uso, tra l’altro.
Fatto sta che la seconda stagione di Joao Cancelo scorre sicuramente meglio rispetto alla prima, con qualche problema al menisco, ma un maggiore impiego nei tre reparti a supporto di Cristiano Ronaldo. Anche in questo caso, comunque, Massimiliano Allegri gli disegna abiti da terzino della difesa a quattro.
"Quest’anno ho imparato tantissimo, con grandi persone, grandi amici e anche grandi professionisti. Voglio continuare nella Juventus, continuare a scrivere il mio futuro qui".
Senza troppi giri di parole, ci sono pochi allenatori al mondo capaci di far rendere gli esterni a tal punto da renderli insostituibili: uno è Jurgen Klopp, che nel 2019 era bello e coperto dagli autori del successo del Liverpool in Champions League, l’altro è Pep Guardiola.
Prima di arrivare alla conclusione della maturazione calcistica di Cancelo, torniamo un attimo al 2008 e spostiamoci a Barcellona: i blaugrana hanno appena affidato la panchina a Pep e dal Siviglia arriva Daniel Alves da Silva, per tutti “Dani Alves”. Un laterale di difesa dai piedi buoni che ha la particolare caratteristica di proporsi in avanti con facilità, ma la necessità di rendere meno grezzo il suo calcio. Al Barça diventa devastante. Non è solo uno dei migliori interpreti della catena di destra: lui è la catena di destra. Ma soprattutto è l’elemento da cui partono le azioni maggiormente pericolose della formazione di Guardiola, paradossalmente.
Per diventare Dani Alves Joao Cancelo deve ancora faticare tanto, in termini di trofei, ma un importante segnale arriva proprio nel momento in cui Pep alza la cornetta per strapparlo alla Juventus e portarlo a Manchester. Il resto è molto più di un semplice rimpianto italiano.
Getty ImagesIn bianconero arriverà Danilo, che comunque si rivelerà uno dei giocatori più importanti delle ultime stagioni, ma nulla potrà mai cancellare il pensiero racchiuso dall’espressione di stupore ad assist come quello confezionato lo scorso fine novembre contro l’Everton. Esterno destro dalla trequarti per l’inserimento centrale, e vincente, di Sterling.
È tornato stabilmente in difesa, ma nell’ultima stagione, come detto, ha giocato prevalentemente a sinistra, con Walker fisso a destra: l’abilità principale di Cancelo, comunque, resta quella di tagliare il campo per la creazione di spazi e occasioni pericolose. La pressione offensiva dei Citizens, poi, limita generalmente i pericoli in difesa, deresponsabilizzandolo e liberandolo da vincoli.
A inizio marzo era il primo dei Top 5 campionati per passaggi effettuati (2090), nonché il primo in Premier League per passaggi in area di rigore avversaria (69). Numeri che rendono perfettamente l’idea di calciatore totale e, soprattutto, del rimpianto per aver lasciato partire un giocatore simile. Un “campione” forgiato come le imbarcazioni di Barreiro che hanno permesso le spedizioni di Vasco da Gama e non solo, sorvegliato dai mulini e spinto dalla consapevolezza che, a 28 anni, potremmo non aver visto, ancora, la sua forma definitiva.
