Per i simbolici, i fischietti distribuiti ai presenti dell'Artemio Franchi non sono nulla: o forse valgono poco. E' giusto un messaggio estemporaneo, passeggero. La stessa cosa non si può dire della coreografia della Fiesole: e qui bisogna dare un po' di contesto.
Esteticamente splendida: un profilo di Dante Alighieri circondato dalle fiamme dell'Inferno, sua opera, e un riferimento al Canto XXVI dello stesso, quello dei consiglieri fraudolenti. Di chi ha preferito l'ingegno spregiudicato al coraggio personale. Simbolicamente, qualcosa che ti porti dietro: non poteva essere altrimenti. Il ritorno di Dusan Vlahovic a Firenze, la "sua" Firenze, è iniziato così: trai fischi e la consapevolezza che da quelle parti nulla da gennaio è più lo stesso, nei suoi confronti.
"Fiorenza... per lo 'nferno il tuo nome si spande!"
L'impatto, nel riscaldamento, è impressionante. La prestazione in sè non è nulla di eccezionale, anzi: va subito al contrasto duro con Milenkovic, che è praticamente la prima azione della sua partita. Il primo tiro, invece, arriva al 43': smorzato e da lunga distanza, non fa male. Prova a rompere il ghiaccio e a familiarizzare con l'idea di una serata difficile: si dimena, ma il Franchi è un inferno.
Le fiamme, a voler leggere meglio il simbolismo del contesto, richiamano al Canto XXXII, quello dei traditori della patria: il calcio dà, il calcio toglie. Il calcio è una grande storia di vita, fatta di amore e delusioni, da sempre.
L'occasione per far male arriva al 56', quando scatta superando fisicamente Igor e si presenta a tu per tu con Terracciano: una classica, per lui. Un pallone che rimbalza coi tempi giusti per un pallonetto: il suo forte, per spegnere le fiamme. Conclusione, parata del portiere viola e mano al volto, con dispiacere.
Che trasforma in rabbia, o almeno ci prova: c'è un fallo di Milenkovic su Morata, a 20 minuti dalla fine. Il pallone, dopo il contrasto, è lontano: Vlahovic corre a prenderlo, sottraendolo agli altri. Se la prende con l'arbitro per la posizione della barriera: si concentra, ma alla fine calcia Cuadrado, infastidendolo. Voleva batterlo lui, nonostante sia la sua serata, non è quella giusta.
L'autogoal di Venuti migliora le cose: effettivamente, vista la vittoria della Juventus la prestazione di Vlahovic passerà in secondo piano, probabilmente. Archiviata insieme a una serata che il serbo ha vissuto intensamente: gli abbracci finali con i suoi ex compagni, che a lungo lo hanno contrastato e marcato, facendogli sentire il "calore" del ritorno a casa, ma in senso agonistico, chiudono un giorno importante sia per il bianconero che per la Fiorentina.
II primo può proseguire sulla sua strada, consapevole che dietro i fischi c'è sempre un po' di amore: la formazione di Italiano, invece, ha dimostrato, per l'ennesima volta, di saper mettere in pratica la sua filosofia di gioco anche senza Vlahovic. Il tutto tra le fiamme dell'inferno del Franchi e sotto lo sguardo di Dante Alighieri: un giorno, chissà, arriverà il paradiso per tutti.




