"Ma allora Baggio chi è?": nell'irrefrenabile scorrere del tempo, ci sono punti fermi attraverso cui fissare le tappe del viaggio di ciascuno di noi, viandanti in questo mondo. E allora ci affidiamo alle icone della nostra dimensione, capaci di definire le coordinate spazio-temporali, aprendo varchi che ci permettono di ritornare indietro, pur per pochi istanti, vivendo sensazioni ed emozioni perdute. Roberto Baggio è una di quelle icone.
Il "Divin Codino" è il perfetto ponte tra un presente calcistico "ereditato" e un'era sociale che ci portiamo dietro a volte con fatica, altre con orgoglio: questo, ma anche altro, è quel che trasmette "Il sublime e la speranza", un viaggio prima ancora che un libro, scritto da Jvan Sica ed edito da Ultra.
Uno dei modi maggiormente efficaci per descrivere tutto ciò che è accaduto tra "i tre Mondiali di Roberto Baggio", in una biografia di poco più di 250 pagine, con riferimenti importanti, come quello che definisce il costante paragone tra il "Divin Codino" e un'opera d'arte. Per l'avvocato Agnelli il "Raffaello del calcio", con richiami a Francesco Maffei, come precisa Sica.
"Per questo il bello a volte ricercato di Baggio è riscontrabile in tante tele di un pittore vicentino come Francesco Maffei, che riesce a fondere le sue atmosfere nebbiose con quelle più luminose di Andrea Vicentino, altro artista di quelle terre. Una tela di Maffei che richiama la ricercatezza quasi introspettiva e simbolista che fa sponda col gioco baggiano può essere il bellissimo Perseo libera Andromeda oggi al Ca’ Rezzonico".
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C'è tanto, comunque, del viaggio compiuto da Roberto Baggio, nel testo di Jvan Sica: un percorso che trova uno dei suoi punti più alti nel Milan-Fiorentina che ha ricostruito l'identità del "Divin Codino", avvolta da scetticismo e "sospetti" (come vengono definiti nel testo), nel giorno in cui avviene "l'apoteosi di Sacchi e di quello che vuole diventare il sacchismo".
Un altro passaggio importante è quello dell'esordio nella Nazionale allenata da Azeglio Vicini contro i Paesi Bassi nel 1988, in cui "gioca benino".
"Baggio arriva a questa sua prima partita in Nazionale con i fari sparati addosso, anche perché si sta iniziando a parlare di un’Italia a tre punte (mai successo fino a quel momento, e quasi mai più visto anche in futuro) e deve essere lui l’uomo che dovrebbe far funzionare l’intero marchingegno offensivo e non far scoprire il centrocampo. Auguri!".
Non mancano gli aspetti legati alla società del tempo: i rimandi, i richiami. Dettagli che aiutano a comprendere meglio il testo e il racconto di una delle icone più apprezzate della storia del calcio, definito dai tratti sì impegnativi, ma comunque scorrevoli. Il tempo passa, Roberto Baggio no. "Ma allora Baggio chi è?": ne "Il sublime e la speranza" si prova a dare una risposta.
