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PivottoGetty Images

Il prototipo del goal dell'ex: la vendetta di Pivotto sulla Roma

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Quando immaginiamo la Serie A degli Anni Novanta, il pensiero non può non andare ai grandi campioni che in quel decennio hanno contribuito a rendere il nostro campionato uno dei più affascinanti al mondo.

C’è stato però un sottobosco di calciatori che, pur facendo da contorno, è riuscita a scrivere delle singolari pagine di storia e magari ancora oggi viene ricordata per un unico episodio.

È il caso di MatteoPivotto, difensore classe 1974 con circa una settantina di presenze in Serie A. Un nome non certo memorabile, ma che dalle parti di Roma ancora ricordano con un certo disappunto.

Partito dal Verona, con il quale muove i suoi primi passi in Serie B, e passato per le esperienze di Massese e Carpi, nel gennaio 1997 Pivotto passa alla Roma.

Un trasferimento che sembra lanciarlo verso un panorama calcistico di primissimo livello. Purtroppo per lui le cose andranno diversamente da quanto aveva immaginato.

L’impatto con la nuova realtà è tutt’altro che esaltante. Le prestazioni offerte in campo non sono all’altezza della Serie A, quantomeno in una piazza esigente e poco paziente come quella di Roma.

Non lo aiuta nemmeno la qualità generale della rosa romanista, che vive il cambio di panchina da Carlos Bianchi a Nils Liedholm e chiude il campionato al dodicesimo posto in classifica.

Le cose non migliorano nemmeno nella stagione successiva, dove si assottigliano ancora di più i suoi numeri relativi a presenze e minutaggio.

Questo lo porta ad accettare l’offerta del Chievo Verona in Serie B, che lo ingaggia nell’ottobre del 1998 per rinforzare il reparto difensivo, per poi tornare in A grazie al Lecce di Cavasin.

In Puglia, Pivotto trova una maglia giallorossa che gli dona di più e che gli permette di assestarsi su buoni livelli di rendimento. Manca però ancora qualcosa, un gesto che lasci una traccia nella memoria di qualcuno.

Quell’occasione gliela offre la Roma di Fabio Capello. Il 5 dicembre 1999, Pivotto torna all’Olimpico da avversario. I padroni di casa sono ancora un cantiere aperto e nel corso del primo anno di gestione del tecnico di Pieris mostrano diverse criticità.

Crepe che il Lecce prova a sfruttare per tornare in Puglia con qualche punto in tasca. A venti minuti dal termine la Roma è avanti per 2-1 con i goal di Totti e Candela ma sembra tutt’altro che in possesso del risultato.

E infatti alla prima occasione buona, il Lecce trova il pari. Dalla bandierina di sinistra tra Tribuna Tevere e Curva Nord va Sesa, che crossa a giro al centro dell’area. A staccare più in alto di tutti è Pivotto, che di testa anticipa Aldair e spedisce alle spalle di Antonioli per il 2-2.

È il primo goal in Serie A di Pivotto, che al dispiacere procurato ai suoi ex tifosi con la rete aggiunge anche una sardonica e beffarda esultanza.

Divincolatosi dai compagni, il difensore corre sotto la Tribuna Montemario e voltatosi di spalle indica con i pollici il nome sulla maglia. Un gesto non gradito e rimasto nella memoria di molti romanisti.

"Succede che faccio il mio primo gol in serie A - ha ricordato Pivotto a 'calciovicentino' nel 2019 - 5 dicembre 1999 proprio all’Olimpico contro la Roma, era il gol del 2 a 2, calcio d’angolo di Sesa stacco potente su Aldair la palla entra in rete… incredibile, corro verso la tribuna Monte Mario e orgoglioso mostro il mio numero a tutto lo stadio… da pelle d’oca ancora oggi".

Un goal che non servirà al Lecce per fermare la Roma, che vincerà a una manciata di minuti dalla fine con la seconda rete del giorno di Vincent Candela.

Quello dell’Olimpico resterà per molto tempo l’unico goal in Serie A in carriera per Pivotto, il quale dovrà aspettare quasi 5 anni per un secondo appuntamento con la rete.

Terminata l’esperienza al Lecce, il difensore veneto inizia a girare per l’Italia, passando da Palermo a Modena e Ravenna, fino alla Pro Patria per poi ritirarsi dopo qualche ultima partita giocata con il Montecchio.

Dopo il ritiro, Pivotto è sparito dai radar, preferendo l’attività di famiglia a una carriera nel calcio in giacca e cravatta. Oggi gestisce l’azienda di carpenteria e meccanica ereditata dal padre, lontano dai riflettori. Eppure più di qualcuno a Roma ha ancora un brivido lungo la schiena quando sente pronunciare il suo nome.



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