Emiliano BonazzoliGetty

Il primo Bonazzoli: Emiliano, torre silenziosa che ha fatto innamorare Genova e Reggio

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Cercando il cognome 'Bonazzoli' sui motori di ricerca, il primo nome che viene alla luce, con conseguenti foto della carriera, biografia, interviste e particolarità, è quello di Federico Bonazzoli, attaccante della Salernitana con un passato all'Inter, 25 anni sulla carta d'identità e nascita nel 1997. Ovvero quando l'altro Bonazzoli, il primo e indimenticato, esordiva tra i professionisti. Per chi ha vissuto quel decennio sembra strano e quasi alienante che appaia Federico e non Emiliano. Strano sì, assurdo no. Il mondo è dei giovani, ma per anni il Bonazzoli nazionale è stato Emiliano.

Il classico centravanti vecchio stile. Una montagna di 192 cm che con tranquillità svettava su tutti per segnare di testa, offrire la propria sponda, giocando da torre a caccia di Re dei pali e Regine della Serie A nello scacchiere di quei tornei lì, in cui davanti c'era una sfilza di attaccante talmente imbarazzante da risultare incredibile. Qualunquista forse dirlo ora, ma tante squadre del calcio moderno cercano uno come il vecchio Bonazzoli, sia goleador sia fantasma del goal, pronto ad aiutare la squadra.

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Si diceva, il 1997. Lombardo doc, nato in provincia di Mantova, cresce nel Casalromano prima di approdare a Brescia, dove comincerà a farsi un nome nelle giovanili prima e tra i grandi poi. Al Voluntas verrà notato dalla prima squadra della città, nel 1993. Solito giro di Primavera, un po' di calci, colpi di testa e vittorie con le giovanili Rondinelle prima di spiccare il volo nella prima squadra, allora in Serie B.

Un Brescia che offrirà a Bonazzoli la possibilità di esordire in Serie B nella primavera di quell'anno, prima del ritorno in Serie A. Mentre l'altro Bonazzoli, Federico, veniva al mondo qualche km più in là, Emiliano comincia a sbattersi come può per rimanere aggrappato al sogno di giocare da professionista nel lungo periodo, senza perdersi nel mare di giovani che sì hanno visto il calcio spalancarsi davanti ai propri occhi, per poi fuggire dallo sguardo in poco tempo, tra promesse mai mantenute e quell'essenziale pizzico di fortuna spazzato via dal vento.

Tre anni al Brescia, con un goal in Coppa Italia, prima di un prestito per provare a farsi le ossa, giocare di più e confrontarsi con i duri centrali della Serie B, che il Brescia sta lasciando e ritrovando a mo' di montagne russe. Non di quelle divertenti, ma ripetitive e quasi nauseanti. Serie B, Serie A, Serie B. Giramento di testa. Non gira la testa a Bonazzoli, che non si esalta, piedi per terra nel cominciare a prenderci la mano. In Romagna segna il suo primo goal in campionato guadagnandosi l'immediato ritorno a casa. Dove esplode, a vent'anni, tra un millennio e l'altro.

Emiliano BonazzoliGetty

E' il 1999/2000 e in Serie B il Brescia non vuole più starci. Il volere non sempre è potere e una squadra che può contare su Hubner, Bonera, i Filippini (intesi come gemelli) e lo stesso Bonazzoli non andrà oltre il terzo posto. Offrendo però l'opportunità ad un ragazzo di segnare dieci reti, sfondando la doppia cifra, guadagnandosi l'interesse delle squadre di A. Campionato che il suo club potrà rivedere un anno dopo, continuando quel sali-scendi estenuante di cui sopra.

Il Parma ha la meglio nella corsa a Bonazzoli. Un Parma che negli anni '90 sta dettando legge, in Italia e in Europa. Per il ragazzo è l'occasione della vita, non deve più lottare con l'acqua alla gola. Almeno così sembra, perchè dopo una presenza in campionato e una in Coppa UEFA, con due goal segnati, viene immediatamente ceduto in prestito al Verona, che sì deve confrontarsi con le zone incandescenti della graduatoria. Una sfida che il ventenne prende di petto, a muso duro e sguardo cocente sull'obiettivo. Segna sette goal e stavolta convince gli uomini del Tardini a puntare su di lui, senza accordi temporanei nel breve periodo.

Ha ottenuto la qualificazione ai turni preliminari di Champions League, quel Parma, in cui Bonazzoli non riuscirà mai a giocare. Sì, l'Europa, ma non la musichetta nelle orecchie, sul terreno verde. Dalla panchina, dalla tribuna, negli stadi in cui si gioca. Ma da spettatore qualsiasi, verrebbe da dire. Dopo anni di gloria, finisce proprio in un Parma arenatosi per la prima volta, decimo in campionato, fuori in maniera repentina in Europa, ma comunque capace di vincere la Coppa Italia, alla quale parteciperà con due presenze, senza però trovare la rete.

Rete che nel nuovo biennio di Parma fa rima con 12, nelle varie competizioni. Numeri lontani dall'essere incredibili, ma nella normalità di una punta, centravanti, torre, sfondamento, aggiungete aggettivi a vostro diletto, che non ha mai creato la sua carriera sul dato da incorniciare. 'Accontentandosi' di una buona dose qua e là, accompagnato al mai abbastanza stimato ruolo oscuro di sportellatore seriale per aiutare il resto della squadra.

Nonostante a livello di media realizzativa la seconda annata della seconda era parmense sia la migliore per media a livello realizzativo, Bonazzoli vuole giocare e le possibilità in città si riducono via via, fino ad lumicino che porta la società a prestarlo dove diventerà idolo assoluto nel decennio successivo, per la prima esperienza al Sud Italia. La Reggina da qualche mese è tornata in Serie A e rispetto al passato cerca più esperienza assodata, rispetto alla possibilità, nell'eterno duello tra fortuna e grande abilità, di scovare gemme nascoste in giro per il mondo.

E in effetti Bonazzoli fa quello che deve a Reggio Calabria. Segna, fornisce assist, morde, attacca, si confronta con rabbia in ogni cm del campo, unendo alla foga anche il carattere decisivo. Nel giugno 2003 è infatti suo il goal che permette alla Reggina di rimanere in Serie A nello spareggio salvezza contro l'Atalanta. Non solo le reti e le parole, continue, al miele per città e tifosi, ma anche la perla dell'aver segnato l'ultimo goal nel match dei match, quello che più avvicina i fans alla squadra e ai propri interpreti.

Emiliano BonazzoliGetty

La Reggina non molla Bonazzoli e Bonazzoli non molla la Reggina. Anche limitando il suo apporto in termini realizzativi, sopratutto causa problemi fisici, fa sentire la sua presenza ogni qual volta chiamato in causa. E al massimo della forma ritrova una dose di goal, otto nel suo ultimo (almeno fino al 2005) anno calabrese, accettabile per uno come lui, sì centravanti di corsa e sponda, ma principalmente calamita per il pallone in rete.

Arriva l'estate del 2005 e momentaneamente le strade di Bonazzoli e Reggina si separano. Lo sceglie una Sampdoria che punta in alto, si è qualificata alla fase a gironi di Coppa UEFA e vuole unire gioventù ed esperienza in ogni reparto del campo. Per l'attacco, in mezzo a Borriello, Bazzani e Flachi viene scelto anche lui, nel segno della continuità italiana per il reparto offensivo. Capace di districarsi in ogni situazione vista una carriera oramai importante, fa segnare la sua seconda miglior stagione di sempre in campionato, con nove goal finali. E' la primavera del 2006 e Lippi, nonostante lo osservi, non può chiamarlo al Mondiale po-po-po per ovvi motivi: troppa ressa in avanti.

L'unica gioia azzurra per Bonazzoli, esclusa quella a livello generale da cittadino italiano, per una Nazionale che ha appena conquistato il mondo, sarà nel post Mondiale, in campo per la sfida amichevole contro la Turchia. La maglia numero 11 sulle spalle e la soddisfazione di averla indossata sul terreno di gioco almeno in un match. Non sarà molto, ma è meglio di quanto la maggior parte dei calciatori professionisti, sopratutto attaccanti, possano mai ambire. Nonostante la concorrenza in attacco continui a calare e i risultati della rappresentativa rasentino lo zero dopo la sbornia tedesca, non ci saranno più opportunità per lui.

Alla pari della gloria 2006 per l'Italia, anche la carriera di Bonazzoli da lì in avanti non avrà più picchi massimi in termini realizzativi. Poche reti negli anni successivi alla Sampdoria e nella breve parentesi alla Fiorentina, dove compie trent'anni cominciando a pensare solamente a stare bene. Vuole giocare con continuità e sentirsi amato, vuole segnare e aiutare al 100%, senza essere una seconda scelta o qualcuno di troppo.

E dove andare allora, se non alla Reggina? Il ritorno in Serie B è quasi traumatico dopo anni nella massima serie, considerando che alla prima annata i goal saranno solamente quattro. Ha solo bisogno di tempo per ritornare in tale ottica di cadetteria, Bonazzoli. Che esplode con fragore l'anno successivo, mettendo a segno 19 reti. Non abbastanza però per spingere il Granillo in A, fermato nelle semifinali dei playoff:

"A Reggio ho passato sei anni: due e mezzo in Serie A, tre e mezzo in B. È stata la città che mi ha trasmesso più calore. Tra alti e bassi, i tifosi reggini mi sono sempre stati vicini e mi hanno dato una mano. Posso solo parlare bene della gente di Reggio. Ancora oggi qualcuno di loro mi chiama e mi fa sempre molto piacere, significa che anche io gli ho trasmesso qualcosa".

Rispetto al passato, nonostante le tante offerte dalla Serie A, Bonazzoli non vuole però ascoltare le sirene, spegnendole sul nascere, continuando a divertirsi e sorridre alla Reggina. Nel 2013, uno come lui, che ha legato la sua carriera a diverse squadre, ma mai senza cambiare di anno in anno regolarmente, cambia tutto. Passata una certa età, del resto, viene quasi naturale sperimentare il più possibile. E così  dal 2013 al 2016 fanno stampare maglie col suo nome sopra il Cittadella, il Siena, l'Este, il Marano, il Padova e l'Honved, tra Serie D, Lega Pro, campionato ungherese e la solita B.

La maglia mai stampata rimane invece quella del Miami. Tutto fatto, trasferimento statunitense, esperienza per migliorare la lingua inglese e conoscere una nuova cultura. Invece niente da fare, come raccontato al Posticipo anni dopo:

"Una società voleva coinvolgermi in un progetto ambizioso che comprendeva l’iscrizione alla B statunitense, la fondazione di una seconda squadra, di un settore giovanile e di uno femminile. Purtroppo alla stessa lega non può partecipare più di una franchigia della stessa città: allora si era iscritto il Miami FC e il Miami Fusion dove ero io è stato costretto a rinunciare e il progetto è saltato".

A 37 anni e dopo una carriera variopinta e variegata, decide di dire basta, continuando però nel mondo del calcio. Che gli ha dato probabilmente molto meno rispetto a quanto, a posteriori, ci si potrebbe aspettare. Bonazzoli  sceglie il percorso da allenatore, al quale arriva dopo essere divenuto immediatamente collaboratore tecnico una volta appese le scarpette.

E' all'Atletico Conselve, tra i dilettanti padovani, che parte la sua nuova era. Dal basso, senza giudizi affrettati, ma con tanta voglia di impare ogni aspetto della panchina, ad ogni livello. Nessun pregiudizio, gavetta al potere e passaggio al Thermal Teolo in Promozione prime e nel mondo di un calcio femminile in continua ascesa poi, con il Chievo prima e il Verona poi.

In mezzo alla pandemia, al coronavirus e al cambiamento del mondo, Bonazzoli non è cambiato. Vulcano di idee, attirato da progetti interessanti e mai banali, è diventato collaboratore tecnico della sorpresa Renate, comune di 5000 anime che sogna la Serie B grazie al dominio in Lega Pro. Attualmente allena il Fanfulla, società dilettantistica di Lodi. Lui, il primo Bonazzoli, una carriera mai incastonata in una sola direzione, che ha preso più direzioni, senza mai sbandare, senza mai essere stata, banale.

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